Dopo un’estate piena di pioggia, è cominiciato un autunno molto incerto in Italia anche dal punto di vista economico e sociale. Naturalmente sulla situazione nazionale incidono le grandi turbolenze internazionali, prima fra tutte la crisi della finanza che si evidenzia ogni giorno nell’andamento delle borse americane, ma anche di quelle europee ed asiatiche. Ma l’economia italiana è appesantita anche da cause interne.
Il conflitto sindacale e sociale rischia di inasprirsi perché la rottura tra la Cgil e il governo al momento della firma del Patto per l’Italia prima dell’estate potrebbe ora allargarsi anche ad altri sindacati. Il primo punto di frizione riguarda i rinnovi contrattuale e la conseguente necessità di determinare il tasso di inflazione a cui ci si riferisce per gli aumenti retributivi. Il governo e l’Aran sostengono che non ci si può discostare dall’1,4 per cento dell’inflazione programmata. I sindacati dicono invece che il riferimento è insufficiente e determinerebbe aumenti che non coprono neppure la perdita del potere di acquisto delle retribuzioni che già c’è stato. Altri osservatori, come per esempio il dirigente confindustiali Innocenzo Cipolletta, dicono invece che i salari e gli stipendi sono già aumentati più dell’inflazione. In ogni caso le trattative, all’inizio dell’autunno, non fanno presagire nulla di buono. Lo scontro, dagli impiegati pubblici, si potrebbe poi allargare ai metalmeccanici.
Ma oltre i rinnovi contrattuali, ad aumentare la temperatura dei conflitti, c’è anche la grande mobilitazione della Cgil che continua a dare battaglia contro la sospensione dell’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori (la legge n. 300 del 1970). La Cgil, oltre ad opporsi alla delega del governo, ha lanciato una grande raccolta di firme per una legge che estenda i diritti garantiti dallo Statuto, in particolare quelli che difendono i lavoratori dai licenziamenti senza giusta causa.
P. M.
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