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ottobre/2002 - Interviste
Polizie Europee - Regno Unito
Politiche della sicurezza a confronto
di John Malkin

I problemi della sicurezza interna, della prevenzione e del contrasto ai fenomeni criminali in Europa, costituiscono ormai da tempo un tema assai complesso e di non facile soluzione. Il “Servizio promozione e sviluppo delle politiche della sicurezza e della Polizia locale” della Regione Emilia-Romagna, ha dedicato il quaderno n. 24 di “Città Sicure” al “Quadro istituzionale e normativo delle politiche di sicurezza (in Europa)”. Di questa ricerca comparata pubblichiamo anche in questo numero il capitolo dedicato alla struttura di Polizia nella Gran Bretagna e Galles

La centralità del tema “legge e ordine” viene ad affermarsi durante la campagna elettorale che porta, nel 1979, all’elezione del governo conservatore; questo governo aveva sostenuto l’aumento della spesa per il sistema di giustizia penale in generale e per l’attività delle Forze di polizia in particolare. Il prototipo di questa strategia elettorale era stato ripreso dalla campagna del presidente Nixon, e dagli slogan allora elaborati, come la campagna “Get tough on crime” (duri con la criminalità) nel 1958.
I disordini urbani del 1981 portano all’elaborazione dello Scarman Report, con il quale si introduce una visione nuova nella filosofia complessiva del governo conservatore, una filosofia che sostiene la necessità di uscire da un puro modello di Polizia per ricomprendere l’intero contesto sociale delle società multiculturali. Sebbene il governo abbia positivamente risposto ad alcune delle sfide lanciate in questo documento, si è dimostrato però restio ad affrontare la questione dell’intero cambiamento sociale, delle ineguaglianze e delle discriminazioni razziali che il Report affrontava in maniera approfondita e che venivano indicate come le cause dei disordini di Brixton.
Tra gli anni ’70 e gli anni ’90 prevale una filosofia centrata sulla prevenzione situazionale o ambientale, nella convinzione che la criminalità sia un problema dell’ambiente e del contesto, e che possa essere eliminato o ridotto intervenendo sulle opportunità che lo provocano, piuttosto che sul cambiamento di valori, abitudini, contesti sociali, ecc.
In tutto questo periodo varie e numerose alleanze locali vengono stabilite tra le autorità locali responsabili degli alloggi pubblici, della riqualificazione urbana, del tempo libero, la Polizia, le imprese locali, le autorità dei trasporti per individuare strategie di riduzione della vulnerabilità dell’ambiente fisico, attraverso misure quali il “target hardening”, cancelli di sicurezza, migliore illuminazione, ecc. I problemi del disordine e del vandalismo vengono generalmente intesi come problemi dello spazio pubblico, su cui le autorità locali hanno la titolarietà e la competenza statuaria per intervenire. Prevenzione situazionale è intesa come un concetto tecnico e manageriale, che consente cioè di “ottenere di più spendendo meno” (Hope, 1995 a).
Il concetto di “inter-agency co-operation” fu promosso dall’Home Office con una circolare a cui fecero seguito alcuni programmi dimostrativi. [...]
Nel settembre 1997 il “New Labour” pubblica un White Paper (cioè un documento di consultazione pre-legislativo) dal titolo “Getting to grips with crime: a new framework for local action” che prelude al “Crime and disorder act” del 1998. Vi si riconosce che non esiste una società libera dai fenomeni criminali, né soluzioni facili. La strategia del nuovo governo è di puntare su una vasta gamma di misure contro la criminalità e i comportamenti antisociali.
La sezione 17 del Crime and disorder act fornisce il quadro per un nuovo e radicale riconoscimento di potere degli enti locali di fronte alla criminalità. Esso attribuisce alle autorità locali, alla Polizia e ad una serie di partner, specifiche responsabilità in campo preventivo, nel quadro del generale impegno governativo.
In particolare:
- le autorità locali devono essere coinvolte ad ogni stadio della pianificazione di un progetto o intervento;
- gli obiettivi sono quelli di sviluppare comunità più sicure, e la partnership è un mezzo per quel fine, non il fine in sé;
- il testo legislativo attribuisce un dovere giuridico alla Polizia e alle autorità locali di assicurare che le strategie per la sicurezza e la prevenzione vengano adeguatamente sviluppate, sostenute e mantenute nel tempo; la partnership serve anche a collocare su un piano di parità agenzie quali le autorità sanitarie e i probation service. Nel quadro della flessibilità richiesta dalla partnership, gli obiettivi di singole istituzioni possono essere rivisti a partire dai bisogni che emergono dalla comunità stessa.
I partner locali sono liberi di affrontare i loro nuovi doveri in ogni maniera ritenuta efficace, purché si rispettino i seguenti principi generali:
- le pratiche devono restare nel quadro generale individuato dal testo legislativo;
- si deve garantire la partecipazione di altri partner;
- le pratiche devono coinvolgere l’intera comunità, incluso il volontariato, le imprese, i gruppi di residenti e di giovani. [...]
Nel Regno Unito, fino ai primi anni ’80, è prevalso il principio della responsabilità diretta della Polizia nella sicurezza; tra gli anni ’80 e ’90, invece, emerge un concetto più ampio che si focalizza sulla preoccupazione delle comunità e sulla paura della criminalità e questo aspetto richiama la necessità di affrontare le cause sociali della criminalità, oltre alle sue conseguenze. Si diffonde l’idea che mentre la prevenzione situazionale ottiene risultati solo nel breve periodo, le misure sociali possono essere più proficue nel medio e breve periodo, con l’obiettivo di modificare abitudini e comportamenti nella “coscienza comunitaria”.
Nel 1984 viene emessa la “Interdepartmental circular on crime prevention” che afferma esplicitamente per la prima volta la priorità da assegnare alla prevenzione e che essa deve diventare una responsabilità dell’intera comunità. Questo atto amministrativo dà avvio a numerose iniziative, realizzate grazie all’attività dei responsabili delle agenzie locali nella pianificazione di strategie comuni e di partenariati.
Nel paese si avviano così alcuni progetti innovativi, anche se le prime strategie di community safety vengono sviluppate dalle autorità locali. In questa fase il governo centrale lavora con le autorità locali e istituisce gruppi regionali di lavoro in aggiunta alla rete nazionale, attraverso i due progetti “City challenge” e “Single regeneration budget”. [...]
Il programma dell’Home Office conosciuto come “Safer cities” è stato lanciato nel 1988 con lo scopo di ridurre la criminalità e la paura, in modo che nelle città possano rifiorire la vita sociale ed economica della comunità nel suo insieme.
I progetti di valutazione (della durata di 7 anni) di queste iniziative sono stati fondamentali per le loro considerevoli implicazioni nei futuri programmi di partnership e nelle iniziative comunitarie degli anni ’90.
Il programma fu inizialmente avviato come parte del programma più generale “Action for cities”, cioè l’insieme di azioni coordinate del governo conservatore finalizzato a trattare i problemi sociali, ambientali ed economici delle grandi aree urbane. In esso viene adottata una forte strategia di compartecipazione tra diverse istituzioni, strategia peraltro già sperimentata nel precedente e più ridotto programma conosciuto come “Five-towns initiative”. (Home Office, 1988; Liddle and bottoms, 1994).
La seconda fase di Safer cities è iniziata nel dicembre ’93, attraverso 29 progetti realizzati sotto la supervisione del Dipartimento dell’Ambiente (Doe) attraverso i finanziamenti del Single Regeneration Budget, cioè i finanziamenti governativi destinati a contrastare il declino delle aree urbane (Home Office, 1990). Il lavoro svolto attraverso questi progetti ha messo in luce la necessità di trovare un equilibrio tra le competenze a livello locale, i professionisti della prevenzione e il ruolo di guida del governo centrale.
Il “Children act” del 1989 fa parte del quadro generale di iniziative sulla sicurezza perché individua per la prima volta, in capo alle autorità locali, un dovere giuridico di intervenire per prevenire la criminalità e la devianza giovanile, offrendo servizi di carattere sociale, quali gli aiuti alle famiglie, i programmi di supporto ai genitori, i servizi in genere per i giovani.
Nel 1990 si afferma anche l’importanza dello studio dell’ambiente e della progettazione urbanistica, attraverso la previsione di ufficiali di Polizia esperti nella pianificazione ambientale. Nello stesso anno viene emessa un’ulteriore circolare governativa che sollecita ulteriormente l’impegno locale sulla prevenzione e che elenca una serie di progetti e iniziative risultati soddisfacenti ed esemplari sul piano della partnership.
Nel 1991 il governo istituisce una commissione interpartitica presieduta da James Morgan, che pubblica poi il “Morgan report” quale guida per le strategie di community safety. Questo documento è centrato sull’utilizzazione della partnership ed enfatizza al massimo il ruolo chiave delle autorità locali.
Nel 1992 nasce la figura del “town centre management” in risposta al degrado dei centri urbani. Le figure dei town centre managers si occupano di coordinare la manutenzione e lo sviluppo dell’ambiente fisico e sociale delle aree pubbliche; alle dipendenze delle autorità locali, essi agiscono in stretto contatto anche con il settore delle imprese e del commercio per incoraggiare lo sviluppo di buone pratiche sul tema della sicurezza.
Nel luglio 1993 una Commissione parlamentare di inchiesta per gli Affari Interni raccomanda maggiori investimenti nella identificazione e nel contrasto delle cause della criminalità. Verificando che soltanto lo 0,2% del budget per il sistema di giustizia penale viene usato per la prevenzione, si sottolinea che un maggiore investimento in questo campo è preferibile agli interventi di riparazione dei danni e delle conseguenze della criminalità.
Nel tentativo di affrontare il declino dei quartieri sotto il profilo delle inciviltà e dei conflitti, nel 1997 un certo numero di autorità locali responsabili degli alloggi di edilizia pubblica iniziano ad utilizzare ingiunzioni civili e i contratti di locazione per allontanare piccoli ladri d’appartamento, spacciatori, vandali, ecc.
All’interno dell’Home Office nel 1992 viene costituito il “Police research group” (Prg) con lo scopo di condurre ricerche sociali o organizzative sul lavoro della Polizia e sulla politica dell’Home Office. Il gruppo ha l’obiettivo di diffondere buone pratiche di Polizia e informazioni sulla prevenzione: a questo scopo, negli anni successivi, viene pubblicata una serie consistente di lavori. Successivamente questo organismo viene riformato: assume il nome di “Policing and reducing crime unit” e viene inserito nel Dipartimento Research, development and statistics directorate. Nella Policing directorate esiste invece la “Crime reduction unit”, che ha il compito di fornire consulenza alle politiche preventive e di amministrare i fondi governativi per i programmi di riduzione della criminalità.
Gli anni ’80 e ’90 vedono una proliferazione di programmi governativi finalizzati a risolvere una serie di problemi urbani: disoccupazione, insicurezza, degrado fisico dell’ambiente, insieme alla deprivazione sociale e educativa. Riconoscendo la connessione tra tutti questi problemi, tutti i relativi programmi ministeriali vengono integrati in un unico riferimento budgetario e amministrativo, istituito a livello del governo regionale. [...]
Le misure generali di prevenzione della criminalità possono non essere sufficienti verso alcune tipologie specifiche di reato e quindi può essere necessario implementare piani d’azione per specifici problemi. Per esempio, le misure dirette a ridurre i furti in appartamento in un grande condominio sono diverse da quelle necessarie per far fronte alla criminalità legata agli autoveicoli e alle discriminazioni razziali. Vediamo di seguito alcuni esempi.
La criminalità per motivi razziali nelle aree residenziali. La specificità di questa forma di criminalità richiede, per esempio, che si sviluppino legami con le minoranze etniche e che si sviluppi un senso di fiducia in questi gruppi verso le istituzioni, insieme alle misure di deterrenza rivolte agli autori potenziali. Supporto alle vittime per prevenire la vittimizzazione ripetuta e il lavoro con gli autori (per esempio lavoro psicologico, mediazione, ecc. ) possono essere inclusi in un lavoro di partnership su queste forme di criminalità. La partnership deve necessariamente includere i rappresentanti delle minoranze etniche coinvolte.
Problemi di criminalità legati ai trasporti pubblici. Vandalismi, graffiti, furti, mancato pagamento del biglietto, violenze contro i dipendenti o altri passeggeri sono le forme di trasgressione più frequenti nel sistema dei trasporti pubblici. La paura nell’utilizzo dei mezzi pubblici risulta molto diffusa nel paese, soprattutto da parte delle donne, a certe ore della sera. Misure possibili sono quelle relative all’intervento sul contesto, allo scopo di dissuadere gli autori e rassicurare i passeggeri (spostare le fermate in luoghi di alto passaggio pedonale; rendere i luoghi di attesa più visibili e più sorvegliabili dallo staff o da altri passeggeri anche all’interno del mezzo; l’uso di specchi, telecamere, allarmi, ecc.). Altre misure possono essere poi la riduzione dei tempi d’attesa allo scopo di ridurre anche la paura e lo snellimento della procedura di denuncia di questi reati o inciviltà, in modo da aumentare la fiducia dei passeggeri e la loro sensazione di essere tutelati.
Sicurezza dei parcheggi. Esistono numerosi “Secure parks schemes” predisposti in genere dalle Forze di polizia, per avviare progetti di protezione dei parcheggi, attraverso misure, in genere, di prevenzione situazionale.
La criminalità contro le scuole. Vandalismi, incendi dolosi, furti, violenze contro lo staff o gli studenti sono altri problemi diffusi che si riscontrano negli schemi preventivi. Le misure previste in genere intervengono sul coinvolgimento diretto dei giovani nella prevenzione (Youth action groups) all’interno degli istituti scolastici e nella vita della comunità. [...]
Già alcuni anni prima del Crime and disorder act (Cda), veniva riconosciuto che l’interesse per la criminalità e il disordine dovesse essere responsabilità congiunta all’interno della comunità (J. Straw, H. O. Reducing crime and Tackling it’s causes, 1999). In alcuni casi, i programmi di Crime reduction e di Community safety erano stati avviati anche prima, a metà degli anni ’80; altre aree avevano ricevuto sostegni per specifici progetti-pilota come nel caso di Safer cities. Le autorità locali e la Polizia avevano quindi già avviato forme di collaborazione diffusa, che però restavano prevalentemente ad un livello informale, per casi ad hoc, piuttosto che all’interno di un quadro formale e sistematico di compartecipazione. Il Cda del 1998 (prima parte) stabilisce per la prima volta un quadro normativo per queste attività, di fianco a nuovi poteri per affrontare le questioni del “disordine”. Le autorità locali e la Polizia hanno così l’obbligo statuario di dividere le responsabilità per strategie sistematiche e coordinate.
Il Cda è un atto normativo complesso, che si sostanzia in 5 punti:
- la prevenzione della criminalità e del disordine (parte prima);
- nuovi elementi di legge penale;
- miglioramenti del sistema di giustizia penale;
- trattamento degli autori di reato;
- previsioni specifiche per bambini e giovani. [...]
Per soddisfare le richieste del Cda, la partnership deve essere estesa, cioè un numero minimo di “stakeholders” deve essere coinvolto nelle iniziative, in particolare le associazioni del volontariato e i rappresentanti del mondo economico della comunità. Tutto ciò fa in modo che le strategie e le azioni si fondino su:
- residenti: come fonte di conoscenza dei problemi locali e come verifica dell’efficacia delle strategie;
- “esperti”: quali Polizia, autorità locali ed agenzie legislative di servizi alle comunità;
- “specialisti”: dal mondo della magistratura a quello dei gruppi di settore (volontari o legislativi) attivi nel campo della prevenzione della criminalità e della sicurezza urbana, dai gruppi di supporto a vittime ed autori a quelli rappresentativi di specifici interessi della comunità;
- settore privato: come potenziale di collaborazione soprattutto a livello di investimenti.
La struttura prevista si basa su una parnership flessibile, che si adatta ai mutamenti della comunità e dei suoi interessi. È prevista la figura di un coordinatore locale, che riceve impulso dai vari settori della comunità ed è responsabile per valutare i bisogni della comunità, pianificare i miglioramenti, coinvolgere i residenti, fornire servizi alla comunità, esercitare la guida e tenere sotto controllo lo svolgimento dei programmi.
Il ruolo di direzione, secondo le previsioni del Cda, spetta insieme al Chief Officer della Polizia locale ed al Chief Executive dell’autorità locale che rappresentano il “Leadership group”, responsabile per le attività di:
- organizzazione degli audit e delle consultazioni con le agenzie chiave della comunità ed indicazione delle strategie di azione generali;
- compimento di tutte le funzioni fissate dalla legge attraverso il Community partnership group;
- approvazione delle decisioni riportate dalle autorità locali e di Polizia;
- pubblicazione dei risultati delle consultazioni, degli audit, delle diagnosi locali, delle valutazioni, ecc.
Community safety partnership group. È composto di rappresentanti del pubblico e del privato, del volontariato e della comunità. È prevista per legge la presenza di: Polizia, autorità locali, autorità sanitarie e servizi di probation, responsabili per la supervisione e l’approvazione dello sviluppo, dell’implementazione, del monitoraggio e della revisione di Crime and disorder audit, Community safety strategy, Action plan, Annual report.
È ritenuto essenziale anche il coinvolgimento di altri gruppi e settori (tutto il volontariato, da quello che opera a favore delle vittime ai corpi religiosi) più il settore privato, dalle Camere di commercio ai trasporti, alla Protezione civile, alle associazioni di imprese.
Community safety working group. È composto da esperti di tutti i dipartimenti interessati della amministrazione e dei servizi e da rappresentanti dei partner coinvolti. I suoi compiti sono:
- assistere nella preparazione del Crime and disorder audit;
- formulare la bozza per il piano strategico;
- preparare il rapporto annuale;
- coordinare le funzioni del Priorità task group;
- monitorare i progressi;
- sollevare nuove questioni;
- fornire la formazione;
- presentare tutti i rapporti preparati dal coordinatore.
Priorità task group. È un gruppo di lavoro utilizzato a intervenire per specifiche priorità (di criminalità o di area) identificate dal Partnership group. È un gruppo di lavoro su temi specifici che individua propri obiettivi e strategie. [...]
Gli interventi dedicati dal Cda al tema dei giovani hanno il proprio fondamento nel White Paper del governo intitolato “No More Excuses” e nel precedente documento consultivo intitolato “Tackling youth crime”. Qui si prefigurano i principi di base dei successivi interventi legislativi, tra cui, in particolare, l’enfasi sulla responsabilità dei minori e delle famiglie, che devono essere in grado di educare in modo da prevenire future condotte indesiderate.
Con il Cda viene delineato un sistema di giustizia minorile e di interventi per i giovani e i bambini, dove prevale ancora una volta l’idea della compartecipazione. Gli organismi per l’intervento, infatti, sono costituiti da servizi delle autorità locali, servizi sociali, probation officers, Polizia, ecc.
La giustizia minorile viene coordinata dall’Home Office, ma il Cda favorisce una certa flessibilità e l’adattamento dei servizi degli interventi alla realtà locale. I principi ispiratori di questo nuovo sistema di giustizia minorile sono ancora una volta riconducibili a No more excuse, dove in particolare si afferma che “l’interesse per il benessere dei giovani è stato troppo spesso visto come confliggere con quello della protezione dei cittadini e della repressione e prevenzione dei reati”.
L’organismo più importante è lo Youth offender team, con ruolo di coordinamento delle varie agenzie, che viene istituito a partire dal settembre 1998, in via sperimentale, in 4 città, ma con una previsione di estensione graduale a molte realtà entro il 2001. Si tratta anche in questo caso di un’espressione dell’orientamento alla collaborazione tra soggetti diversi. In precedenza, infatti, i servizi sociali erano responsabili dei giovani sotto i 16 anni, mentre i probation service erano responsabili dei giovani di oltre 16 anni. Questo nuovo organismo raggruppa le due categorie e offre una vasta gamma di servizi per i giovani.
La necessità di prevedere per legge questo organismo era da tempo nell’agenda del governo, con l’obiettivo di:
- coordinare le misure dei servizi di giustizia minorile per tutte le autorità locali;
- portare avanti funzioni assegnate all’interno dei piani formulati dalle autorità competenti.
Un altro servizio istituito dal Cda è lo Youth justice service, nuova terminologia che viene assegnata ai servizi forniti dalle autorità locali e dai servizi di probation, in relazione alla custodia di giovani imputati e alla loro supervisione prima del giudizio e della sentenza. [...]
L’attuale governo laburista ha avviato due consistenti programmi nazionali che stanno avendo un impatto significativo sulle strutture e gli approcci in tema di prevenzione della criminalità e di sicurezza delle comunità. Si tratta di “Crime reduction strategy” e di “New deal for communities”.
Pubblicato nel novembre 1999, il programma Crime reduction strategy interviene con sostegni economici alle iniziative esistenti, ma prevede anche due nuoti filoni di contribuzione: 250 milioni di sterline per il Crime reduction programme (Crp), cioè un programma di sostegno a progetti locali pilota e 150 milioni di sterline per i sistemi di videosorveglianza nelle aree urbane (Cctv challenge fund).
Nel complesso il programma prevede: finanziamenti consistenti alle Forze di polizia; finanziamenti per la creazione della banca dati Dna; fondi per il reclutamento e la formazione della Polizia; la previsione di un sistema manageriale di gestione dei programmi contro la criminalità (il cosiddetto valore aggiunto); formazione e consulenza alle autorità locali; istituzione di una Crime reduction task force a livello nazionale; progetti specifici per i furti in appartamento; misure specifiche per il furto di e su auto; misure per i comportamenti antisociali; contributi per il sistema della giustizia minorile e per alcune misure di trattamento degli adulti; contributi per le misure di sostegno alle vittime e ai testimoni degli eventi criminosi.
Come parte di questa iniziativa, il governo ha nominato nel luglio 2000, 10 Regional crime reduction directors, affiliati ai rispettivi Government regional office. Le competenze di queste figure sono:
- predisporre una rassegna dei 367 programmi avviati, aiutare le autorità centrali a intervenire sulla criminalità e rafforzare i loro legami con il governo centrale;
- costruire forti relazioni con tutti i membri chiave della partnership nella Regione di competenza;
- assicurare che la partnership riceva la necessaria formazione, il supporto tecnico e la guida;
- fornire consulenza ai ministri ed ai referenti amministrativi locali;
- aggiornare le partnership locali agli sviluppi della politica nazionale;
- controllare l’allocazione dei contributi dei progetti approvati di Crime reduction;
- monitorare il buon andamento della partnership (che gli interessi continuino ad essere comuni, come le strategie e gli obiettivi, ecc.).
Al momento appare probabile che le future iniziative del governo centrale per la riduzione della criminalità saranno amministrate e dirette dai Regional crime director. [...]
(Supervisione scientifica di Tim Hope e Richard Sparkj)

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