“Alla fine, persa la guerra, il Mullah Omar fuggì in motocicletta dall’assedio di Baghran in Afghanistan. Par di vederlo, sollevarsi la sottana nera e inforcare una vecchia moto Guzzi, sobbalzare sulle pietre dei sentieri afgani, sfrecciare verso lidi più sicuri con la veste gonfiata dal vento e il motore su di giri per lasciare quanti più chilometri possibili tra lui e i marines americani che gli danno la caccia”: ecco, con qualche abbellimento, il succo della notizia diffusa dai media di tutto il mondo (tv, radio, carta stampata) nell’inverno del 2001, citata nella prefazione di un libro (“L’informazione deviata – Gli inganni dei mass media nell’epoca della globalizzazione”, Zelig Editore, pagg. 214, € 12,40) che vuole essere una sorta di manuale per la lettura e l’ascolto delle notizie nell’epoca dell’“informazione in diretta”. Che “in diretta” non è quasi mai, e spesso non è neppure vera. Come quella riguardante il Mullah Omar, sul quale da oltre un anno non si è mai saputo nulla di minimamente certo, al pari del suo compare Osama Bin Laden. Eppure per quei due si è fatta una guerra spettacolare, con grande spiegamento di forze, e un numero imprecisato di morti. Recentemente il presidente Bush ha detto che in fondo sapere che cosa Omar e Osama sono divenuti non è molto importante. E dal suo punto di vista ha ragione, poiché altre guerre sono alle porte, e altre notizie dello stesso tipo. Se per quanto riguarda l’ultima abbiamo saputo poco e visto ancora meno, per le prossime lo scenario non cambierà. Comunque, qualcosa da mostrare e da stampare si troverà, in mancanza di meglio gli stringati e lacunosi comunicati degli stati maggiori, e materiali di repertorio.
Presentato così, il libro potrebbe far pensare a una feroce critica del giornalismo, e in parte lo è, ma a scriverlo, in capitoli staccati per ogni autore, sono proprio una ventina di giornalisti. Che mettono a nudo i difetti, le carenze, le omissioni del cosiddetto Quarto Potere. “Il fatto è che la gestione delle guerre, quella mediatica – che è sempre di più essenziale per la loro realizzazione – è solo un sottoinsieme della mistificazione totale che il sistema mediatico sta producendo sul corpo vivo della realtà… Basta mettere al centro dell’attenzione le cose secondarie e relegare sullo sfondo quelle essenziali, eliminando del tutto dalla scena quelle realmente importanti, cioè quelle che decidono degli interessi collettivi, del futuro” (Giulietto Chiesa). “La televisione e tutta l’informazione in generale non ha certo inventato la guerra, ma ne è ormai la sublimazione, lo strumento indispensabile per confermare o distruggere le ragioni stesse di un conflitto, per enfatizzarne l’atto esemplare, per esaltarne valori o bugie etiche e umanitarie… Ogni guerra oggi, per essere tale, deve poter essere vissuta dal pubblico, portata e consumata a domicilio... Nell’ultimo decennio ci sono stati circa 60 conflitti, che hanno causato centinaia di migliaia di morti e 17 milioni di profughi. Anche se guardo e faccio televisione, confesso di non essermi accorto di quelle guerre” (Ennio Remondino). “Nell’impero del denaro, in quel quinto di mondo, i mezzi di comunicazione diventano collante, elementi di coagulazione e di solidità del sistema. L’informazione-merce è necessaria a rendere autoreferenziale l’ideologia del denaro e del potere economico. Uso una parola dura: questa merce è uguale a menzogna, questo impero è costruito sulla menzogna, ed è la menzogna su cui si regge il mondo” (Alex Zanotelli). Insomma, un libro che merita veramente di essere letto attentamente, perché anche se non è facile mutare l’insieme di un sistema che condiziona pesantemente ogni aspetto dell’informazione, è sempre meglio imparare a riconoscerlo.
Bel.
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