C’è già una prima sentenza, nella causa civile di primo grado, iscritta al n. 36142 del ruolo generale per gli affari contenziosi, tra Aldo Lattanzi (maggiore della Guardia di Finanza ora in congedo) e Rcs Editori (Paolo Mieli, Paolo Foschini, Gianluca Di Feo, Ferruccio De Bortoli), gruppo editoriale l’Espresso, Il Messaggero, Bruno Vespa, Eugenio Scalfari, Ezio Mauro, Francesco Saverio Borrelli, Piercamillo Davigo, Antonio Di Pietro e il brigadiere della Guardia di Finanza Vincenzo Cretella.
Lattanzi, che rivestiva la carica di comandante del Gruppo Guardia di Finanza di La Spezia, era stato tratto in arresto presso il carcere militare di Peschiera del Garda per una ipotesi di concorso in corruzione, contestata dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano.
Successivamente, ritenendosi diffamato dai numerosi articoli stampa comparsi sui maggiori quotidiani nazionali e da un’intervista rilasciata dal brigadiere della Guardia di Finanza Vincenzo Cretella, Lattanzi aveva citato in giudizio numerosi giornalisti e lo stesso Cretella. Nei confronti di quest’ultimo, con molta probabilità c’era stata da parte di Lattanzi una sorta di rivalsa gerarchica per “lesa maestà”, trasformatasi in azione giudiziaria dopo che l’ufficiale aveva anche espresso pesanti giudizi ed apprezzamenti sull’intervista rilasciata da Cretella. Dopo circa due anni di sospenzione cautelare dal servizio, Lattanzi aveva patteggiato una pena di anni uno e mesi dieci, sostenendo di essere stato costretto al cosiddetto “patteggiamento” della pena da una “situazione personale in cui versava”, che, a suo dire, sarebbe stata causata dal prolungato periodo di sospensione dall’impiego e dalla prospettiva di restare in quella determinata situazione per tutta la durata del processo, nei diversi gradi.
Il giudice, dott. Tommaso Sciascia, ha ritenuto fondata la richiesta di alcuni dei giornalisti citati che avevano sollevato - tramite i loro legali di fiducia - un’eccezione di incompetenza territoriale ed ha inviato gli atti al Tribunale di Milano. Quindi per Paolo Mieli, Paolo Foschini, Gianluca Di Feo, Ferruccio De Bortoli ed Rcs Editori Spa saranno i magistrati milanesi a valutare ed a giudicare.
Per quanto concerne tutti gli altri, invece, il Tribunale di Roma ha deciso di rigettare la domanda proposta dal legale dell’ex maggiore Lattanzi nei confronti dei convenuti, adducendo svariate motivazioni perfettamente in linea con la dottrina corrente e l’acclarata giurisprudenza in materia. Inoltre il magistrato ha tenuto a precisare, sempre nell’ambito della sentenza, che “il patteggiamento ottenuto dall’interessato fa intravedere, quanto meno sotto il profilo sostanziale, una chiara ammissione di responsabilità”. “Per quanto diguarda gli articoli relativi alla riammissione in servizio dell’esponente - precisa il dott. Sciascia - si ritiene che anche in questo caso siano stati correttamente esercitati i diritti di cui è titolare la stampa, nella specie il diritto di critica. Tali diritti appaiono qui ulteriormente giustificati dal palese contrasto esistente tra il patteggiamento ottenuto dall’interessato e la sua successiva riammissione in servizio quale ufficiale della Guardia di Finanza, nella stessa posizione precedentemente ricoperta”. Ma non basta e il magistrato, affondando il coltello nella piaga, ricorda che: “In proposito giova ricordare le forti polemiche insorte all’epoca nell’opinione pubblica, le ferme prese di posizione assunte da alcuni importanti esponenti del mondo politico e giudiziario ed infine l’iniziativa legislativa assunta dall’on. Bassanini, ricordata dallo stesso istante (‘Nuove norme in materia di risoluzione del rapporto con i dipendenti pubblici condannati per delitti contro la pubblica amministrazione’)”. E se un ministro moderato, quale era Bassanini, ha preso spunto - così come pare di capire - da alcune vicende giudiziarie, che hanno riguardato alcuni alti ufficiali della Guardia di Finanza, per rivedere, integrare e rafforzare la normativa inerente alla riammissione in servizio dei dipendenti pubblici, significa che molti dovranno riflettere sulla frequenza di determinati episodi nell’ambito di talune amministrazioni pubbliche. A questo punto - dopo che il magistrato aveva accuratamente analizzato la vicenda nel merito - era inevitabile la condanna dell’istante alla rifusione delle spese processuali, che liquida in lire quindici milioni per ciascuna delle parti convenute costituite. Ora non resta altro che chiedersi perché mai il Comando generale della Guardia di Finanza ritenne di dovere riammettere in servizio, nella identica posizione precedentemente ricoperta, l’ufficiale che aveva suscitato così tanto malumore nell’opinione pubblica mentre, poi, si accanisce con inopportuni e spesso illegittimi procedimenti disciplinari di Stato - posti in essere dagli ufficiali responsabili delle strutture periferiche del Corpo - nei confronti di coloro che, senza essere stati mai indagati per l’ipotesi di reato di corruzione, lecitamente manifestano le proprie idee di rinnovamento, di sindacalizzazione e smilitarizzazione delle Fiamme Gialle.
Lorenzo Lorusso
Movimento Finanzieri Democratici
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