Nasce come Minerva dalla testa di Giove conforme ai tempi scanditi dall’art. 70 della legge 121/81 ed in ossequio a generiche direttive che la successione cronistica completa secondo archetipi che evidenziano la natura di strumento adeguato al controllo, nonché primo e subitaneo tassello per una strisciante revisione ideologica della riforma del Corpo subìta dalla burocrazia a cagione della volontà popolare.
L’impianto è in puro stile inquisitorio falsamente temperato nella sola fase decisionale cui partecipano, con ruoli marginali, i rappresentati delle organizzazioni sindacali.
Tutto rimanda e risente di reminescenze rituali proprie dell’“ancient” regime cui ricalca pedissequemente le ostilità difensive limitate e relegate a mera supplica per graziose concessioni elargite secondo disegni non immediatamente, né facilmente individuabili.
Il legislatore dell’81 ignorava in toto la teoria della partecipazione all’attività amministrativa mutuando così la struttura e l’assetto finale ai modelli ottocenteschi di unilaterale autorità teleologicamente orientata verso la tutela delle superiori istanze dell’amministrazione che non ammette controlli estranei nella consapevolezza che i tempi processuali costituiscono un ulteriore fattore deterrente a qualsivoglia contestazione.
Indi si insinua la legge 241/90 ed il sistema ha faticato non poco per mantenere il suo equilibrio fra i diversi protagonisti della scena timorosi per la possibile perdita della parte.
Supportano il rituale, riservato ad eletti “addetti ai lavori” esclusivamente iniziati a questa occulta scienza, fattispecie accusatorie aperte, vaghe ed indeterminate proprie di una codificazione che autorevole dottrina chiama “dell’oppressione” che permettono all’attore qualsivoglia materializzazione di singolari ed arditi teoremi accusatori che manifestano senza alcun pudore l’esigenza di conformare il lavoratore di Polizia alle personali concezioni ed evidenti soggettive frustrazioni.
L’apparato curialesco lavora senza soluzione di continuità, triturando e sezionando ogni momento reale che si connota come una sorte di roulette russa cui attendono rassegnati i malcapitati di turno.
In questa collettiva flagellazione di corpi necessaria ai pazienti e disposta nel loro esclusivo interesse, acciocché si acceda convinti ed educati al pensiero unico ed acritico, emerge tosto questo costrutto genetico per una nuova generazione di poliziotti.
Ma, divelto l’arcano nelle sue forme essenziali, crolla la costruzione aristotelica dell’universo e non sarà l’estorta abiura a mutare la natura delle cose.
Epilogo.
Smaniano impazienti i tecnocrati ministeriali esaltando il valore giuridico dell’impianto nella saccenza del gergo: “Juristen bose christen” tuonava Lutero cinque secoli or sono e tale invettiva ben si adatta a codesti surrogati.
È giunto così il momento per una ferma rivisitazione critica dell’intera materia scevra da ideologie autoritarie ed autoreferenziali che focalizzi la propria attenzione al rispetto dei principi espressi dalla Carta che, a distanza di oltre dieci lustri dalla loro emanazione, esprimono una loro costante attualità.
È questo un primo impegno che il sindacato deve, ed ha assunto e su tale ipotesi chiede “la conta” e l’esplicita posizione di ciascuno affinché siano chiare, alle forze politiche tutte ed all’opinione pubblica, singolari ed eventuali prestigitazioni.
Roberto Vitanza
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