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Maggio-Giugno/2006 - L'angolo del 'giallo'
Come uscire dal labirinto
di Simona Mammano

Nell’ultimo romanzo di Patrizia Pesaresi si incontrano
una antropologa e un attore, alle prese
con la morte del colonnello Lawrence

Patrizia, antropologa esperta di labirinti e Harold, celebre attore inglese. Qualcosa del loro passato li accomuna. Patrizia possiede una Brough, auto d’epoca forse la stessa che provocò l’incidente che costò la vita a Lawerence d’Arabia. Patrizia, che per ragioni personali che si scopriranno nel corso della storia, sta cercando di ricostruire la dinamica misteriosa dell’incidente.
Per avere l’opportunità di incontrare Harold mette in vendita l’automobile, infatti lui è interessato all’acquisto. Durante il loro incontro i due si studiano e, in maniera inespressa, decidono di compiere un viaggio attraverso la memoria, che li porterà al centro del labirinto, per sconfiggere il loro Minotauro.
In questo romanzo di Patrizia Pesaresi (Dopo la prima morte, Dario Flaccovio Editore, 2006 – pp. 159 – euro 13) il dialogo più intenso tra i due protagonisti è quello silenzioso, che filtra attraverso i loro pensieri durante il reciproco studiarsi.
La storia è raccontata attraverso la metafora del labirinto. L’autrice scrive “…il percorso, in un labirinto, è quasi sempre verso il centro, l’uscita può essere irrilevante e, comunque, non la si può guadagnare se non passando per il centro”. (p. 27)
Un romanzo che si presta a vari piani di lettura, anche solo per la storia che vi è raccontata, un giallo che si chiarisce fino a un finale imprevedibile, non scontato e banale.
L’attività di medico psichiatra e psicoanalista della scrittrice è fondamentale per spiegare al lettore quello che dovrebbe essere un percorso obbligato per ognuno di noi, verso il centro del labirinto per affrontare il nostro personale Minotauro. Con sapienza Pesaresi dosa la suspance della storia, il lettore sente la necessità di scoprire, prima cosa è accaduto nel passato dei protagonisti, poi di conoscere l’elemento che li unisce.
Patrizia Pesaresi vive e lavora a Roma. Ha pubblicato racconti su riviste specializzate o antologie come Killers & Co.(Sonzogno, 2003), Le ragazze con la pistola (Dario Flaccovio Editore, 2004).
Il suo primo romanzo, Ancor non vi fu donna (Libreria dell’Orso) è uscito nel 2004.

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“Importante è il viaggio, non l’arrivo”

Il Labirinto è il tema dominante del suo romanzo, perché l’ha scelto?

Il Labirinto è un’icona oltre ad essere una grande metafora che rimanda a un percorso, un percorso sotterraneo. Utilizzare icone e metafore così forti è pericoloso, ma serviva a raccontare il cammino interiore di Patrizia, la protagonista.
Con il potere della sua forza interiore, riesce a trascinare dentro anche Harold, che partecipa prima in maniera inconsapevole, poi, senza rinunciare a momenti di ribellione, decide di seguire lo stesso tragitto.

Lei nel romanzo afferma che in un labirinto l’uscita è irrilevante, sostanziale è, invece, il tratto che si percorre verso il centro. All’uscita si è intimamente cambiati, così come il mito vuole che succeda a Teseo una volta combattuto il Minotauro e fuori dal Labirinto?

Quello che è importante è il viaggio, non la stazione di arrivo. Entri nel Labirinto per attraversare la camera centrale. E’ un processo che porta a trasformarci.
I punti chiave sono quindi: processo – centro – trasformazione.

I protagonisti del suo libro sono tre: Patrizia, Harold e Alberto. C’è una parte di lei in ognuno di loro?

Harold e Patrizia li ho amati molto. Patrizia è la figura famigliare, che attraverso le sue certezze riesce a coinvolgere Harold che, non dimentichiamoci è un attore.
Quindi più personalità, uno, nessuno, centomila, con tante contraddizioni e paure, alcune di queste sono addirittura paranoie.
Adesso che ci penso i protagonisti sono quattro, non tre. Ci sono anche due giovani, Alberto e il figlio di Patrizia. Uno l’anima nera e l’altro il suo contraltare. Ciò che è essenziale è la cooperazione testuale, creare un circolo di idee capace di suscitare emozioni nel lettore.

C’è un libro che vuole citare ai lettori, che l’ha particolarmente emozionata?

Ultimamente ho riletto Le braci di Sandor Marai. Dopo tanti anni ho sentito emozioni diverse e ho riflettuto sui tanti piani di lettura possibili per ogni romanzo.
Sabato di Ian McEwan, che ho appena terminato, è riuscito a sorprendermi per le capacità di immedesimazione di questo scrittore nel protagonista del suo romanzo.
Quest’ultimo, un neurochirurgo, si racconta in prima persona in maniera così coinvolgente che sembra essere scritto proprio da un addetto ai lavori.

(Intervista a cura di Simona Mammano)

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