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ottobre/2002 - Interviste
Sanità
Il defibrillatore sulla Volante
di Rossano Vergassola

Sull’esempio di Piacenza è auspicabile che i tutori della legge siano addestrati anche all’uso di apparecchiature mediche in grado di soccorrere gli infartuati

Scrivo questo breve articolo con la convinzione che tutto ciò che ho fatto nella mia vita per combattere la morte improvvisa oggi possa dare qualche risultato positivo, con il contributo di tutti.
Nell’80% dei casi di arresto cardiaco il cuore si trova in una strana situazione, ha attività elettrica, ma così caotica che non riesce a funzionare come pompa: tale condizione si chiama fibrillazione ventricolare, il soggetto cade quindi a terra incosciente e, se in breve tempo non viene “defibrillato” muore. La defibrillazione è quindi l’unico modo per sconfiggere la morte improvvisa, una calamità che uccide ancora oggi in Italia quasi 60.000 persone all’anno.
Vediamo qualche dato storico, poiché i defibrillatori, apparecchi che risolvono il problema, sono in uso da decenni ed hanno fatto la storia della cardiologia.
Negli anni ’60 sono nate le unità coronariche ospedaliere per “curare” l’infarto di cuore; in realtà non esisteva allora alcuna cura dell’infarto, ma solamente la possibilità di monitorare il paziente e poterlo subito defibrillare. Questa semplice procedura ha comportato una riduzione di mortalità ospedaliera per infarto di cuore dal 30% al 15%. Tali risultati spinsero gli inglesi a trasportare l’assistenza fuori dell’ospedale, con una ambulanza in Belfast, che fu la prima Ucm nel 1966. Da allora la mortalità per morte improvvisa si è ulteriormente ridotta, perché in tutto il mondo civile si sono diffuse le ambulanze attrezzate con medico a bordo.
Negli anni ’80 sono nati i defibrillatori impiantabili, che rappresentano una ulteriore fase di lotta alla morte improvvisa. Poco dopo sono stati messi in commercio i defibrillatori esterni semi-automatici. Sono questi apparecchi che oggi ci permettono di programmare con entusiasmo il futuro, perché sono estremamente semplici da usare ed affidabili. In più nel nostro Paese esiste da marzo una legge, che permette la defibrillazione con apparecchi semi-automatici a tutti coloro che siano addestrati a farlo. Un’altra legge, del 2000, obbliga a tenere questi apparecchi negli aerei e ad addestrare il personale. Nel nostro Paese esiste inoltre la 626/94, che prevede di organizzare un primo soccorso in tutti i luoghi di lavoro e che può essere utilmente utilizzata per abbattere la morte improvvisa.
Ormai da molti anni è chiaramente documentato che la maggior parte degli arresti cardiaci è dovuta a fibrillazione ventricolare (Fv). Altrettanto chiaro è che questa si può risolvere solamente con la defibrillazione.
Negli ultimi anni sono stati messi in commercio e validati defibrillatori semi-automatici, che sono in grado di riconoscere e risolvere la Fv. Il loro uso è diventato facilissimo, tanto che si possono istruire soggetti non sanitari con poche ore di corso.
Vari paesi hanno prodotto legislazione idonea a poter permettere la defibrillazione anche a personale non sanitario (alcuni Stati degli Usa, Francia, Austria); recentemente anche l’Italia si è adeguata, prima permettendo la defibrillazione in aereo (2000) e poi (8 marzo 2001) estendendola a tutti coloro che abbiano superato un adeguato corso. I contenuti del corso sono rimandati ad un successivo decreto e quindi alle Regioni.
In attesa di questi provvedimenti si può comunque agire, in quanto esistono oggi (dal 2000) Linee Guida Internazionali, accettate da tutte le società scientifiche del mondo (Ilcor). È impensabile che qualunque provvedimento giuridico vada contro queste Linee Guida.
Si può ragionevolmente pensare che un corso, effettuato secondo le raccomandazioni Ilcor, sia valido in ogni paese del mondo.
Se vogliamo dare efficacia ad un Pad (Public access defibrillation) dobbiamo tener conto di quanto suggerisce l’Ilcor, cioè si devono collocare i defibrillatori semi-automatici (Dae) in sedi dove sia abbastanza probabile il loro uso.
Nel valutare le sedi da attivare, nel caso specifico dell’Italia, si deve tener conto di quanto stabilisce la legge 626/94: si devono creare dei “pronto soccorso” di vario livello nei luoghi di lavoro, addestrando adeguatamente il personale dipendente.
Riassumo qui brevemente il progetto “Safe Florence” che abbiamo elaborato a Firenze.
Dove: sedi di volontariato, stazioni ferroviarie, aeroporto, distretti socio sanitari di dimensioni medio-grandi, supermercati, centri congressi, residenze protette, fabbriche, altri, da valutare di volta in volta, come fiere, concerti... oppure parenti di soggetti a rischio di morte improvvisa.
Chi addestrare: medici di guardia medica, volontari, nell’ambito del sistema 118, operatori delle sedi interessate, Vigili urbani, Forze dell’ordine, Vigili del fuoco. (alcuni già addestrati al Bls)
Come: Corsi della durata di un giorno, secondo Linee Guida Ilcor (salvo che per i volontari inseriti nel sistema 118, che devono effettuare la formazione già prevista a livello regionale).
Risorse: Il 118 metterà a disposizione gli istruttori. I vari Enti ed Istituzioni si faranno carico della spesa dei defibrillatori e di quella del corso, attraverso un rapporto convenzionale con la Asl 10.
In questo progetto le Forze di polizia avranno un ruolo, se lo vorranno e credo che lo debbano avere in ogni parte d’Italia. La presenza capillare nel territorio, la missione dell’Istituzione, che è rivolta al benessere della collettività, il rapporto quotidiano e costante con i cittadini, il rapporto continuo con il 118, ne fanno uno “strumento” importantissimo nella lotta alla morte improvvisa. Non si tratta di diventare dei sanitari, ma di effettuare un breve corso di 8 ore e poi di intervenire con il defibrillatore quando si renda necessario, durante il normale lavoro, così come già oggi ognuno di noi fa con gli estintori. Imparare è molto, molto semplice.
Esistono già varie esperienze nel mondo ed una significativa a Piacenza, dove le Forze di polizia, addestrate alla defibrillazione, hanno dato un grande contributo alla struttura sanitaria ed hanno già salvato molte vite.
La mia speranza è che questo esempio possa estendersi in tutto il nostro Paese, rendendolo più libero dalla morte.

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