La memoria è il tempo della storia. Ancorché lancinante di lutto e di pianto, ogni ricordo deve restarvi, insopprimibile lievito di civiltà. Oggi, domani, sempre, per tutti, patrimonio vergognoso e amaro, accusatore implacabile contro comodi oblii. Ventinove gennaio di 25 anni fa, in un mattino nebbioso, mani tremanti d’odio disegnano la morte in una fredda via di Milano. Gli spietati esecutori del gruppo di fuoco di “prima linea”, sgranano colpi di mitra e pistole contro l’inerme persona di pace nella piccola auto rossa. L’eco risuona ancora oggi nei tetri abissi delle coscienze. Uomo, Padre, Magistrato, Emilio Alessandrini, orribilmente trucidato fissa col capo reclino oltre gli occhiali imbrattati di sangue e cervello la foto del bambino lì sul cruscotto. Dio solo conosce l’assolutezza del suo ultimo sguardo di vita e d’amore. Marco, cinque anni, da poco da lui condotto a scuola, non sa che belve caine l’hanno per sempre privato del suo Papà bravo, dolce e scherzoso. Giovani avvelenati d’odio, ormai automi di lutti, hanno eseguito la condanna di morte emessa dai loro maestri del terrore contro il magistrato Alessandrini: sua unica colpa il desiderio di legalità e giustizia per una società più sicura e più vera per tutti, anche per loro: “ stava dando credibilità allo Stato e alle Istituzioni”, così avrebbero farneticato nella rivendicazione apparsa l’indomani.
Oggi, venticinque anni dopo, qualcuno di loro può godere del calore della propria famiglia, della propria casa, dissertare di libertà, persino d’impegno sociale, scrivere editoriali, partecipare a dibattiti pubblici. Paradossalmente anche grazie al sacrificio assoluto di quel giovane Magistrato che si batteva per comprendere le contraddizioni, i veleni, i misteri di quegli anni tremendi, trovarne verità non ancora chiarite. Grazie al sacrificio dei tanti magistrati, tutori dell’ordine, cittadini comuni, che hanno permesso che questo Paese restasse libero e democratico oltre la follia degli anni di terrore e di piombo.
Emilio Alessandrini aveva da poco terminato la requisitoria per la strage di piazza Fontana, sulla sua scrivania giacevano fascicoli delicati: Calvi, Sindona, il Banco Ambrosiano, l’inquietante convergenza piduistico-terroristico-affaristica. Ventinove gennaio 1979, una pagina di storia italiana macchiata di orrore, di sangue innocente, che non può e non deve essere cancellata mai. Con tante analoghe compone l’infinito libro di scempio e di morte che l’umanità mai legge abbastanza. I capitoli si succedono ignorati da chi non vuole ricordare, né far ricordare, colpevoli inerzie, compiacimenti sottili, veleni talora ammantati di pseudo-politica e scienza… La memoria è il tempo della storia, il futuro di ieri. Si snoda nell’intreccio rosso e nero di fanatismo e falsa dottrina tessuto col sangue da quello di Guido Rossa, delle vittime di piazza Fontana, piazza della Loggia, dell’Italicus, di via Fauro, via Palestro, a quello di Massimo D’Antona e Marco Biagi... La memoria è sacro baluardo, per non permettere che i “cattivi maestri” che avvelenarono e armarono le menti e i pugni di tanti giovani non tornino a disquisire ancora, magari in dotte lezioni, da nuovi sepolcri imbiancati. Per non consentire anche che lo scempio di legalità e umana pietà diventi ipocrita, banale ricordo o addirittura merce di scambio coscienza-politica. Lo impediscano l’urlo dei morti per amor di giustizia, il dolore muto dei figli, delle mogli, l’incolmabile debito che tutti abbiamo per i nostri martiri silenziosi. La memoria è amara e sofferta, per non dimenticare.
Per questo Emilio, saggio e bonario uomo d’Abruzzo, barbaramente assassinato nella fredda Milano, giudice d’Italia, sei ancora vivo, venticinque anni dopo: esempio di umanità, professionalità, dedizione assoluta per garantire la legalità, la giustizia e la democrazia di questa nostra tormentata Italia.
Una Fondazione a suo nome
Da alcuni anni, su iniziativa di un gruppo di amici di liceo di Emilio a Pescara è nata ad Ari, piccolo paese d’Abruzzo alle falde della Maiella, la Fondazione Emilio Alessandrini. Presieduta dal Professore Emerito Giovani Conso, già Presidente della Corte Costituzionale e Ministro della Giustizia, ne fanno parte anche diversi magistrati, funzionari, ma soprattutto Marco Alessandrini, figlio di Emilio, ora trentenne, avvocato. La Fondazione ha lo scopo di perpetuare la memoria di Emilio Alessandrini come esempio d’impegno professionale, sociale e democratico per tutti e soprattutto per i giovani. Nel mese di luglio di ogni anno viene celebrata la “Giornata per Emilio” con l’inaugurazione di monumenti dedicati ai “martiri della sicurezza e della giustizia”. Ari è diventato così il Paese della Memoria, dove artisti provenienti da diversi continenti, sotto la guida dello scultore Antonio Di Tommaso, docente alle Belle Arti di Firenze, hanno scolpito, e continueranno a farlo, sulla bianca roccia della Maiella grandi statue dedicate a magistrati come Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Rocco Chinnici, Rosario Livatino, Vittorio Occorsio, Guido Galli, e tutori dell’ordine, come l’agente di Polizia Emanuela Loi, i carabinieri Giovanni D’Alfonso e Marino Di Resta, il finanziere Domenico Stanisci, il questore di Fiume Giovanni Palatucci... insomma di tanti “Titani della Memoria”.
Per ulteriori informazioni: sindaco di Ari Renato D’Alessandro tel 0871-718121
www.comuneari.it
Ennio Di Francesco- tel. 338-4635301
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