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settembre/2002 - Interviste
Indagini
Quei tre morti in Vaticano
di Ettore Gerardi

Oltre quattro anni addietro, il Comandante della Guardia Svizzera e sua moglie furono uccisi da un caporale del Corpo che si tolse la vita: questi i risultati a cui pervennero gli inquirenti che chiusero velocemente il caso. Due avvocati elvetici però, con ampia documentazione, ritengono che il caso debba essere riaperto

4 maggio 1998, duplice omicidio e suicidio in Vaticano. I protagonisti di questo fatto di sangue furono il caporale della Guardia Svizzera Cedric Tornay che, appunto, dopo aver ucciso il Comandante del Corpo Alois Estermann e sua moglie Gladys, rivolgeva l’arma contro se stesso facendosi saltare il cervello.
Inutile ricordare l’enorme impressione che quell’episodio fece non soltanto in Vaticano ma un po’ in tutto il mondo. I motivi alla base di questo sconcertante episodio, non furono mai ben chiariti. O meglio gli inquirenti vaticani dissero che il caporale della Guardia Svizzera, sentendosi perseguitato dal suo superiore che lo puniva anche per piccole mancanze disciplinari, aveva pensato bene, colto da raptus omicida, di vendicarsi e per questo lo aveva ucciso; avendo consumato il delitto al rientro dell’ufficiale nel suo appartamento e trovatosi di fronte anche la moglie, aveva pensato bene di trucidare anche lei.
Così dissero.
In realtà, su una ricostruzione del genere, già all’epoca dei fatti, furono avanzati dubbi ed incertezze. Ma i giudici della santa sede, come già accennato, dissero che si era trattato di pura e semplice follia omicida.
Oggi, a distanza di anni, i legali della mamma del caporale “omicida”, ritengono di avere elementi assai interessanti per riaprire il caso e cercare il vero colpevole. Sì, perché - sempre secondo gli avvocati svizzeri - le tre morti andrebbero addebitate ad altra persona che, probabilmente, inscenò un omicidio-suicidio. Le prove di questa nuova versione dei fatti si troverebbero nelle 75 pagine di un dossier già inviato in Vaticano.
Ecco alcuni degli elementi che suggerirebbero la riapertura del caso: innanzitutto le conclusioni a cui è pervenuta la seconda autopsia effettuata il 14 maggio 1998 a Losanna sul corpo del caporale Tornay, smentirebbero in modo netto - a dire dei legali e dei periti - la versione del Vaticano sull’omicidio-suicidio.
Il foro di uscita provocato dalla pallottola nel cranio di Tornay ha un diametro di sette millimetri, mentre i proiettili della pistola Sting 75, usata per il presunto suicidio, sono di calibro 9,42 millimetri.
Ed ancora: la gengiva superiore è fratturata; il che vuol dire - sempre secondo i legali - che qualcuno ha forzato Cedric ad aprire la bocca prima di sparargli.
Nei polmoni sono state trovate tracce di sangue e muco, segno questo che dimostrerebbe come il giovane non sarebbe morto sul colpo. La versione ufficiale, in proposito, sosteneva che l’uomo era affetto da una broncopolmonite, ma non ci sono riscontri che potrebbero dimostrate che Cedric fosse malato nei giorni precedenti la strage.
Una frattura nella parete occipitale, mostra che Tornay avrebbe ricevuto un fortissimo colpo sopra l’orecchio sinistro, il che spiegherebbe, appunto, la presenza di sangue e muco nei polmoni.
Manca, infine, qualunque traccia di formazione cistica nel cervello che giustificherebbe il raptus di follia.
Un secondo aspetto inquietante sarebbe quello della presunta lettera che Cedric avrebbe scritto alla mamma, prima della strage, nella quale avrebbe annunciato la sua decisione di uccidersi.
La perizia calligrafica fatta eseguire dagli avvocati di parte dimostra che la lettera è un falso e per giunta scritta da un italiano, “probabilmente un sacerdote”.
Cedric, infatti, non scriveva mai la data sulle lettere in cifre arabe, non avrebbe mai sbagliato il grado di Estermann (al momento dell’omicidio era già Comandante della Guardia Svizzera e non già “tenente colonnello” come appare nello scritto).
Né il giovane avrebbe mai potuto sbagliare l’ortografia del nome della sorella Mélinda che nella citata lettera appare scritta senza accento sulla “e” (italianismo, questo, impensabile in un francofono).
Ma c’è anche un’altra svista incredibile in questa famosa lettera: Cedric afferma di essere stato nella Guardia Svizzera “tre anni, 6 mesi e 6 giorni”. Il calcolo si rivela invece sbagliato e l’errore non può essere casuale o dettato dalla fretta o dall’eccitazione: il periodo citato nella lettera, infatti, corrisponde ad un bando di arruolamento per la Guardia Svizzera che però non era quello a cui aveva partecipato Cedric.
La stessa perizia calligrafica rileva inoltre una serie di incongruenze di carattere ortografico in particolare sull’uso della cediglia (la ç) che chi non è di lingua francese, difficilmente sa scrivere con disinvoltura.
Quella lettera, in sostanza, risulterebbe falsa. Scritta da un italiano ma corretta da un francese e diffusa addirittura in due versioni: “Devo rendere questo servizio alla Chiesa”, avrebbe scritto nella lettera confessione Cedric. Ma c’è un’altra versione: “Ho giurato di donare la mia vita per il Papa”. Gli avvocati ipotizzano un maldestro intervento di copertura perché Tornay apparisse come un folle assassino.
Il dossier della difesa si chiude con una perizia psicologica sulla personalità di Tornay e i risultati sono in netta contraddizione con il ritratto fornito dal Vaticano: non risultano necrosi, né stati depressivi, come invece ipotizzato dagli inquirenti vaticani. Né il giovane aveva motivi di insoddisfazione per quanto concerneva il servizio.
Con la loro controinchiesta (già inviata a suo tempo direttamente al Pontefice) gli avvocati della famiglia Tornay sono pronti a piombare a Roma al fine di contestare, a colpi di perizie, lo scarno fascicolo sul sanguinoso fatto frettolosamente archiviato.
Proprio i due legali hanno dichiarato: “Tornay è stato assassinato; lo hanno stordito e trasportato nell’alloggio del comandante Estermann dove poi è stato finito con un colpo di pistola in bocca... abbiamo le prove”.
Quello che, in sostanza, chiedono i due avvocati svizzeri è un dibattito scientifico sulla questione. “Noi - hanno dichiarato - siamo aperti al confronto ma da parte vaticana non ne vogliono sentir parlare, forse perché sanno che la loro tesi non regge”. “Tanto per fare un esempio - dicono ancora - rifiutano di comunicare i dati della prima autopsia effettuata sul corpo di Tornay”.
Una cosa è singolare in questa intricata faccenda vaticana: dopo tre ore dai fatti, il Vaticano aveva già fornito la spiegazione di quello che era avvenuto. Nessun’altra ipotesi o pista fu avanzata.
D’altra parte sembrerebbe che in Vaticano ci sono alcuni prelati che non credono alla ricostruzione “domestica”; ad esempio un religioso avrebbe scritto ai due avvocati, un anno addietro, raccontando loro che aveva incontrato il confessore di Cedric; proprio quest’ultimo, pur senza entrare in particolari, avrebbe detto che Tornay era innocente. Purtroppo il sacerdote, autore di questa lettera, è morto recentemente: era in avanzatissima età.
In conclusione (come ha scritto Orazio Petrosillo su “Il Messaggero” di Roma, l’unico giornale italiano che, con dovizia di particolari, ha riparlato recentemente di questa vicenda) sarebbe da ipotizzare che il caporale sarebbe stata la terza vittima della strage; c’è un assassino, forse un mandante, e qualcuno che ha costruito una falsa verità dentro le mura della Città Leonina e intorno ai tre cadaveri nell’alloggio del comandante delle Guardie Svizzere, appena nominato e subito eliminato.
“Evocando fantasmi - scrive Petrosillo su “Il Messaggero” del 17 maggio scorso - il teorema francese ridisegna uno scenario di trame e segreti, cordate e fazioni, ricatti e peccati, sullo sfondo delle lotte per il potere all’ombra di San Pietro e al centro esatto degli interessi di tutti i servizi segreti del mondo”.
Intanto una novità interessante, di cui ha dato notizia, a metà luglio scorso, lo stesso Orazio Petrosillo de “Il Messaggero”: “Lunedì 15 luglio dall’Ufficio del promotore di Giustizia della Città del Vaticano, Nicola Picardi, è partito un plico con un decreto mediante il quale si invitano formalmente i due legali parigini ad esibire la documentazione in loro possesso (perizie ed altri elementi utili) ‘al fine di valutare se esistano i presupposti per poter riaprire l’inchiesta’. Nel decreto, si premette che è stata trasmessa a quell’Ufficio l’istanza inviata al Pontefice dai legali della signora e si ribadisce quanto in più occasioni affermato dal giudice istruttore Gianluigi Marrone, circa la possibilità di riaprire, in qualunque momento e a patto di presentare nuovi elementi probanti, quell’inchiesta”.

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