Nella presentazione pubblica, questo libro (A. La Bella e R. Mecarolo: Portella della Ginestra - prefazione di Paolo Serventi Longhi - Teti ed. - Euro 18), è stato definito “la più aggiornata ricostruzione dei fatti che precedettero, accompagnarono e seguirono la strage del Primo Maggio 1947 che provocò 11 morti e 27 feriti.” Gli autori partendo dallo sbarco dei liberatori angloamericani (che si affrettarono a consegnare, secondo un piano prestabilito e concordato, le amministrazioni comunali e i servizi civili dell'Isola alla mafia) giungono alla conclusione che con la strage di Portella della Ginestra ebbe inizio un disegno politico -architettato Oltreatlantico- che condizionò non solo la storia della Sicilia ma dell’intera Nazione.
A comprovare la loro asserzione gli autori si avvalgono di una copiosa documentazione probante, ivi compresa una serie di documenti della Cia (Central Agency Inteligence) desecretati nel 2000. Quei rapporti e le insistenti richieste dell'Associazione dei familiari delle vittime della strage di Portella, hanno indotto la Commissione Parlamentare Antimafia a costituire un apposito Comitato “Per l’approfondimento della documentazione rìguardante la strage di Portella della Ginestra anche alla luce degli atti della Cia, recentemente declassificati e resi accessibili al pubblico”. In altre parole: riaprire l’inchiesta che si era conclusa dopo 14 anni d’indagine (!), con quattro relazioni tra loro discordanti: una dei Commissari della maggioranza governativa e tre delle minoranze.
Dall'esame dei documenti e dalle deduzioni logiche che ne conseguono, si evince -secondo gli autori- che il bandito Salvatore Giuliano fu lo strumento inconsapevole di quel disegno politico.
Lui, secondo i patti stretti con i mandanti, doveva sparare e sparò al disopra della folla adunata nella Piana di Portella della Ginestra; lo scopo era quello di spaventare i convenuti ed impedire loro ogni reazione, mentre altri banditi avrebbero dovuto “giustiziare” l'on.le Girolamo Li Causi capo degli odiati comunisti siciliani, il quale -secondo ì mandanti- sarebbe stato presente a Portella per tenervi il discorso celebrativo. Giuliano fu ingannato. Ad uccidere era stato incaricato dai mandanti, a sua insaputa, Salvatore Ferreri, detto Fra Diavolo, e un gruppo di uomini addestrati del1'Oss (Office Strategic Service che poi divenne Cia) che usarono granate di tipo speciale.
Il Ferreri, ergastolano latitante, era confidente prezzolato dell'Ispettore generale di Ps Ettore Messana l’uomo di fiducia del ministro dell'Interno Mario Scelba in terra di Sicilia.
Salvatore Ferreri, il 26 giugno 1947 -secondo la versione ufficiale assai controversa- venne ferito in uno scontro con i Cc e poi ucciso all’interno della Caserma di Alcamo dal capitano Roberto Giallombardo, ufficialmente “per legittima difesa”: Insieme a Ferreri vennero uccisi i banditi Giuseppe e Fedele Pianello, confidenti del col. Giacinto Paolantonio, comandante la Legione dei Cc di Palermo. Fatto è che, con l'uccisione dei tre, il processo che si svolse successivamente a Viterbo, ai presunti esecutori materiali della strage di Portella, venne privato di tre essenziali testimoni per la ricerca della verità.
Quale era l'obiettivo politico "tramato Oltreatlantico", sostenuto dagli autori? “Suscitare una reazione popolare tale da giustificare la messa fuori legge del Pci ovvero, ripetere in Italia quello che era avvenuto -con successo- in Grecia (nazione altrettanto strategicamente importante per gli alleati) ove avvenne l'eliminazione del Partito Comunista e il ritorno al regime monarchico-reazionario che aprì la strada alla dittatura dei colonnelli.
Con la protezione dei latifondisti, della onnipotente mafia e dei separatisti che lo reclutarono e promossero colonnello del loro esercito, promettendogli l'impunità e onori in caso di vittoria, Salvatore Giuliano riuscì -per sette anni- a condurre impunemente le sue imprese seminando terrore e morte. Da un documento agli atti della Commissione Antimafia si rileva che gli assassinati in quel periodo furono 430, dei quali 149 caduti in agguati cui partecipò personalmente Giuliano. A questi il documento aggiunge 172 mancati omicidi, 60 individui scomparsi nel nulla, cinque stragi oltre quella di Portella e un numero enorme di feriti.
La maggioranza di quella vittime erano carabinieri, agenti di polizia e soldati dell'Esercito, male armati e mal pagati, mandati allo sbaraglio da ufficiali superiori collusi con la mafia e il banditismo. Ciò risulta abbondantamente comprovato dagli atti del processo di Viterbo e dall'inchiesta dell'Antimafia. E' documentato, ad esempio, che l'antivigilia di Natale del 1949, l'Ispettore gen. di Ps Ciro Verdiani s'incontrò (e non era la prima volta) con Salvatore Giuliano e Gaspare Pisciotta in casa del capo mafia Giuseppe Marotta presenti i “capi in testa” Ignazio, Nino e Domenico Miceli della mafia di Monreale, nonché Domenico Albano capo mafia di Borgetto. I convenuti brindarono con vino speciale e panettone portati in dono dall'Ispettore. In quell’incontro conviviale Verdiani propose a Giuliano, in nome del governo, la cessazione degli agguati contro le Forze dell'ordine, offrendo in compenso l'espatrio clandestino in America di tutta la banda aggiungendovi -su richiesta del bandito- la liberazione dei suoi familiari incarcerati con l'accusa di gravi reati. Fu un patto scellerato suggellato tra i due con l'abbraccio e il bacio del rituale mafioso!
E non basta: Gaspare Pisciotta era munito di un lasciapassare che lo autorizzava a circolare armato; più tardi gli venne rilasciato anche un Attestato di Benemerenza steso su carta intestata del ministero dell'Interno, firmato dal ministro Scelba. A sua volta il bandito Salvatore Ferreri era fornito di Carta d'identità autentica sotto falso nome; mentre il padre era fornito di un regolare porto d'armi!
II libro -giunto alla sua seconda edizione- scritto con piglio giornalistico, di scorrevole lettura, appassiona come un romanzo; è storia nostra che tutti dovrebbero conoscere e meditare.
M. S.
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