Due ricercatori-scrittori analizzano omicidi
o scomparse verficatisi a Bologna tra il 1874 e il 2005
Bologna, come da molto tempo i suoi scrittori affermano, ha un volto nascosto, inquietante e drammatico. Questo è ciò che i due autori di Bologna criminale (Antonio Bagnoli e Nathalie Anne Dodd, ed. Newton Compton, 2006 – euro 14.90) hanno voluto dimostrare.
Il libro tratta venticinque casi, tra omicidi o scomparse misteriose, che raccontano la parte più dura di questa città, dal 1874 fino al 2005. Ognuno di loro è stato approfondito senza superare mai i limiti che sfociano nella morbosità. Gli autori hanno attinto dalle cronache e dagli atti giudiziari ed è interessante vedere l’approccio giornalistico e l’impatto sull’opinione pubblica che i casi di omicidio hanno avuto da metà 1800 fino ai giorni nostri. Vengono trattati anche l’attentato del 1980 alla stazione, dove sono morte 85 persone e per questo sono stati condannati gli esecutori materiali, Mambro e Fioravanti eversori di destra. Sette lunghissimi anni, dal 1987 al 1994, di azioni criminose da parte dei poliziotti della Uno bianca, che sono costate la vita a 24 persone e l’omicidio di Marco Biagi del 2002, rivendicato dalle Brigate Rosse-Partito Comunista Combattente, per il quale sono stati condannati in primo grado cinque brigatisti. Michele Serra ha definito Bologna una città “di gomma”, nel bene e nel male, capace di reggere l’urto della violenza. Una violenza attraverso la quale Bagnoli e Dodd ci conducono, sempre descrivendo fatti e citando sentenze, con grande professionalità e obiettività.
Antonio Bagnoli è direttore editoriale della casa editrice Pendragon. Nathalie Anne Dodd ha pubblicato libri che si occupano di benessere abitativo e amante della storia bolognese.
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Il caso Murri rimane un mistero
Antonio Bagnoli
Come è nata l’idea di questo saggio?
Ci è stato “commissionato” dalla casa editrice, che sta pubblicando una serie dedicata ai crimini nelle principali città italiane: finora sono uscite Roma, Milano, Genova, Firenze, Napoli.
Come vi siete divisi lei e Dodd il lavoro di ricerca e documentazione? Come vi siete documentati, (libri, articoli di giornali, atti processuali)?
Libri e giornali quotidiani soprattutto. La divisione è stata totale: metà io metà Nathalie. Poi ci scambiavamo i testi e ce li correggevamo a vicenda.
Leggendo il libro sembra vi siate fatti un’idea ben precisa di ogni processo e che quasi mai coincida con la verità giudiziaria. Mi riferisco al caso Murri, a Cesare Nanni, Mambro e Fioravanti, Ciancabilla.
Non è del tutto vero. Nei casi che mi cita, credo che il caso Murri sia il più evidente in merito a una realtà non ben chiarita (sono stati evidentemente condannati anche degli innocenti); per Cesare Nanni è così, era innocente, Mambro e Fioravanti sono invece, secondo noi, colpevoli mentre per Ciancabilla non sono riuscito a farmi un’idea precisa.
Dei casi raccontati, soprattutto quelli di cui è stato testimone in quanto cittadino di questa città, quale le è risultato più doloroso?
Senza dubbio quello della Uno bianca. Colpisce, in questo caso, la spietatezza, la freddezza e il totale disinteresse alla vita umana dimostrata dagli assassini.
Nathalie Anne Dodd
Come è iniziata la sua collaborazione editoriale con Bagnoli per Bologna criminale?
Conosco Bagnoli in quanto editore della Pendragon e negli anni ho lavorato con la sua casa editrice svolgendo lavori di editoria. Nonostante il mio nome non lo faccia pensare, vivo da sempre a Bologna e mi occupo di questa città, in cui scrivo, ma di cui mi piace scrivere.
Come si è documentata?
Ho passato tante ore alla biblioteca dell’Archiginnasio, la più completa di Bologna per quanto riguarda la documentazione storica. E’ stato interessante consultare i giornali di fine ’800, per rileggere le cronache del “Caso Cavagnati”, la scomparsa di un giudice nel 1874.
Quali sono i casi, trattati nel libro, che l’hanno colpita maggiormente?
Sono stata colpita dall’omicidio di Sara Jay [la bambina di nove anni violentata e uccisa dal convivente della sorella n.d.r.], invece sono rimasta stupita dai particolari dell’omicidio di Virginio Rubini, avvenuto nel 1983, da parte di tre ragazzi di diciannove anni che si sono accaniti con particolare crudeltà e violenza contro Rubini.
Mi ha molto impressionato anche l’omicidio di uno studente di matematica, avvenuto all’interno della Facoltà nel 2005, da parte di un suo compagno di studi.
Ha trattato dei casi dove, secondo lei, è stato condannato un innocente?
I processi fino a metà del secolo scorso erano giudicati avvenimenti spettacolari, dove c’era una grande presa di posizione da parte dell’opinione pubblica. Ad esempio il processo a Cesare Nanni (1908) fu contraddistinto da molte testimonianze contraddittorie tra loro. Gli avvocati, per lo più di ufficio, non seguirono tutto l’iter del processo e questo fu penalizzante per l’imputato.
(Interviste a cura di Simona Mammano)
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