I lettori della nostra rivista si meraviglieranno, forse, della copertina che abbiamo scelto per chiudere l’anno 2002. Infatti è una copertina un po’ particolare (su un Natale anch’esso un po’ particolare) frutto di una discussione realizzata a più riprese all’interno della redazione e con i nostri più stretti collaboratori. Non stiamo dicendo che per scegliere un disegno invece di una fotografia, come si fa di solito, abbiamo organizzato un congresso, o un lungo dibattito a distanza. L’argomento che ci ha fatto discutere non è tanto l’estetica della copertina di una rivista (cosa comunque non secondaria), quanto la situazione attuale del mondo. Le domande sono le stesse che vi sarete fatti voi chissà quante volte in questi mesi di incertezza assoluta.
Ci sarà la guerra? È giusto e produttivo combattere il terrorismo internazionale bombardando i paesi che si presume abbiamo sostenuto (oltre che ospitato) i terroristi? È possibile che l’umanità vada incontro a un inevitabile scontro fra civiltà come dice da tempo qualche autore come Samuel Huntingon? E ancora: è vero che dietro la nuova guerra che sta per cominciare tra gli Stati Uniti d’America e l’Iraq si nascondono in realtà altri problemi che poco (o quasi nulla) hanno a che vedere con i fatti dell’11 settembre 2001, con le minacce di Bin Laden e perfino con le questioni interne all’Amministrazione americana, visto che Bush, ormai, la sua vittoria politica storica già l’ha incassata e non deve dimostrare nulla ai suoi elettori?
Sono queste e altre le domande ricorrenti di questo strano periodo che stiamo vivendo. Sono domande difficili alle quali neppure i più esperti diplomatici e conoscitori delle cose del mondo sanno rispondere con facilità. Sono infatti questioni che hanno bisogno, per essere comprese e spiegate, di un surplus di conoscenza che a quanto pare oggi scarseggia. Eppure gli strumenti per capire ci sono e sono sicuramente molto più sofisticati del passato. Le discipline accademiche hanno fatto passi da gigante, le tecnologie aiutano ad analizzare il mondo nei suoi particolari più micro. Perfino il controllo, antico strumento di ogni Polizia, di ogni Esercito e di ogni politica, è diventato postindustriale e cibernetico. I giornali spesso semplificano o banalizzano, e qualche volta - per ragioni che sarebbe lungo stare qui a ricordare - manipolano la realtà. Ma le coscienze delle persone sono più preparate oggi, rispetto a qualche anno fa. Si è più preparati a cogliere l’essenza dei problemi. In più ci sono gli esperti dei vari settori, ci sono molti politici attenti a questi problemi, e ci sono milioni di ragazzi e ragazze in tutto il mondo che si stanno riavvicinando alla politica proprio attraverso lo studio delle questioni di fondo dell’umanità: la povertà, la diseguaglianza, lo sviluppo distorto dell’economia, lo iato che divide gli inclusi (pochi) dagli esclusi (moltissimi).
Siamo di fronte insomma a una specie di paradosso. Da una parte diciamo che viviamo in uno stato di confusione mai visto prima. Dall’altra diciamo e sappiamo che abbiamo a disposizione una quantità di conoscenze mai avute. Le scienze hanno fatto grandi progressi in tutti i settori e la mentalità scientifica ha cambiato la mentalità generale, non solo nel campo della medicina, della biologia, della fisica e della chimica, ma anche nei campi che una volta venivano definiti “umanistici”. Il paradosso che stiamo vivendo in questo momento della storia dell’umanità riguarda dunque l’incapacità di utilizzare gli strumenti sofisticati che abbiamo a nostra disposizione per il fine più alto: la pace. Ancora una volta, invece, c’è il rischio molto serio che le nostre conoscenze più avanzate vengano messe a disposizione del peggio dell’uomo: la guerra, la distruzione, l’odio, la morte.
Abbiamo così scelto, questa volta, per dare un segno diverso e tutto nostro alla fine d’anno che stiamo vivendo, il disegno di un ragazzo. Avremmo voluto lanciare una sorta di concorso tra i ragazzi di una certa età chiedendo loro di illustrarci, secondo la propria immaginazione, le tensioni che il mondo vive in questo momento. Non abbiano avuto il tempo di preparare un vero e proprio concorso allargato (magari potremmo farlo in un’altra occasione) e così abbiamo girato la nostra richiesta agli amici più vicini. Il disegno di Daniele che pubblichiamo in copertina è frutto di questa nostra richiesta che potrebbe essere trodotta così: come vedi l’atmosfera natalizia con gli attuali “venti di guerra”? Che cosa c’è, secondo te, dietro questa guerra? E un ragazzo come Daniele, abile nel disegno, ci ha riprodotto un orizzonte sul deserto con un pozzo di petrolio sullo sfondo e due militari che si affrontano, ma che ancora non sparano. Quindi a questo punto la domanda la giriamo a voi lettori. È proprio così naïf sperare in un nuovo equilibrio del mondo basato sulla “pace perpetua”, come auspicava il grande filosofo Immanuel Kant, piuttosto che sulla guerra continua e preventiva? È proprio così ingenuo cominciare a scavare dietro le notizie per ricominciare a capire il senso delle cose, le ragioni economiche (come il petrolio), le possibili alternative? Con tutti i nostri strumenti sofisticati, con tutte le tecnologie di controllo e di previsione forse nessuno sa dirvi in questo preciso istante quando scoppierà e come sarà la prossima guerra. D’altra parte non abbiamo neppure saputo prevedere il terremoto del Molise.
Paolo Andruccioli
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