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gennaio/2004 - Interviste
Polizie europee - Germania
Politiche della sicurezza a confronto
di Thomas Gilly

I problemi della sicurezza interna, della prevenzione e del contrasto ai fenomeni criminali in Italia e, più in generale, in Europa, costituiscono ormai da tempo un tema assai complesso e di non facile soluzione. Il “Servizio promozione e sviluppo delle politiche della sicurezza e della Polizia locale” della Regione Emilia-Romagna, ha dedicato il quaderno n. 24 di “Città Sicure” al “Quadro istituzionale e normativo delle politiche di sicurezza (in Europa)”. Di questa ricerca comparata pubblichiamo anche in questo numero il capitolo dedicato alla struttura di Polizia della Germania Federale

Contrariamente allo sviluppo osservato da una ventina d’anni nel campo delle politiche criminali e di sicurezza e nei sistemi di diritto penale di altri Stati europei, Francia e Regno Unito in particolare, ciò che si è delineato negli stessi settori in Germania dagli anni ’80, mostra la longevità e la persistenza di una politica criminale il cui orientamento fondamentale appare un po’ squilibrato. Il primato del repressivo rispetto al preventivo, principio che svolge il ruolo di fondamento e di motivo conduttore della politica criminale di questo paese, non è che un aspetto, per quanto importante, di una tradizione penalista dalle lontane origini. È soltanto nel corso del Ventesimo secolo, più precisamente a partire dagli anni ’50 che, sotto l’influenza della nuova difesa sociale, la dottrina tedesca ed il diritto positivo, si giunge al rinnovamento, si sviluppa una prevenzione speciale, ma non c’è rottura né con il diritto penale né con il controllo sociale formale come fondamento e cornice-limite della prevenzione.
Primato della funzione repressiva della pena rispetto alla funzione preventiva, libero arbitrio, colpa e colpevolezza: sono questi elementi che costituiscono ancora ai giorni nostri il nucleo fondamentale del diritto penale tedesco. [...]
Altre conseguenze, non meno importanti, derivano da questa tradizione: da un lato, la Polizia non interviene che a titolo sussidiario nel perseguimento di crimini e delitti, dal momento che la procedura penale tedesca le conferisce lo statuto di Corpo ausiliario dell’Ufficio del Procuratore generale; dall’altro, il diritto penale costituisce l’ultima ratio del controllo sociale e dunque si applica a partire dal momento in cui le altre misure e gli altri mezzi di controllo siano insufficienti o sproporzionati rispetto alla gravità dei fatti contestati. Il potere statutario della Polizia è dunque più ristretto in Germania che in altri paesi europei. Lo stesso ricorso alla repressione è teoricamente meno sviluppato che in altri paesi..
L’opinione che la prevenzione costituisca un fattore di indebolimento della legalità è profondamente supportata dalla legislazione contemporanea, segnata da una netta tendenza al rafforzamento della sanzione penale, osservata a partire dagli anni ’90 nel settore della prevenzione terziaria, in particolare nella lotta contro la criminalità organizzata.
Contemporaneamente si assiste ad un fenomeno di decriminalizzazione soprattutto nel campo del diritto penale minorile dove viene realizzata attraverso la scappatoia della risocializzazione ed attraverso il ricorso alle procedure di mediazione e di diversione. In ogni caso si tratta prima di tutto di misure e di tecniche di tipo procedurale, che, si incontrano soprattutto nel campo della microcriminalità e della criminalità di massa. Secondo alcuni commentatori, sono strumenti utilizzati prima di tutto per compensare il ritardo in cui si trovano le riforme del diritto materiale. [...]
Secondo una sperimentata tradizione, prevenzione e profilassi criminale sono spesso utilizzati come sinonimi. Dal momento che la “profilassi criminale” rinvia ad una concezione classica, riduzionista, della prevenzione, la frequenza del suo uso indica che in Germania le finalità tradizionali hanno ancora ai nostri giorni un grande peso. [...]
È da ritenere che in Germania lo sviluppo della cosiddetta nuova prevenzione sia piuttosto il risultato di un riequilibrio che viene fatto nel rispetto della tradizione, una sorta di aggiustamento che resta senza conseguenze concrete sulla Costituzione, che lo sviluppo di una politica di sicurezza e di prevenzione veramente nuova e coerente. Si aggiunge in ultimo che la letteratura scientifica ne risente: un esempio è dato dal fatto che gli autori, in luogo di utilizzare la nozione di prevenzione “comunitaria”, preferiscono parlare piuttosto di prevenzione a “livello comunitario”.
Grazie al riequilibrio, le istituzioni tradizionali del controllo sociale - Giustizia penale e Polizia - si adattano ad un ambiente sociale caratterizzato dalla stratificazione di rischi e conflitti, ma anche dalla stratificazione della criminalità. Dovuta sia alle nuove strutture di organizzazione del lavoro criminale, sia alla divisione che ne è seguita, la stratificazione si manifesta nell’ampliamento dello spazio criminogeno, della devianza e della criminalità latente. All’estensione del campo penale, estensione operata per tappe successive - dalla legislazione antiterrorista degli anni ’70 alla grande offensiva delle intercettazioni cioè la legge portante miglioramenti per la lotta contro il traffico di droghe illegali ed altre forme di criminalità organizzata, seguita da una seconda per la lotta contro la criminalità organizzata (1994) - corrisponde l’estensione del campo di intervento della Polizia, nel settore della prevenzione della criminalità in particolare.
Nasce il concetto di una Polizia di sicurezza integrale, tesa verso l’integrazione di due obiettivi principali all’interno di un concetto globale. Il contenuto di questa nuova concezione di sicurezza è stata sviluppata soprattutto attraverso la Conferenza permanente dei ministri dell’Interno e dei senatori dei Bund e dei Lander. [...]
È da questa programmazione continua che emergono i principali caratteri di questa nuova concezione di sicurezza: alleanza tra repressione e prevenzione, raddoppiata da una sinergia tra Polizia giudiziaria e Polizia d’ordine; cooperazione stretta tra diversi servizi di Polizia e servizi di informazione civile e militare; coordinazione di politiche e strategie di prevenzione della criminalità; infine sviluppo della prevenzione a livello comunale. Quanto a quest’ultimo punto, si tratta di un’innovazione della versione del 1994 del programma di sicurezza interna.
Lo sviluppo della prevenzione a livello comunale si confonde, in parte, con lo sviluppo delle funzioni proattive della Polizia, funzioni che consistono nella risoluzione di conflitti piuttosto che nella repressione di infrazioni e che prevede, a sua volta, l’insediamento di una Polizia di prossimità, vicina al cittadino. La Direzione dei progetti della programmazione relativa alla prevenzione di Polizia della criminalità e la Commissione della prevenzione di Polizia della criminalità hanno ripreso e sviluppato a loro volta questa tematica, in particolare nel quadro del documento-programma comune proposto nel novembre 1997.
Nonostante questo orientamento di favore verso il livello comunale, agli occhi di numerosi commentatori e secondo l’opinione formulata dai ministri dell’Interno dei diversi Lander, una necessità anche più importante è costituita dall’ampliamento della prevenzione di Polizia nel quadro della lotta contro la criminalità organizzata.
Sviluppare la sinergia tra repressione e prevenzione, sottolineare il bisogno di concepire la prevenzione come un obiettivo alla cui realizzazione contribuiscono tutti i settori dello Stato e della società civile: è con queste formule che meglio si riassume la posizione attuale del ministero dell’Interno dello Stato federale. Per rendersene conto, è sufficiente leggere il documento del partito Socialdemocratico del 1998, nel quale il ministro dell’Interno Schily sottolinea:
“La prevenzione è un obiettivo comune di Stato e società. Oltre all’ottimizzazione dei mezzi e degli strumenti giuridici ed allo sviluppo di strutture di organizzazione più efficaci e più operative, la situazione richiede nuove strategie di sicurezza che vertano, da un lato, allo sviluppo di una Polizia prossima al cittadino, e, dall’altro, alla cooperazione fra istituzioni nel quadro della prevenzione e della repressione della criminalità. È necessario mobilitare i cittadini allo scopo che essi stessi diventino partner veri e propri della Polizia e contribuiscano a loro modo al miglioramento delle funzioni di sicurezza. Allo stesso modo la politica criminale deve rinforzare l’asse della prevenzione della criminalità...”
A partire dagli anni ’90 la Germania si sforza di rimediare con successo al ritardo che ha accumulato rispetto ad altre nazioni nel campo della realizzazione e dello sviluppo della “nuova” prevenzione. [...]
A dispetto delle cifre che portano all’ottimismo, sussistono numerosi ostacoli, sia strutturali sia tecnici, che dissuadono dall’ipotesi di uno spazio omogeneo e di uno sviluppo lineare e coerente: si farà meglio a seguire Heinz (1997) ed a riassumere la situazione tedesca come caratterizzata da uno sviluppo se non contraddittorio, almeno bipolare. Da un lato, c’è lo Stato federale (il Bund) che rappresenta il luogo privilegiato di rafforzamento ed estensione sia del diritto penale materiale sia delle misure di intervento di carattere procedurale. Dal lato degli Stati federati (Lander) e dei Comuni, invece, c’è la nuova prevenzione, che conosce un significativo sviluppo.
Per semplificare si può dire: dal lato dello Stato federale è sempre il binomio tradizionale repressione-prevenzione di Polizia a dominare il controllo sociale, anche se i pesi si sono invertiti dal 1994 e la prevenzione è diventata prioritaria. Dal lato opposto, la situazione osservata al livello dei Lander e dei Comuni è caratterizzata da un controllo sociale decentralizzato e da una prevenzione primaria, cioè intervento locale e regionale della Polizia e controllo sociale in senso ampio e non limitato al penale. Il cittadino viene concepito allo stesso tempo come cliente di un’offerta di sicurezza che tiene grandemente conto del sentimento di insicurezza sia come attore nella realizzazione di una sicurezza, per la cui valutazione i criteri soggettivi sono ormai altrettanto, se non più importanti dei criteri oggettivi, e che ricorre a pratiche di prevenzione che sono essenzialmente di tipo sociale o economico.
Tuttavia la prevenzione sociale e la prevenzione primaria positiva non sono completamente assenti al livello dello Stato federale e Bund, Lander e Comuni lavorano sempre più spesso attraverso sinergie.
In Germania la sicurezza interna è compito essenziale dello Stato, compito che gli è assegnato dalla Costituzione e che la Polizia assume a titolo principale, ma non in via esclusiva; all’interno della Repubblica federale tedesca, la Polizia è decentrata: il Bund è competente in materia di legislazione criminale, Polizia e giustizia lo sono invece a livello dei Lander ed i Comuni hanno competenza in materia di aiuto e protezione dei giovani, oltre a funzioni di sicurezza che esercitano con l’intermediazione dei loro “Ordnungsverwaltungen”, che hanno il potere di assegnare licenze, di determinare l’ora di chiusura di locali notturni e ristoranti, di autorizzare progetti di costruzione e più in generale di realizzare progetti di urbanistica. [...]
I compiti di prevenzione sono assunti dal servizio K16 dell’Ufficio federale nel quadro delle proprie funzioni di servizio centrale in conformità all’articolo 2 n. 3 della legge istitutiva del Bundes kriminal Amt (Bka): “L’Ufficio federale di Polizia giudiziaria deve inoltre, in quanto Ufficio centrale, creare e sviluppare, al fine di sostenere le attività della Polizia dei Lander e dello Stato in materia di prevenzione e di trattamento dei delitti, metodi e modalità di lavoro nel settore della lotta contro la criminalità”.
Diamo uno sguardo sul sistema e l’organizzazione di giustizia e Polizia nello Stato federale tedesco.
Bisogna distinguere tra Polizia in senso funzionale o materiale e Polizia in senso formale o istituzionale.
Presa in senso funzionale/materiale, la Polizia è l’insieme di misure e mezzi di difesa e di protezione contro comportamenti o fatti naturali, che rischiano di mettere in pericolo o di minacciare la sicurezza e l’ordine pubblico.
In senso più politico, il mantenimento della sicurezza e dell’ordine pubblico si confonde con il mantenimento e la protezione della continuità del monopolio statale della violenza.
Preso in senso istituzionale/formale, il termine designa l’insieme di istituzioni e servizi di Polizia che sono incaricati di questi compiti.
Tra le categorie di classificazione organizzative, ce ne sono alcune che possono essere utilizzate e che sono effettivamente utilizzate in entrambi i sensi, formale e/o materiale. È il caso in particolare della “Schutzpolizei” (Polizia di mantenimento dell’ordine), della “Kriminalpolizei” (Polizia criminale) e della “Grenzpolizei” (Polizia delle frontiere).
Secondo la procedura penale, la Polizia interviene soltanto in via sussidiaria nel perseguimento dei reati; è l’Ufficio del Procuratore generale ad avere la competenza nell’azione penale ed è sulla base di un suo ordine che la Polizia esegue i propri compiti sussidiari.
Nella pratica la regola è che il Procuratore usa la propria competenza solo nelle ipotesi di crimini gravi o odiosi, violenze sessuali, criminalità organizzata e terrorismo. A parte questi casi, è la Polizia che conduce l’inchiesa, poi ne trasmette l’atto all’Ufficio del Procuratore che non ne è però vincolato.
L’istruzione di un’azione costituisce sempre un attacco alle libertà fondamentali della persona che ne è oggetto ed è dunque autorizzato se un certo numero di condizioni legali sono rispettate. Gli organi di perseguimento dell’azione penale - Polizia, Ufficio del Procuratore - sono autorizzati a condurre le proprie indagini ed inchieste dal momento in cui esiste il sospetto che una persona abbia commesso un reato. Per aprire l’azione è sufficiente che esista un primo sospetto, costituito del solo fatto che esistono informazioni ed indicazioni concrete che rendono probabile la commissione di un reato. In tutte le ipotesi in cui l’azione penale costituisce una grave offesa e/o una restrizione della libertà, essa non può essere iniziata senza previa decisione del giudice. È il caso in particolare del ritiro della patente o ancora per la custodia cautelare, in cui è obbligatorio l’intervento del giudice. A termini di legge, restrizioni della libertà così gravi, non possono essere decise dagli organi esecutivi. Non è neppure possibile che la decisione dell’autorità giudiziaria intervenga solo dopo la misura restrittiva della libertà: nell’ipotesi pericolo imminente si parla allora di potere di decisione sussidiario della Polizia o dell’Ufficio del Procuratore.
Gli organi dell’azione penale sono autorizzati dalla legge a prendere le seguenti misure restrittive:
- interrogatorio dell’indagato: prima dell’accusa o del perseguimento dell’azione penale, l’indagato deve essere interrogato. Nelle questioni semplici e quotidiane (microcriminalità) è sufficiente che l’indagato possa esprimersi in forma scritta. L’indagato deve ottemperare all’obbligo di comparire davanti alla giustizia; non è obbligato a seguire la citazione davanti alla Polizia;
- controllo di identità: la Polizia e l’Ufficio del Procuratore sono autorizzati a stabilire l’identità di una persona dal momento che questa è sospettata di avere commesso un reato;
- sorveglianza a vista: dal momento che si ha il mandato di carcerazione, Polizia ed Ufficio del Procuratore possono trattenere nei locali giudiziari la persona per un tempo determinato, al fine dell’interrogatorio. inoltre, chiunque sorprenda una persona in flagranza di delitto è autorizzato ad arrestarla provvisoriamente senza che l’esercizio di questo diritto necessiti di una decisione giudiziaria ed a condizione che ci sia pericolo di fuga;
- tutti i corpi di reato, gli elementi di prova possono essere sequestrati; ispezioni dei luoghi di abitazione e di altri locali sono autorizzate per la raccolta dei corpi del reato e delle prove;
- nel quadro della lotta contro la criminalità organizzata e di altre forme di criminalità grave e violenta, sono autorizzati la raccolta ed il controllo delle telecomunicazioni internazionali. [...]
Per ciò che concerne il diritto penale l’Ufficio del Procuratore, oltre ad avere la responsabilità dell’azione penale, è l’organo responsabile dell’esecuzione della pena: ciò significa concretamente che ha la competenza di reclamare il pagamento delle ammende e di mettere in atto l’esecuzione delle pene private della libertà.
Per ciò che concerne i minori è il giudice minorile l’autorità responsabile dell’azione penale e dell’esecuzione delle pene. L’organizzazione dell’esecuzione delle pene privative della libertà è di competenza dei ministeri della Giustizia dei Lander.
Quanto alle decisioni prese nel corso dell’esecuzione della pena, quali la concessione di sospensioni con messa in prova, la competenza è data alle camere di esecuzione delle pene, solo per i delinquenti maggiorenni.

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