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novembre / dicembre/2002 - Interviste
Guardia di Finanza
Salvare la Polizia
di Luigi Francesco Traverso

Ormai da parecchi anni siamo abituati ad avere una girandola infinita di Comandanti in Seconda che si avvicendano nell’incarico.
Ci sono alcuni Generali che non riescono neanche a sedersi sulla poltrona del loro ufficio romano che finiscono il loro “turno”.
L’ho chiamato “turno”, perché ormai sembra proprio che, per la durata, l’incarico si possa definire tale.
Pensare che un tempo, e neanche tanto lontano, quando nella Guardia di Finanza prestavo servizio anch’io, si diceva che il vero comandante della Guardia di Finanza era il Comandante in Seconda proprio perché proveniente dal Corpo e conseguentemente profondo conoscitore delle problematiche tutte, ma allora il Comandante in Seconda rimaneva in carica almeno il tempo necessario per rendersi conto di quello che succedeva.
Adesso le cose sono cambiate. Evidentemente, ma non ne sono sicuro, tutti i Generali di divisione della Guardia di Finanza debbono passare il proprio “turno”.
Il generale Orioli ha assunto l’incarico il 20 dicembre del 2001, ovviamente con una cerimonia militare, autorità, reparti schierati, ecc. e dopo cinque mesi (avete letto bene, cinque mesi) altra cerimonia, autorità, reparti schierati, ecc., ma questo è solo un esempio. Ci sono state meteore ancora più veloci. Considerando le licenze, le festività, qualche visita ispettiva, le visite protocollari alle cariche istituzionali dello Stato sicuramente qualche Comandante in Seconda non è neanche entrato in ufficio.
Di bello in tutto questo c’è che ogni Generale che si avvicenda prepara il suo discorso di insediamento e sono convinto che contestualmente prepara quello di commiato. Se non facesse così non riuscirebbe neanche a prepararlo.
Nell’ultimo discorso del generale Gaeta ho letto una chicca veramente simpatica. Il Generale parla di densi, profondi e radicali cambiamenti ed innovazioni. Aggiunge anche che non è stata poca cosa cambiare ma soprattutto si è dovuto (cito testualmente) “infondere in tutti la cultura dell’attuazione delle riforme vincendo una naturale e per certi versi comprensibile resistenza al cambiamento”.
Come sono cambiate le cose. Fino al 1994, anno del mio congedo, a non voler accettare neanche di discutere i cambiamenti erano quasi sempre i Generali e adesso scopro che proprio loro sono trainanti in un’opera di convincimento del personale ad accettare le riforme. Pensare che molti Generali hanno fatto la loro fortuna contrastando i movimenti democratici che nel corso degli anni prendevano piede all’interno del Corpo. Mi sembra di sognare.
Chissà forse non me ne sono accorto e la Guardia di Finanza ha radicalmente cambiato la propria organizzazione?
Vuoi vedere che in sordina siamo arrivati alla riforma del Corpo senza dire niente a nessuno?
Vuoi vedere che adesso la Guardia di Finanza è un’organizzazione civile come quasi tutte le proprie omologhe nel mondo occidentale e non ce ne siamo accorti?
Vuoi vedere che anche gli “orpelli” derivanti dallo status militare non ci sono più e con essi è sparito anche il Codice penale militare?
A dire il vero nel corso di queste cerimonie vedo uno sfoggio di palandrane e di mantelli che mi fanno pensare più all’antico che al moderno.
Vuoi vedere che adesso il personale, dopo oltre duecento anni, è rappresentato sindacalmente e può fruire di tutti i diritti che la Costituzione prevede per i cittadini italiani?
In realtà mi sembra che tutto questo non sia proprio vero.
Coloro che hanno tentato nel corso degli anni di proporre anche solo una discussione per avviare una riforma se la sono sempre vista brutta. Chi ai giorni nostri tenta ancora di poter parlare (mi riferisco a Finanzieri Democratici e Progetto Democrazia in Divisa) di ipotesi innovative, si cerca in ogni modo di tacitarlo.
In effetti ci sono più Generali, i reparti hanno cambiato nome. Questo nella Guardia di Finanza è avvenuto ciclicamente da sempre. Ma allora i cambiamenti radicali quali sono?
Luigi Francesco Traverso
Già sottufficiale Guardia di Finanza

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