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gennaio/2004 - Interviste
Alimentazione
Paestum, il regno delle mozzarelle
di Gianni Verdoliva

Nella storica località campana, le paludi di una volta hanno lasciato il posto a fiorenti pascoli destinati alle bufale: lì nasce il pregiato latticino

“La mattina dopo, per tempissimo, trottammo per vie impraticabili e qua e là paludose fino ai piedi di due belle montagne, attraversando canali e ruscelli e incontrando bufali dall’aspetto di ippopotami e dagli occhi selvaggi e iniettati di sangue”. Cosi’ Wolfgang Goethe descriveva l’incontro con le bufale alla fine del ’700, ben prima che questi animali diventassero famosi per l’industria casearia e le tanto rinomate mozzarelle.
Nella piana di Paestum, nelle immediate vicinanze dei templi greci, un viale fiancheggiato da cipressi porta alla Tenuta Vannulo. Le paludi di un tempo hanno lasciato lo spazio ai fertili terreni che occupano ora la Costa Cilentana e le bufale sono allevate ad arte e, come nel caso del Caseificio Vannulo, nel rispetto della natura. Perché al centro di tutto c’è proprio la bufala.
Parente stretta dei bufali indiani e nordamericani, la bufala italiana è presente solo in alcune zone, fondamentalmente in provincia di Salerno e di Caserta. Animale che preferisce le zone paludose pare sia stato importato dall’Asia verso il tardo medioevo anche se a tale riguardo mancano precisi riferimenti bibliografici.
Le qualità nutrizionali dei prodotti derivati dal latte di bufala sono particolari; il latte è più ricco di grassi e di proteine e privo di carotene la cui presenza rende la mozzarella di vacca più giallastra. Se i prodotti caseari della bufala sono rinomati, la carne di bufala non è molto conosciuta e poco commercializzata a causa del sapore selvatico, anche se contiene meno colesterolo rispetto alla comune carne bovina.
L’allevamento delle bufale fa parte della storia e delle tradizioni della zona. Antonio Palmieri, che gestisce l’azienda la cui attività era cominciata nel 1907 dai nonni che comprarono una decina di bufale, fa da Cicerone. Allevare le bufale era un mestiere, racconta. Con i piccoli trucchi del caso. Che i massari dell’epoca conoscevano bene.
L’esperienza, in tempi in cui la tecnologia era quasi inesistente e i trattati di zoologia scarsi, era fondamentale. Per poter avere a che fare con le bufale, animali intelligenti e a volte un po’ aggressivi con gli estranei e trarne profitto tramite la mungitura del latte destinato alla trasformazione, bisognava usare alcuni accorgimenti. Le bufale, chiamate per nome, sentivano i loro piccoli che si avvicinavano insieme al massaro che le trovava così con le mammelle piene pronte per la mungitura. L’attaccamento delle bufale per i loro piccoli è tale che all’epoca, se un piccolo moriva gli veniva tolta la pelle e messa sopra un altro piccolo in modo che la madre confondesse l’odore e fosse comunque pronta per la mungitura.
Del resto solo gradualmente gli abitanti della zona si sono resi conto che dalla trasformazione del latte delle bufale era possibile ricavare pregiati latticini. In origine le bufale erano usate solo come traino per l’aratura nei campi, o addirittura rimanevano allo stato brado pascolando sui residui delle coltivazioni. Oggi le bufale pascolano liberamente nei campi della tenuta e sono controllati da una veterinaria che le segue scrupolosamente. Niente orrore da farina animale, niente gabbie ristrette ma tanto spazio e tanta natura. Pur in presenza degli innovamente tecnologici. A cominciare dalla prima sala di mungitura meccanica funzionante dal 1970.
I cambiamenti non hanno però intaccato lo spirito artigianale della struttura che conserva caratteristiche quali la lavorazione a mano delle mozzarelle e una produzione giornaliera limitata. Tutti i prodotti sono derivati dalla trasformazione del latte prodotto dalle 400 bufale presenti nella tenuta, di cui 240 adulte. Una scelta ad hoc di privilegiare il valore aggiunto della qualità sulla quantità. Qualità resa ancor più importante dal fatto che dal 1996 la tenuta ha attuato una riconversione totale verso il biologico come testimonia la certificazione da parte dell’Associazione Italiana Agricoltura Biologica.
L’allevamento, sotto controllo sanitario e indenne da tubercolosi e brucellosi, viene, in caso di malattie, curato con l’omeopatia. Questo fa sì che il latte non venga pastorizzato prima della trasformazione e possa mantenere inalterate le sue proprietà.
La produzione in genere è composta da mozzarelle e ricotta fresca. Se la quantità lo permette vengono messi in vendita altri prodotti quali provole affumicate, aversane, burro e lo yogurt. I vetri della sala di lavorazione sono offuscati, gli operai spingono grossi contenitori nei quali il latte si trova nelle varie fasi di lavorazione per portare poi le mozzarelle in una sala adiacente dove vengono depositate in una vasca. Pronte per essere prelevate dalle commesse addette alla vendita. Direttamente dalla lavorazione al cliente. L’età media dei lavoranti della struttura è di 27 anni, ripartiti tra mungitori, personale addetto alla vendita e all’adiacente bar-yogurteria.
Le strutture, derivanti dalla ristrutturazione di una villa padronale rustica del ’700 ospitano anche eventi di natura culturale. Oltrepassati gli edifici di color rosso pompeiano, un’altra zona ospita le bufale, oggetto di curiosità da parte delle scolaresche che occasionalmente visitano la tenuta.Antonio Palmieri, conscio dell’importanza della preservazione della memoria storica dei luoghi, ospita anche il Museo Permanente della Civiltà Contadina che raccoglie utensili ed attrezzi delle epoche passate.
Nello spiazzale antistante diversi clienti vanno e vengono, molti sono venuti a conoscenza dell’azienda tramite amici e conoscenti. Antonio Palmieri accoglie alcuni visitatori mentre in lontananza alcune bufale pascolano tranquille. Magari proprio negli stessi posti in cui Goethe le aveva notate.

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