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ottobre/2002 - Interviste
Media
Sbatti la guerra in prima pagina
di Belphagor

“Alla fine, persa la guerra, il Mullah Omar fuggì in motocicletta dall’assedio di Baghran in Afghanistan. Par di vederlo, sollevarsi la sottana nera e inforcare una vecchia moto Guzzi, sobbalzare sulle pietre dei sentieri afgani, sfrecciare verso lidi più sicuri con la veste gonfiata dal vento e il motore su di giri per lasciare quanti più chilometri possibili tra lui e i marines americani che gli danno la caccia”: ecco, con qualche abbellimento, il succo della notizia diffusa dai media di tutto il mondo (tv, radio, carta stampata) nell’inverno del 2001, citata nella prefazione di un libro (“L’informazione deviata – Gli inganni dei mass media nell’epoca della globalizzazione”, Zelig Editore, pagg. 214, € 12,40) che vuole essere una sorta di manuale per la lettura e l’ascolto delle notizie nell’epoca dell’“informazione in diretta”. Che “in diretta” non è quasi mai, e spesso non è neppure vera. Come quella riguardante il Mullah Omar, sul quale da oltre un anno non si è mai saputo nulla di minimamente certo, al pari del suo compare Osama Bin Laden. Eppure per quei due si è fatta una guerra spettacolare, con grande spiegamento di forze, e un numero imprecisato di morti. Recentemente il presidente Bush ha detto che in fondo sapere che cosa Omar e Osama sono divenuti non è molto importante. E dal suo punto di vista ha ragione, poiché altre guerre sono alle porte, e altre notizie dello stesso tipo. Se per quanto riguarda l’ultima abbiamo saputo poco e visto ancora meno, per le prossime lo scenario non cambierà. Comunque, qualcosa da mostrare e da stampare si troverà, in mancanza di meglio gli stringati e lacunosi comunicati degli stati maggiori, e materiali di repertorio.
Presentato così, il libro potrebbe far pensare a una feroce critica del giornalismo, e in parte lo è, ma a scriverlo, in capitoli staccati per ogni autore, sono proprio una ventina di giornalisti. Che mettono a nudo i difetti, le carenze, le omissioni del cosiddetto Quarto Potere. “Il fatto è che la gestione delle guerre, quella mediatica – che è sempre di più essenziale per la loro realizzazione – è solo un sottoinsieme della mistificazione totale che il sistema mediatico sta producendo sul corpo vivo della realtà… Basta mettere al centro dell’attenzione le cose secondarie e relegare sullo sfondo quelle essenziali, eliminando del tutto dalla scena quelle realmente importanti, cioè quelle che decidono degli interessi collettivi, del futuro” (Giulietto Chiesa). “La televisione e tutta l’informazione in generale non ha certo inventato la guerra, ma ne è ormai la sublimazione, lo strumento indispensabile per confermare o distruggere le ragioni stesse di un conflitto, per enfatizzarne l’atto esemplare, per esaltarne valori o bugie etiche e umanitarie… Ogni guerra oggi, per essere tale, deve poter essere vissuta dal pubblico, portata e consumata a domicilio... Nell’ultimo decennio ci sono stati circa 60 conflitti, che hanno causato centinaia di migliaia di morti e 17 milioni di profughi. Anche se guardo e faccio televisione, confesso di non essermi accorto di quelle guerre” (Ennio Remondino). “Nell’impero del denaro, in quel quinto di mondo, i mezzi di comunicazione diventano collante, elementi di coagulazione e di solidità del sistema. L’informazione-merce è necessaria a rendere autoreferenziale l’ideologia del denaro e del potere economico. Uso una parola dura: questa merce è uguale a menzogna, questo impero è costruito sulla menzogna, ed è la menzogna su cui si regge il mondo” (Alex Zanotelli). Insomma, un libro che merita veramente di essere letto attentamente, perché anche se non è facile mutare l’insieme di un sistema che condiziona pesantemente ogni aspetto dell’informazione, è sempre meglio imparare a riconoscerlo.
Bel.

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