Il testo base della riforma della Rappresentanza militare, elaborato dalla Commissione Difesa della Camera, non recepisce appieno le istanze che provengono dalla base e che chiedono che tali organismi non vengano “assoggettati” agli Stati Maggiori
“Il nostro auspicio era quello di arrivare a una rappresentanza militare di tipo sindacale, ma il testo base adottato dalla Commissione Difesa della Camera non recepisce le indicazioni provenienti da Cocer, Coir e Cobar”. C’è delusione in queste parole del maresciallo Pasquale Salvatore, esponente del Cocer della Guardia di Finanza. Delusione e amarezza. Il maresciallo Salvatore, come la stragrande maggioranza degli uomini con le stellette, si aspettava un passo avanti rispetto alla legge 382 del 1978 sulla rappresentanza militare e si ritrova a dovere fare i conti con un progetto che mira a consegnare agli Stati Maggiori gli organismi e a imbavagliare gli eletti. “Rischiamo un regresso - sostiene Salvatore - sia in relazione all’effettivo ruolo negoziale sia, soprattutto, per quanto riguarda il metodo elettivo di Coir e Cocer”. “Una nuova beffa”, commenta amaro Ernesto Pallotta, maresciallo dei Carabinieri e storico animatore dei movimenti democratici in seno all’Arma. Drastico il giudizio del maresciallo Giuseppe Pesciaioli, del Cocer Esercito: “Siamo di fronte a una sentenza di condanna definitiva della rappresentanza”.
Già durante la scorsa legislatura il Parlamento aveva provato a modificare la legge 382, senza riuscirci, per l’opposizione dei Cocer che rivendicavano un netto avanzamento rispetto all’attuale normativa, da tutti ritenuta obsoleta. Tutti d’accordo: carabinieri e finanzieri, soldati e marinai, sottufficiali e ufficiali. E l’intera classe politica. I punti di vista divergono appena si entra nel merito delle modifiche: gli Stati Maggiori invocano una restrizione dei diritti dei militari; la base spera di arrivare a una rappresentanza di tipo sindacale. Anche la politica è divisa: il centrosinistra è più sensibile alle richieste dei Cocer, Coir e Cobar; Rifondazione comunista è per la sindacalizzazione tout court; il centrodestra è quasi totalmente appiattito sulle posizioni degli Stati Maggiori, ad eccezione di Filippo Ascierto, deputato di An ed ex maresciallo dell’Arma, e di alcuni parlamentari dell’Unione di centro. Ascierto ha presentato un disegno di legge, che, pur senza aprire al sindacato, disegna una rappresentanza militare “forte”, espressione della base e libera dai condizionamenti della gerarchia militare. Lo stesso hanno fatto alcuni deputati e senatori dell’Udc, con due distinti ddl. Sulla stessa lunghezza d’onda i Ds, come testimonia l’articolato presentato dai deputati della Quercia (primo firmatario: Marco Minniti).
Il testo base adottato alla Camera ricalca due ddl-fotocopia presentati da Luigi Ramponi (An) e Roberto Lavagnini (Fi), rispettivamente presidente e vice presidente della Commissione Difesa; relatore è Giuseppe Cossiga (Fi), figlio dell’ex presidente della Repubblica. In una lunga intervista pubblicata sul sito internet dell’Associazione Finanzieri, cittadini e solidarietà - Ficiesse (www.ficiesse.org), rispondendo a una domanda sulla divaricazione tra la proposta di Ramponi e Lavagnini e quella di Ascierto, lo stesso Lavagnini l’ha spiegata così: “Io credo che all’interno di An ci siano le due anime: quella di Ramponi, Stato Maggiore; quella di Ascierto, Cocer. Noi stiamo con Ramponi”.
I ventidue articoli del testo Cossiga disegnano “una rappresentanza in posizione di completa soggezione alla gerarchia - sottolinea Giuseppe Fortuna, presidente di Ficiesse ed ex colonnello della Finanza - che accentua, anziché diminuirla, la separatezza tra militari e società civile”. Per capire l’affermazione di Fortuna bisogna sapere che, attualmente, tutti i militari di ogni ordine e grado eleggono i Cobar, che eleggono i Coir, che eleggono i Cocer. L’articolo 13 del testo base, invece, stabilisce che a eleggere Coir e Cocer siano due distinti corpi elettorali: i delegati Cobar e i “rappresentanti dei comandanti” (in numero non superiore ai Cobar). Questi ultimi hanno solo il compito di eleggere Coir e Cocer, poi decadono. Risultato: le gerarchie militari si garantiscono il controllo totale degli organismi di rappresentanza. Ma non basta. La proposta della maggioranza parlamentare prevede che gli eletti possano esprimere le proprie opinioni solo durante le riunioni degli organismi (presieduti dall'ufficiale di grado più alto): basta coi comunicati stampa individuali o, peggio, le interviste. E basta con la libertà di pensiero. Se, poi, qualche delegato dovesse risultare scomodo alle gerarchie, potrà essere trasferito. Anche se ciò dovesse comportarne la decadenza dall’organismo elettivo: basterà il consenso dell’organismo stesso o del ministro.
Serpeggia amarezza e sconforto tra gli operatori della sicurezza e della difesa: si aspettavano il sindacato, rischiano di ritrovarsi il bavaglio. “Gli uomini e le donne con le stellette sono persone speciali, è vero - ammette Fortuna, che le stellette le ha smesse per andare a dirigere l’ufficio ispettivo del Garante della privacy - ma dobbiamo chiedere loro di sacrificare soltanto i diritti davvero incompatibili con la speciale missione affidata. Per il resto, essi devono vivere la democrazia. La devono respirare negli organi di rappresentanza. Devono averla scritta nel dna. Non è pensabile - conclude il presidente di Ficiesse - che ne rimangano esclusi proprio coloro che, per primi, sono chiamati a difenderla”.
Il concetto di democrazia che emerge dal testo Cossiga, invece, è assai relativo, fa il paio con la drastica riduzione di diritti che la maggioranza di governo tenta di operare in tutti i settori della vita pubblica, a partire dall’abolizione dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. “Se l’organismo di rappresentanza si rifiutasse di firmare il contratto di lavoro - spiega il maresciallo Pallotta, fondatore dell’Associazione Unarma e dell’omonima rivista - la firma può essere apposta dal Capo di Stato Maggiore”. Come dire che se i sindacati rifiutassero di firmare il contratto alla Fiat al posto loro potrebbe farlo il direttore del personale dell'azienda. Per Pallotta, quella che si profila all’orizzonte è “una nuova beffa: gli ufficiali, che sono meno del tre per cento dell'intera forza organica, sarebbero rappresentati maggiormente rispetto alle altre categorie”. Insomma, conclude il maresciallo dell’Arma, “rischiamo un passo indietro rispetto alla legge del ’78”. Mastica bile il suo collega dell’Esercito Pesciaioli: “Mi aspettavo una maggiore tutela dei diritti individuali invece si vuole sottomettere i delegati al controllo dei comandanti: fanno finta di dare togliendo”. “Non ci rimane che appellarci alla sensibilità dei parlamentari affinché emendino il testo”, auspica il maresciallo Salvatore.
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