I fatti della caserma di Piacenza non sono un caso isolato. Servono misure più incisive per reprimere la criminalità all’interno delle Forze dell’Ordine.
La vicenda della caserma dei Carabinieri di Piacenza sicuramente resterà come uno dei casi più scioccanti di questi ultimi anni. I numerosi reati, gravissimi, praticati per anni dai militari di questa caserma fanno pensare a una vera e propria associazione a delinquere che riusciva a beneficiare della copertura di essere anche unità dell'Arma dei Carabinieri e, forse, anche di una qualche intesa con le mafie che alimentano il mercato delle droghe. Ancora più grave è che per anni questa caserma era considerata un'eccellenza e riceveva premi per la sua alta "produttività". Come ha scritto qualche osservatore, appare allora palese il sospetto che questa unità abbia goduto di una benevola, se non complice, indifferenza o tolleranza da parte dei superiori, probabilmente non solo a livello locale. Ma anche di un meccanismo perverso. Tanto più che diversi illeciti pare fossero evidenti persino nelle relazioni di servizio e in particolare negli atti degli arresti, sovente “a fotocopia”. Da notare anche che la sfrontatezza della delinquenza di questi operatori si manifestasse ormai nei confronti di chiunque osasse non piegarsi al loro volere o che volesse segnalare i loro comportamenti devianti, come ad esempio i “festini” organizzati durante la quarantena.
Il meccanismo perverso che ha permesso questa deriva criminale (in merito alla quale le indagini sono tutt’ora in corso) è lo stesso che sta sempre dietro altre vicende simili che, purtroppo, sono decine e decine in tutt'Italia, così come nei ranghi delle polizie di altri paesi detti democratici. Per esempio quello dei carabinieri di Aulla1 o quello dei tre esponenti della narcotici di Genova che per dodici anni arrivavano persino a rubare la droga sequestrata dagli armadi della questura di appartenenza, per rivenderla tramite i loro spacciatori di fiducia, oltre che loro informatori, arrestando i dealer non legati a loro2.
Un elenco tristemente lungo, ma sono centinaia le pagine di link riferiti a fatti del genere anche se spesso meno gravi e macroscopici di quello di Piacenza3. Se si fa la ricerca su internet (al 12/08/2020): con parola chiave “abusi di poliziotti” si ottengono circa 509.000 risultati; con “poliziotto arrestato” si hanno circa 6.510.000 risultati (ma alcuni non riguardano arresti di poliziotti e alcuni sono doppioni); con parola chiave “polizia corruzione” si ottengono circa 6.800.000 risultati (ma alcuni non riguardano arresti di poliziotti); con parola chiave “poliziotti arrestati” si ottengono circa 2.050.000 risultati (ma alcuni non riguardano arresti di poliziotti e alcuni sono doppioni); con parola chiave “carabinieri abusi” si ottengono circa 1.370.000 risultati (compresi doppioni); con “carabiniere arrestato” si ottengono circa 1.370.000 risultati (ma alcuni non riguardano arresti di CC e alcuni sono doppioni); con parola chiave “carabinieri corruzione” si ottengono circa 1.930.000 risultati (ma alcuni non riguardano arresti di CC e alcuni sono doppioni); con parola chiave “carabinieri arrestati” si ottengono circa 8.480.000 risultati (ma qui molti non riguardano arresti di CC e alcuni sono doppioni). Con “abusi della polizia locale” si ottengono circa 3.420.000 risultati; con corruzione della polizia locale si ottengono circa 2.870.000 risultati; con “corruzione della guardia di finanza” si ottengono circa 1.700.000 risultati (compresi casi di lotta alla corruzione da parte della GdF); con la parola chiave “abusi della GdF si ottengono circa 1.200.000 risultati (compresi casi di lotta agli abusi da parte della GdF).
Nella selezione assai parziale che ho fatto per un mio prossimo libro, ho trovato oltre duecento casi di reati assai gravi, commessi dagli stessi agenti (PS, CC, GdF, Polizia penitenziaria e Polizia locale). Si tratta spesso di operatori delle polizie che si coprono facendo tanti arresti grazie ai loro confidenti, normalmente anche loro complici nel giro di spaccio di droghe o di merci da ricettazione o altri illeciti (per esempio traffico permessi di soggiorno).
Viene automatico chiedersi: ma cos'è che permette la riproduzione di questi fatti? Questa è la domanda, eppure assai semplice, che i vertici delle polizie dovrebbero farsi e che, al contrario, sembra non vogliano porsi. Se ci si pone questo quesito appare chiaro che la questione riguarda l'assenza di prevenzione di tali derive devianti e spesso criminali. Ma questa prevenzione come potrebbe essere praticata con efficacia ed efficienza?
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