Sono un ispettore di Polizia, da anni oramai sono abituato a vedere riordini di carriere, adeguamenti, recuperi di anzianità di tutti i tipi, ma una delle assenti ingiustificate in tutto questo grande e lungo sforzo delle Forze di polizia è stata la cultura, o qualificazione scolastica che dir si voglia.
Era anche giusto valutare e recuperare quelle forze e quelle intelligenze che “sul campo” si sono guadagnate i cosiddetti “galloni”, è venuto però il momento, a distanza di oltre vent’anni dalla riforma di Polizia, di far diventare tali Forze di polizia veramente professionali e cioè culturalmente preparate, riconoscendo ciò che diversi poliziotti come il sottoscritto avevano ed hanno nel loro bagaglio.
Ci sono giovani poliziotti laureati in settori “chiave” che non devono essere assolutamente sminuiti rispetto a quelli in possesso delle lauree “ufficiali”, quelle che finora sono state le uniche che hanno permesso di avere una strada percorribile nell’Amministrazione della Polizia di Stato in particolare.
Perché non prevedere funzionari di Polizia specializzati in materie come la psicologia, le lingue straniere, la sociologia, ecc.? Praticamente parlando, tutti i giorni le Forze istituzionali di polizia “si servono” di poliziotti, siano essi agenti, assistenti, sovrintendenti o ispettori, i quali, in possesso di lauree come quelle sopra menzionate, valorizzano in maniera sostanziale l’operato dell’istituzione, ma come in tutte le migliori famiglie essi sono considerati come qualcosa da nascondere, da non riconoscere come proprio, come un valore aggiunto non necessario.
Mi è capitato personalmente di avere esigenza per la mia attività di poliziotto, dell’aiuto di interpreti del ruolo civile del ministero dell’Interno, ma senza nulla togliere alla loro qualificazione ho dovuto constatare che solo chi vive operativamente la Polizia può comprendere determinate sfaccettature della lingua straniera e ottenere quei risultati immediati che servono al poliziotto.
La psicologia, altra importante materia, potrebbe essere utilizzata non solo con una funzione di selezione del personale e di censura (quando si scopre che qualche rotella non gira nel verso giusto...) e si devono prendere “provvedimenti” nei confronti del personale di Polizia. Ma perché aspettare che si presentino “casi estremi”, perché non prevedere un monitoraggio continuo, sul campo, del poliziotto il quale umanamente può avere i suoi problemi di famiglia, di integrazione sociale, tutte cose che possono portarlo a commettere errori, ad essere superficiale, a porsi in maniera non idonea nei confronti della gente comune con la quale è in contatto tutti i giorni per il suo lavoro?
Per non parlare dell’aiuto che sia la psicologia che la sociologia possono apportare al poliziotto che indaga, che interroga, che analizza fatti, fenomeni e comportamenti criminali.
Tutto questo è utile, anzi necessario in una società che ha perso molti dei valori che prima costituivano la base comune di intere strutture sociali, a cominciare dalla religione che prima era la “religione di Stato” ma che adesso deve giocoforza confrontarsi continuamente con le altre religioni che popolano la nostra nazione.
Per concludere, mi auspico che queste righe possano contribuire, insieme con alcuni amici con i quali ho discusso il problema e con tutti gli altri che ne hanno interesse, a realizzare delle nuove figure professionali veramente indispensabili per una moderna organizzazione della nostra Polizia di Stato.
Angelo Gallo - Ispettore Polizia di Stato
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