Sono trentamila le associazioni di volontari impegnate nell’ambito dell’aiuto ai più bisognosi. Il problema dei fondi e della relativa trasparenza
Scrivere sulle associazioni di volontariato non è stato del tutto semplicissimo. Innanzitutto perché se ne registrano una quantità notevole (soltanto su Internet è possibile contarne più di mille). Alcune sono famose alla maggior parte dell’opinione pubblica (la Croce Rossa, Greenpeace, l’Aido, etc.), altre, non meno importanti, operano quasi all’ombra. Difatti il terzo settore - come è ormai universalmente noto il mondo del volontariato - si presenta come un arcipelago che riunisce grandi ospedali gestiti da fondazioni, istituti di ricovero gestiti da religiosi, associazioni ambientaliste, club culturali, gruppi addestrati per interventi di soccorso, associazioni che offrono assistenza domiciliare e negli ospedali, gruppi di cittadini che raccolgono fondi per la ricerca medica o per istituzioni benefiche: si va da movimenti informali, sorti al solo scopo di mantenere pulito un quartiere o un parco, a gruppi strutturati ed organizzati ma totalmente volontari come i boy-scout, sino a gruppi organizzati come imprese e dotati delle elevate professionalità richieste per portare avanti progetti di sviluppo nei paesi poveri o per fornire assistenza medica e sanitaria in zone di guerra o devastate dalle epidemie.
Risultato: trentamila associazioni, di cui il 61,4% al Nord, il 20% al Centro e il 18,6% al Sud; cinquecentomila gli italiani impegnati nel volontariato in modo continuativo e altri tre milioni e duecentomila in modo occasionale, il che vorrebbe dire che circa il 12% della popolazione partecipa ad una attività di volontariato. Si tratta di cifre di tutto rispetto e che pongono l’Italia sullo stesso livello degli altri paesi dell’Europa continentale, dove questa quota oscilla tra il 10% e il 15%. Essa è, però, meno elevata di quella dei paesi anglosassoni, dove supera normalmente il 20%.(Dati Eurisko).
Tuttavia non mancano situazioni ambigue. In America, grazie alle polemiche sollevate dal Washinghton Post e dal Chronicle of Philantropy e di cui in Italia dà puntualmente notizia Vita, l’unica rivista no-profit nostrana, si sono scoperte delle incongruità sulle donazioni benefiche versate per le vittime dell’11 settembre. Sappiamo che ogni americano ha donato in media 150 dollari, attraverso 200 associazioni no-profit, per un totale di 2,4 miliardi, che fanno più o meno 230 dollari per ogni vittima: di fatto, soltanto 30 centesimi per ogni dollaro raccolto sono finiti alle famiglie. E sui conti di molte associazioni di beneficenza - come il September 11th Fund, che da solo ha raccolto ben mezzo miliardo - il 40 per cento della raccolta giace ancora inutilizzata, in attesa di destinazione.
Un altro esempio di ambiguità riguarda War child, organizzazione no-profit con base a Londra: ha raccolto fondi in molti Stati, tra cui l’Italia con la partecipazione di Luciano Pavarotti, affermando di devolvere i proventi ai bambini dei paesi poveri. La scoperta di pesanti irregolarità ha provocato la decapitazione dei vertici dell’organizzazione (hanno, infatti, ammesso di aver intascato mazzette) e addirittura scalfito l’immagine del Maestro.
L’aspetto più criticato è, sicuramente. quello della trasparenza. Il punto è: chi controlla queste associazioni? In che modo rendono conto ai donatori?
Dunque, in teoria, sulle Onlus dovrebbe vigilare l’Agenzia delle Onlus, concepita nel 1997 e insediatasi quest’anno. Ma innumerevoli sono stati i problemi di organizzazione. “Non c’era nulla, nemmeno una macchina per le fotocopie” - ha dichiarato l’avvocato Salvatore Pettinato, uno dei membri. L’Agenzia è presieduta da una personalità di spicco come il rettore della Cattolica di Milano, Lorenzo Ornaghi, ed è formata da dieci membri. Scopo principale è quello di garantire una uniforme e corretta gestione economica e tributaria del terzo settore. Tra l’altro le pene previste per un amministratore poco coscienzioso sono molto severe, più che per le S.p.a. Infatti, la loro responsabilità è solidale, ovvero possono essere chiamati a rispondere degli eventuali ammanchi anche con i loro patrimoni. In attesa che tutto ciò decolli, non resta altro che far riferimento ai bilanci. Ma, anche in questo caso, si registrano stranezze: su 220mila enti avranno un bilancio circa un centinaio. Non di più. “Prima di scandalizzarsi, bisogna pensare che la maggior parte di queste associazioni sono veramente minuscole: personalmente, più che una propensione al dolo, vedo impreparazione e incompetenza” - dice Riccardo Bonacina, direttore di Vita. Ma l’articolo 40 del Codice civile parla chiaro quando prevede che, i comitati, “gli organizzatori, e coloro che assumono la gestione di fondi raccolti, sono responsabili della conservazione dei fondi e della loro destinazione allo scopo annunciato”. Per analogia questa norma si deve applicare anche all’entità no-profit. Speriamo che tutto ciò si avveri.
Cos’è una Onlus
Onlus è l’acronimo della locuzione “organizzazione non lucrativa di utilità sociale”. L’acronimo è stato introdotto dal decreto legislativo 4 dicembre 1997 n. 460 che è stato a sua volta emesso in conformità della legge 31 luglio 1997, n.259. Detta legge ha stabilito il termine per l’esercizio delle deleghe legislative recate dall’articolo 3 della legge 23 dicembre 1996, n. 662, in materia di disciplina tributaria degli enti non commerciali e delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale. Lo scopo della legge 23 dicembre 1996 n.662 è stato quello di generare un quadro d’insieme per la disciplina del volontariato. Il suo relatore, l’onorevole Maria Pia Garavaglia da sempre molto attiva nel mondo del volontariato, ha voluto concretare con questa legge l’attenzione che le associazioni di volontariato meritavano per il loro impegno civile e per la loro vera, ed ormai irrinunciabile, utilità sociale e che fino a quel momento ancora non avevano riconosciuta. Con questa legge, quindi, si è voluto legittimare uno stato di fatto generando agevolazioni vere e finanziamenti per coloro che tanto si prodigavano per il prossimo. Ovviamente vi era la necessità di un controllo sulla gestione delle organizzazioni di volontariato che, fin dall'inizio, dovevano fornire adeguate garanzie. Sono così state, con la stessa legge, istituite delle anagrafe delle associazioni di volontariato depositate presso le regioni ed i comuni di appartenenza; l'accesso alle anagrafe del volontariato è amministrato dagli enti competenti. Si è, poi, cercato di porre la parola fine a tutti gli abusi nel settore, infatti le regole per diventare Onlus, pur non essendo eccessivamente gravose, presuppongono l'assoluta coerenza con i fini che ci si prefigge, e quindi, l'obbligatorietà dell'uso dell'acronimo da parte degli aventi diritto ed il divieto assoluto per gli altri diventa così una garanzia per l'utente che si avvicina ad una di queste organizzazioni.
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