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giugno/2002 - Interviste
Polizie Europee - Francia
Politiche della sicurezza a confronto
di Sebastian Rochè

I problemi della sicurezza interna, della prevenzione e del contrasto ai fenomeni criminali, in Europa, costituiscono ormai da tempo un tema assai complesso e di non facile soluzione. Il “Servizio promozione e sviluppo delle politiche della sicurezza e della Polizia locale” della Regione Emilia-Romagna, ha dedicato il quaderno n. 24 di “Città Sicure” al “Quadro istituzionale e normativo delle politiche di sicurezza (in Europa)”. Di questa ricerca comparata pubblichiamo anche in questo numero il capitolo dedicato alla struttura di Polizia della Francia, uno studio curato da Sebastian Roché e Laure Dumollard

A partire dalla seconda metà del XIX° secolo, le istituzioni in carica hanno cominciato con cautela ad ampliare le competenze e le attribuzioni dei Consigli locali. Il potere locale si delinea veramente in Francia a partire dalla III Repubblica (1870-1939), intorno al Comune e al Dipartimento. Il movimento a favore delle regioni non si è sviluppato che a partire dalla liberazione (1945). Così come oggi si è realizzata, la decentralizzazione non deriva dalla volontà di migliorare l’esercizio del potere, ma piuttosto dal desiderio di rinforzare in Francia l’esercizio della democrazia. Le collettività detengono il potere di eleggere dei rappresentanti che amministreranno in modo autonomo gli affari locali. La decentralizzazione implica dunque la creazione di nuove entità amministrative, che dispongono di una propria personalità giuridica, indipendente da quella dello Stato. La legge del 2 marzo 1982 ha disposto la decentralizzazione in Francia e ha conferito un potere decisionale, ha attribuito delle competenze e ha fissato un sistema di risorse proprie per i Comuni, i Dipartimenti e le Regioni. Bisogna tuttavia notare sin da ora che la sicurezza, che dipende dalla sola autorità del potere centrale, non è nel numero delle competenze che sono state così decentralizzate.
Le 22 Regioni francesi sono amministrate da un Consiglio regionale eletto ogni sei anni con sistema proporzionale. Il Presidente del Consiglio, che ha un mandato di pari durata, è a capo dell’esecutivo regionale. Le Regioni hanno come competenze principali lo sviluppo economico, sociale e culturale, gli interventi in materia di formazione professionale e l’organizzazione e la gestione delle scuole medie inferiori e superiori.
I 95 Dipartimenti francesi sono organizzati sullo stesso modello, con un Consiglio generale eletto per sei anni, il Presidente è a capo dell’esecutivo. Le competenze più importanti dei Consigli generali sono: la sanità, gli interventi sociali, la politica abitativa, l’agricoltura e l’istruzione (segnatamente le scuole medie inferiori) [...]

Il sistema giurisdizionale
La Francia dispone di due diversi ordini giurisdizionali: la giurisdizione giudiziaria e quella amministrativa. Questa divisione tra i due ordini risale alla Rivoluzione francese e deriva indirettamente dal principio della separazione dei poteri. Difatti, all’epoca si riteneva che giudicare l’amministrazione significava svolgere attività di natura amministrativa. Di conseguenza, il giudice non poteva giudicare l’amministrazione senza contravvenire al principio della separazione dei poteri sancita dalle leggi dell’agosto 1790. L’amministrazione diveniva così giudice e parte in causa in caso di contenzioso con un amministrato. Questo sistema di giustizia è determinato con la legge del 24 maggio 1872, quando al Consiglio di Stato francese è stato conferito il potere di giudicare l’amministrazione ed è così divenuto, oltre che organo consultivo del governo, un organo giurisdizionale a pieno titolo. Infatti l’articolo 9 di questa legge dispose: “Il Consiglio di Stato delibera autonomamente sui ricorsi di annullamento per eccesso di potere”. Inoltre il Consiglio di Stato è competente in materia di sicurezza per tutto ciò che riguarda la Polizia amministrativa.
Più vicina ai cittadini, la giurisdizione giudiziaria è composta dalle Preture che nel 1958 hanno sostituito i giudici conciliatori. Tale organo è competente per cause, riguardanti persone e beni, che non superano un certo valore e anche per altre specifiche funzioni. Ha sede in ogni capoluogo di Dipartimento e di arrondissement (che nell’ordinamento amministrativo francese sono delle divizioni dei Dipartimenti). Il Tribunale ordinario di primo grato (Tribunal de Grand Instance) è l’organo giurisdizionale di diritto comune, in materia civile, istituito in ogni Dipartimento. Vi fanno riferimento tre particolari figure di magistrati: il giudice dei minori, il giudice istruttore ed il giudice di sorveglianza sull’esecuzione delle pene. È anche composto al suo interno da giurisdizioni speciali: il Tribunale correzionale ed il Tribunale dei minori. A livello superiore troviamo la Corte d’Appello, il cui ambito di competenza si estende su diversi Dipartimenti, e comprende le sezioni civili e penali (giudice istruttore, Sezione penale di Corte d’Appello e Sezione minorile). Le Corti d’Assise, che sono generalmente collocate negli stessi luoghi delle Corti d’Appello, sono tuttavia completamente indipendenti. Sono composte da magistrati e da una giuria che ha la funzione di giudicare i reati. Infine, la Corte di Cassazione sovrintende all’intera infrastruttura giudiziaria e ha due competenze principali: i ricorsi in cassazione ed i giudizi di revizione (in materia penale). In Francia quindi il diritto penale è una branca del diritto privato [...]

Sicurezza e ordine pubblico
Storicamente, in Francia, i concetti di sûreté e di ordre public anticipano quello di sécurité. I primi sono nati all’epoca in cui si affermava il potere sovrano dello Stato che doveva garantire l’ordine sociale. In grande parte sono stati concettualizzati nel XVIII° secolo, il secolo dei lumi. Per Jean-Jacques Rousseau, nel suo “Contrat social” i contadini hanno accettato di alienare alcune delle loro libertà in cambio della garanzia della sicurezza da parte dello Stato, intesa come pace interna o anche ordine pubblico. [...]
La ricomparsa del concetto di sicurezza nel vocabolario politico è avvenuta a partire dal suo contrario, ossia l’insicurezza, ponendo l’accento sulla percezione di questa mediante l’espressione “sentimento di insicurezza” (è da notare che in Francia il concetto di paura della criminalità non esiste). Fino a poco tempo fa nessuno si preoccupava della sicurezza urbana. Nel 1968, il ministro dell’Interno, Raymond Marcellin, in risposta al tema dell’insicurezza parla di “difesa della Repubblica”. La minaccia dell’ordine politico delle istituzioni della V Repubblica è all’ordine del giorno. E la stessa società in pieno sviluppo economico è sottoposta a violenti attacchi: la “società dei consumi” o la “società dello spettacolo”, per riprendere il titolo di opere famose, vengono poste sotto accusa. Ma, nel 1975, già le cose cambiano. Michel Poniatowski. ministro dell’Interno, dichiara: “io vorrei che il ministero dell’Interno si chiamasse ministero della Sicurezza dei francesi, perché questo è il suo vero nome. Assicura la sicurezza e l’ordine, perché questo rappresenta la libertà di ciascuno, ma la libertà non va solo intesa in senso politico, ma è anche rappresentata, nelle grandi città, dalla possibilità di poter uscire dopo le otto di sera”. Una nuova pagina è aperta. Gli organi di stampa focalizzano la loro attenzione sulla violenza urbana: nel 1946, il giornale Le Monde non aveva alcuna rubrica sulla violenza. L’inversione di tendenza si ha alla fine degli anni sessanta. Nel 1976 Alain Peyrefitte, che presiede in rappresentanza del Primo Ministro un tavolo di lavoro sulla violenza, registra la novità prima di diventare Guardasigilli: “per seguire gli intrecci trasversali della violenza, avevamo bisogno di un filo conduttore. L’abbiamo trovato nel sentimento di insicurezza che si è risvegliato in Francia negli ultimi anni”. Così scrive lo stesso Peyrefitte nell’introduzione al suo rapporto Réponses à la violence, pubblicato nel 1977. [...]
Dopo il 1995, il dibattito pubblico verte sui concetti di “violences urbaines o di incivilités”. In Francia l’espressione “violenza urbana” è entrata nel linguaggio comune. Questa espressione può sembrare ben poco indovinata: dire che ci sono delle violenze, significa essere vaghi e usare il termine “urbana” in una Francia dove più dell’80% della propria popolazione vive in una città non aggiunge certo molto. Presso il ministero dell’Interno, questo termine non rinvia alle categorie utilizzate per registrare gli atti illeciti (si parla di oltraggio a pubblico ufficiale, di omicidio, di furto, di lesioni, ecc.). Tuttavia, la costituzione della sezione “Città e Banlieues” all’interno delle questure rivela una nuova attenzione della Polizia per le questioni sociali. Con il termine “violence urbaine” si vuole essenzialmente descrivere gli atti di violenza qualificabili come azioni contro le istituzioni (lanci di sassi contro le automobili della Polizia durante una sommossa che coinvolge un intero quartiere). Non si tratta dunque di un concetto in senso sociologico. Ma, le nuove informazioni presentate in rapporti più o meno confidenziali non usavano dei termini equivalenti, e furono riprese da alcuni docenti universitari o da consulenti, così che questa espressione si ritrova ora in alcune delle loro pubblicazioni. [...]
Nella sua sola accezione giuridica, l’ordine pubblico permette di definire l’azione della Polizia rappresentando al medesimo tempo lo scopo e la legittimità della stessa. In Francia l’obiettivo (o le finalità) dell’azione della Polizia è fortemente assimilato a quello della Polizia amministrativa. La differenza tra la Polizia amministrativa e la Polizia giudiziaria risale, come accennato, alla Rivoluzione francese e precede la distinzione tra autorità giudiziarie ed amministrative. La distinzione tra le due Polizie si opera con riferimento ad un criterio che tenga conto degli obiettivi, ossia in funzione della natura dell’attività posta in essere. L’esistenza di un’infrazione penale determinerà la necessità di un’azione repressiva affidata alla Polizia giudiziaria. All’infuori di tutte le infrazioni penali previste, la funzione della prevenzione è affidata alla Polizia amministrativa. Questa differenza tra Polizia amministrativa e Polizia giudiziaria ha effetto solo sulla determinazione del Tribunale che sarà competente in caso di procedimento: il Tribunale penale se è interessata la Polizia giudiziaria e il Tribunale amministrativo se è la Polizia amministrativa ad essere coinvolta nel contenzioso. Ma in pratica, sono le stesse Forze dell’ordine che esercitano le due funzioni. [...]
Bisogna distinguere, nel diritto francese, la “sicurezza” e la “sicurezza pubblica”. La sicurezza pubblica ha fatto parte del diritto nazionale fin dalla Rivoluzione francese ed è uno dei tre elementi costitutivi dell’ordine pubblico. Il sindaco è da allora il garante di diritto civile della sicurezza pubblica. Invece, fino a poco tempo fa, la sicurezza era solo una politica pubblica che ha preso vita negli anni Settanta. Certamente il concetto di sicurezza ha direttamente contribuito all’emanazione di alcune leggi, come la legge sulla sicurezza e la libertà del 1981, relativa ai controlli di identità, ma non era un concetto giuridico. Questo concetto ha integrato il diritto francese con la legge del 1995 che lo ha riconosciuto quale diritto fondamentale e ha attribuito allo Stato la competenza esclusiva per porlo in essere. Conviene inoltre distinguere tra la sicurezza e la tutela della sicurezza delle persone e dei beni che del resto è un diritto fondamentale ed ha valore costituzionale, in particolare dopo una decisione della Corte Costituzionale del 1977. La Corte Costituzionale ha riconosciuto a più riprese il principio della tutela delle persone e dei beni come diritto fondamentale. [...]

Competenze in materia di sicurezza
[...] I ministeri che si occupano della sicurezza sono il ministero dell’Interno e della Difesa in quanto responsabili il primo della Polizia nazionale, e il secondo della Gendarmeria nazionale. Ma nessuno dei due dispone di un potere normativo e sono solo i centri direttivi delle due Forze di polizia sopracitate. Tuttavia, esiste un’eccezione dal momento che il ministro dell’Interno detiene un potere normativo in materia di Polizia avente ad oggetto gli stranieri. A questo riguardo, conviene specificare la differenza tra ciò che si definisce, in materia amministrativa, Polizia generale e Polizia specializzata. La Polizia generale è quella dedicata all’ordine pubblico. La Polizia specializzata è quella che il legislatore ha definito come tale. Si distingue dalla Polizia generale perché, innanzitutto, è affidata ad autorità differenti (come nel caso del ministro dell’Interno in materia di Polizia avente ad oggetto gli stranieri). Inoltre è sottoposta a procedure particolari. Infine ha una finalità diversa (che dunque non è il mantenimento dell’ordine pubblico).
Questa distinzione tra l’Interno e la Difesa si spiega con la separazione che esiste in Francia tra l’ambito civile e quello militare, la Gendarmeria è infatti una Forza militare incaricata della difesa della sicurezza pubblica e del mantenimento dell’ordine, mentre la Polizia nazionale è una Forza civile. Infine il terzo ministero che si occupa di sicurezza è il ministero della Giustizia che sanziona gli illeciti per le violazioni di legge. Oggi si assiste ad un allargamento delle competenze in materia di sicurezza ad altri ministeri. Questo riguarda tutti i ministeri a cui non sono affidati compiti di sicurezza, ma che si occupano di organismi che sono preposti alla mancanza di sicurezza. I più importanti ambiti sono l’istruzione nazionale, i trasporti e, ancora, gli istituti per l’alloggio. Questo modo i procedere si inserisce nell’attuale tendenza ad aumentare il numero di attori della sicurezza in uno spirito di collaborazione e coordinamento molto più ampio rispetto al passato. [...]
La ripartizione territoriale delle competenze si fa, in Francia, in funzione della distinzione precedentemente analizzata tra Polizia giudiziaria e Polizia amministrativa.
Il Prefetto, autorità decentrata che rappresenta lo Stato nei Dipartimenti, è al centro dell’organizzazione statale della sicurezza in materia di Polizia amministrativa. L’entità delle sue competenze spiega perché, in numerosissimi Dipartimenti, il Prefetto è assistito da un viceprefetto per la sicurezza. Non bisogna confonderlo con il Prefetto di Polizia che esiste solo a Parigi e che detiene i poteri della Polizia municipale, esercitati in nome del Comune.
Il Prefetto può prendere tutte le misure che travalicano il territorio di un Comune qualora ciò sia necessario per preservare la pace, la sicurezza e la salute pubblica. Ha ugualmente la possibilità di sostituirsi ai sindaci che vengono meno alle loro funzioni e prendere quindi provvedimenti sul territorio di un Comune. Esercita allo stesso modo le sue competenze su tutto il territorio di un Dipartimento, così come sul territorio dei Comuni in cui la Polizia municipale è stata statalizzata. Infatti dopo una legge del 23 aprile 1941, il Consiglio dei Ministri può stabilire un decreto, sentito il Consiglio di Stato, di statalizzare la Polizia municipale. Ciò ha come conseguenza principale il trasferimento della maggior parte delle competenze di Polizia amministrativa dal sindaco al Prefetto. [...]

Sicurezza e prevenzione
Solo lo Stato, in Francia, è competente in materia di sicurezza. Questa competenza gli è stata attribuita dalla legge del 1995, a cui si è già fatto riferimento in precedenza. Questa competenza esclusiva dello Stato può sembrare a priori paradossale se combinata con l’attuale tendenza della legislazione che favorisce lo sviluppo della sicurezza di prossimità. Ma è ormai appurato che lo Stato detiene soprattutto un potere di coordinamento delle politiche pubbliche poste in essere.
Questo non significa, quindi, che tutto viene deciso a Parigi. Infatti esiste da una decina d’anni una nuova tendenza delle politiche pubbliche che favorisce il decentramento territoriale ed amministrativo.
Per quanto riguarda la sicurezza, il decentramento territoriale non comporta l’attribuzione di competenze a microrganismi vicini ai cittadini, ma significa tenere conto delle specificità locali nel prendere le decisioni. Lo Stato resta di conseguenza il solo competente in materia, ma costituisce delle antenne locali per coordinare la sua azione con la realtà della criminalità sul territorio. È così che esistono Polizie locali che hanno, ad esempio, il compito di adeguare i loro interventi al contesto locale, ma che dipendono dalla direzione centrale della Polizia territoriale che è dipendente a sua volta dal ministero dell’Interno. Certamente a livello locale rimangono le competenze dei sindaci in materia di prevenzione, ma dal 1941 un decreto del Consiglio dei Ministri, può prevedere, per i comuni di oltre 10.000 abitanti, di statalizzare la Polizia municipale, ciò comporta come conseguenza che i poteri del sindaco vengano trasferiti al Prefetto e che la Polizia municipale integri quella nazionale. [...]
Le Regioni - La ripartizione delle competenze sul territorio nazionale è realizzata, dunque, a svantaggio della Regione che è di fatto il territorio in cui vengono dislocati alcuni servizi dello Stato, come nel caso del servizio regionale della Polizia giudiziaria (Srpj).
I Dipartimenti - La dipartimentalizzazione consiste nell’introdurre, a livello dei Dipartimenti, servizi decentrati che si occupano della lotta contro la criminalità. Questo comporta soprattutto l’inserimento nei Dipartimenti di servizi di Polizia nazionale. Questo avviene sotto l’autorità del Prefetto. Le nuove strutture che sono state così create dopo l’inizio degli anni Novanta sono infatti incaricate in particolare modo di gestire il personale e i mezzi a disposizione e hanno il compito di migliorare il coordinamento tra i diversi servizi di Polizia.
Bisogna quindi distinguere la mancanza di competenze di Polizia dei Dipartimenti e il fatto che, dopo la legge del 22 luglio 1983, questi ultimi hanno la competenza di diritto comune in materia di politiche sociali. Bisogna quindi considerare che: la politica sociale è fortemente dipartimentale in quanto dipendente dal Consiglio generale; il Consiglio generale non contribuisce molto alla politica urbana (incentrata sulle zone sensibili); la politica penale sfugge completamente alle autorità elette nel Dipartimento.
Le municipalità - L’arrivo al governo della sinistra nel 1997 ha, tuttavia, in parte modificato i dati di riferimento, nella misura in cui la sicurezza, che era una delle priorità del programma del governo Jospin, è l’oggetto di nuove proposte. Al fine di tenere conto dell’evoluzione della delinquenza, il governo ha introdotto delle riforme che di fatto mirano a due obiettivi. Il primo è l’allargamento degli attori coinvolti nella lotta contro la delinquenza. Questo si traduce, in particolare in un ricorso maggiore alla tecnica della contrattualizzazione in ambito organizzativo al fine di agevolare la cooperazione di coloro che sono coinvolti nella lotta alla delinquenza.
Così dal 1997 esistono in Francia i Contratti locali di sicurezza (Cls) ai quali aderiscono i rappresentanti dello Stato, ma anche i sindaci, i membri delle associazioni di quartiere, i rappresentanti dei trasporti pubblici, ecc. Questa trasformazione esercita un’influenza importante sul diritto alla sicurezza in Francia. Fino ad allora, infatti, la disciplina normativa era l’unica fonte legale in materia di Polizia. Non era assolutamente concepibile che lo Stato e le collettività potessero concludere dei contratti in questa materia. Oggi la pratica contrattuale si diffonde sempre di più. I Contratti locali di sicurezza ne rappresentano un buon esempio. Tuttavia la dottrina esprime delle riserve su questi contratti, in particolare perché sono stati istituiti da una circolare e tale atto non è, in generale, un atto decisorio, cioè un atto che possa avere degli effetti giuridici. Ma esiste un altro esempio di contratto chiamato “convenzione di coordinamento”, istituito dalla legge del 15 aprile 1999, di cui si è già parlato. Queste convenzioni, firmate dai sindaci e dai Prefetti, hanno ad oggetto l’approntamento di una cooperazione tra le Polizie municipali, e tra queste ultime e le altre Forze dell’ordine. Certamente queste convenzioni sono concluse tra autorità pubbliche e mirano ad organizzare la gestione della Polizia e non a delegarla, ma dal punto di vista giuridico questa proceduta è assolutamente nuova, se non addirittura rivoluzionaria. Dall’inizio del secolo i giuristi di diritto pubblico hanno considerato l’attività di regolamentazione in materia di Polizia come una manifestazione dell’imperium statale. Questo esclude di fatto qualsiasi possibilità di negoziazione nell’elaborazione di questa disciplina. Ora la negoziazione è inerente al contratto. I giuristi francesi hanno tratto come conseguenza da questa teoria che la materia di Polizia non può mai essere regolamentata attraverso la forma giuridica del contratto e che solo l’atto amministrativo unilaterale, espressione delle prerogative del potere pubblico dello Stato, può servire da supporto giuridico alla regolamentazione in materia di Polizia. [...]

Le Forze di polizia
Ci sono in Francia tre diverse Forze dell’ordine: la Polizia nazionale (120.000 uomini), la Gendarmeria nazionale (100.000 uomini) e la Polizia municipale (15.000 uomini). Bisogna distinguere poi tra le Forze dell’ordine e coloro che detengono il potere decisionale in materia di sicurezza. Per quanto riguarda le competenze delle Forze dell’ordine, bisogna rifarsi sia al loro statuto sia al codice deontologico che regola la Polizia nazionale e quella municipale. Questo codice non si sostituisce allo statuto, ha principalmente uno scopo pedagogico e favorisce la trasparenza nelle relazioni delle Forze dell’ordine con i cittadini.
La Polizia nazionale è posta sotto l’autorità del ministro dell’Interno e, a livello locale, sotto l’autorità dei Prefetti e dei nuovi direttori dei Dipartimenti di Polizia nazionale competenti in materia di sicurezza pubblica, di informazioni generali e di Polizia aeroportuale e di frontiera. La caratteristica principale è la sua eterogeneità, dal momento che è suddivisa in numerosissimi servizi, cosa che pone, in primo luogo, problemi di coordinamento. Dipendono in particolare dal ministero dell’Intero la direzione generale della Polizia nazionale (Dgpn), che anima le direzioni amministrative e i servizi centrali, e l’ispezione generale della Polizia nazionale (Igpn). La Dgpn comprende un gabinetto e diverse unità: l’unità di coordinamento della lotta anti-terrorismo (Uclat), che è nata nel 1884, l’unità di ricerca “assistenza, intervento, deterrenza” (Raid), creata nel 1987 e l’unità di coordinamento dell’azione preventiva. Le direzioni amministrative crescono di importanza nella misura in cui si occupano di elaborare la nuova progettazione sulla modernizzazione della Polizia. A questo scopo, una direzione speciale è stata creata con la legge dell’8 agosto 1985. Tre servizi centrali costituiscono le direzioni attive. La prima è la direzione centrale della Polizia giudiziaria (Dcpj). Si occupa della grande criminalità (racket della prostituzione, crimini e delitti contro la persona, attentati alla sicurezza dello Stato, criminalità economica e finanziaria), è in contatto diretto con l’Interpol, ed infine si occupa della Polizia tecnica e scientifica. Il secondo servizio è la direzione di sorveglianza del territorio (Dst) ed ha un’unica attività: il controspionaggio. Per ultima la direzione centrale della Polizia territoriale nata nel 1992, che ha il compito di mettere in atto la politica di dipartimentalizzazione della Polizia nazionale. Il decentramento di tutti questi servizi amministrativi è organizzato a livello locale sia per quel che riguarda i servizi amministrativi sia per quel che riguarda la Polizia attiva. Le Polizie urbane sono organizzate all’interno dei Dipartimenti, dei distretti e delle circoscrizioni. La Polizia giudiziaria è istituita presso le Regioni (Srpj).
Dopo la legge del 28 settembre 1948, la Polizia è regolata da uno statuto speciale che vincola gli operatori della Polizia ad alcuni obblighi particolari, ma garantisce loro altri vantaggi (sono privati del diritto di sciopero, ma godono di indennità superiori rispetto a quelle degli altri funzionari). Il Codice di procedura penale opera inoltre una distinzione, in materia di Polizia giudiziaria, tra gli ufficiali di Polizia giudiziarai (Opj) e gli agenti di Polizia giudiziaria (Apj). I sindaci, i direttori e vicedirettori, gli ufficiali e gli agenti della Gendarmeria, i controllori generali e i commissari di Polizia nazionale sono tutti di diritto Opj. Ricevono le querele e le denunce, procedono nelle inchieste relative ai crimini ed ai delitti commessi in flagranza e possono decidere sulle misure di restrizione della libertà peronale (più precisamente dovrebbe trattarsi delle misure precautelari di tipo custodiale, ndt).
L’esercizio delle loro competenze è limitato al territorio in cui esercitano abitualmente le loro funzioni. Tutti gli altri membri della Polizia e della Gendarmeria nazionale hanno la qualifica di Apj. I loro poteri sono molto più ridotti, e in pratica, assistono gli Opj e redigono i processi verbali. Si distinguono dai “viceApj”, tra i quali figurano gli operatori della Polizia municipale le cui competenze si riducono alla redazione di rapporti indirizzati ai loro superiori gerarchici.
La Gendarmeria è una forza militare posta sotto l’autorità del ministro della Difesa. Esercita una funzione di Polizia militare, di Polizia amministrativa e di Polizia giudiziaria. È organizzata nell’ambito della direzione generale della Gendarmeria nazionale e dell’Ispettorato generale della Gendarmeria. Comprende alcuni Corpi specializzati come la Guardia repubblicana, la Gendarmeria marittima, la Gendarmeria aerea, dei trasporti aerei o ancora il Nucleo speciale per la sicurezza nucleare. A questi si aggiunge il famoso gruppo d’intervento della Gendarmeria nazionale (Gign). La Gendarmeria ha una organizzazione territoriale che rientra nell’ambito dell’organizzazione generale dell’amministrazione, dalla regione militare al cantone. In ogni Dipartimento è insediato un nucleo di Gendarmeria che si suddivide in compagnie e poi in brigate. Tradizionalmente la Polizia nazionale è radicata nelle città e la Gendarmeria nelle zone rurali, ma queste due Forze dell’ordine sono diventate poco a poco sempre più intercambiabili.
Nell’ottobre 1984, c’erano 5.641 agenti di Polizia municipale ripartiti in 1.748 Comuni, nell’ottobre 1993 sono 10.977 in 2.849 Comuni. 15.000 è il loro numero stimato nel 1998. In 2.839 Comuni si ha una copresenza della Polizia nazionale o della Gendarmeria e della Polizia municipale.
La Polizia municipale è molto cambiata in questi ultimi anni. Le Polizie municipali dal 1941, data a partire dalla quale la maggior parte di esse sono state statalizzate, tendevano ormai a sparire. Poi, con le leggi sul decentramento del 1982, i Comuni che godevano di fatto di una più grande capacità ed autonomia finanziaria si sono dotati sempre più di Polizie municipali. Tutto ciò poneva numerosi problemi poiché dal punto di vista normativo la Polizia è un servizio di cui lo Stato ha il monopolio. Ma la dottrina si è lentamente evoluta su questo punto. Il secondo problema che la Polizia municipale poneva era rappresentato dal fatto che essa viveva in un’area caratterizzata dall’assenza del diritto, dal momento che non c’era nessuno statuto in vigore che la riguardasse. Questa impasse è ormai superata grazie ad una legge dell’aprile 1999 che ha determinato tanto lo statuto che le competenze della Polizia municipale. Questa è e rimane prima di tutto al servizio del sindaco che dispone autonomamente dei poteri normativi in materia di Polizia amministrativa. Possono dunque elevare dei verbali, essenzialmente in materia di sicurezza stradale e procedere ai controlli di identità, soltanto quando si inseriscano in un’azione preventiva e non al fine di effettuare, per esempio delle ricerche di identità. Questa legge è interessante dal momento che riassume abbastanza bene l’attuale politica in tema di sicurezza. Infatti a fianco delle competenze in materia di Polizia amministrativa, la Polizia municipale si è vista attribuire alcune competenze di Polizia giudiziaria. Quindi le politiche pubbliche tendono in primo luogo a non separare più la prevenzione dalla repressione. [...]

Le riforme
I progetti di riforma che attualmente riguardano le Forze dell’ordine sono poco numerosi. Al momento dell’insediamento del nuvo governo di Lionel Jospin, erano tre: uno sulla Polizia municipale, uno sugli istituti di vigilanza privati e infine l’ultimo sulla nuova redistribuzione delle Forze dell’ordine sul territorio nazionale.
Il primo è già entrato in vigore, il secondo non è mai stato depositato sui banchi del Parlamento e il terzo è ancora in fase di studio. In effetti, il Consiglio della sicurezza interna (Conseil de la sécurité interieure), che riunisce i ministri e gli alti funzionari incaricati delle politiche di sicurezza e che è sottoposto all’autorità del Primo ministro, ha disposto, il 27 aprile 1998, il principio della nuova ridistribuzione degli effettivi da allora al 2002. Tuttavia questa decisione non sarà oggetto di alcuna legge, in quanto la Costituzione non lo prevede. Bisogna aggiungere che, nella pratica, questa nuova ridistribuzione delle Forze dell’ordine si rivela molto più delicata di quanto il governo non avesse immaginato e incontra l’ostilità di numerose persone e, in particolare, dell’opinione pubblica, dei rappresentanti politici locali e dei sindacati di Polizia. Gli abitanti dei Comuni e degli altri quartieri interessati non esitano a scendere in strada, spesso guidati dai loro rappresentanti locali (senza dubbio la lobby più influente in Francia), per manifestare il loro malcontento nei confronti di questa politica. I sindacati di Polizia vedono nella nuova distribuzione delle Forze dell’ordine una perdita dei loro territori rispetto alla Gendarmeria (si ricordi che il territorio nazionale è diviso in zone di Polizia e zone della Gendarmeria): essi hanno unito i loro sforzi con i rappresentanti politici locali per bloccare la riforma. È dunque possibile esprimere dei dubbi sulla realizzazione in tempi brevi di questa nuova ridistribuzione delle Forze dell’ordine.
In Francia la Polizia di prossimità è stata presentata come una necessità in modo ricorrente dal 1973. Ma le cifre disponibili mostrano che le parole non sono state seguite dalle riforme sul campo.
Il governo attuale nel 1999 ha lanciato un progetto sperimentale di “fidelizzazione della Polizia nazionale”. Dal settembre 1999, la sperimentazione è stata condotta in 67 zone (che riuniscono 2 milioni e mezzo di persone). Si tratta dell’attestazione della presenza di Polizia nei quartieri poveri dei grandi agglomerati urbani attraverso l’uso della tecnica della divisione in quartieri (îlotage). Ma, invece di destinare a questo scopo gli effettivi disponibili, è assegnata ad un dato quartiere un squadra di Polizia permanente. Il proposito è quello di cambiare la percezione della Polizia nei quartieri, ma anche la percezione che i poliziotti hanno del lavoro di prossimità quasi fosse un’attività di scarso prestigio e rilevanza (un’attività di serie B per la Polizia). Non esistono valutazioni in merito a questa sperimentazione. Le informazioni di cui disponiamo ci fanno ritenere che queste iniziative del ministero dell’Interno siano poco o per nulla articolate con le iniziative prese dalle municipalità.
È in preparazione un piano di ampliamento della Polizia di prossimità che dovrebbe essere attuato tra l’aprile 2000 e il luglio 2002. Il governo insiste sulla “logica del progetto” attraverso la ripartizione della Polizia, dunque ad un livello più ampio dei quartieri. Le zone prioritarie saranno quelle che rispondono a criteri oggettivi in tema di livello di criminalità (sono 26 i Dipartimenti considerati prioritari). Il governo intende proseguire nell’assegnazione di 1.000 poliziotti a compiti di prossimità: questa azione iniziata nel 1999 andrà a beneficio dei 26 dipartimenti prioritari. I 13.000 ausiliari di sicurezza (emplois jeunes) alla fine del 1999, saranno 20.000 alla fine del 2000 e parteciperanno a questa Polizia di prossimità. È inoltre annunciato un piano di formazione del personale alle strategie della Polizia di prossimità che dovrebbe coinvolgere nel 2000 9.000 poliziotti. Sono istituiti degli ufficiali di collegamento della Polizia per agevolare il contatto della Polizia con il proprio territorio di riferimento e con le domande di utenti o clienti. I sindacati di Polizia criticano la scarsità di mezzi destinati a questa riforma e l’utilizzo della Crs (Polizia di mantenimento dell’ordine) nella Polizia di prossimità.
In Francia la caratteristica più evidente di questa organizzazione delle Forze dell’ordine è la sua grandissima eterogeneità. Numerose critiche le sono state rivolte a questo riguardo, contestando la mancanza di coordinamento tra le Forze dell’ordine. Organismi come la Dgpn hanno tuttavia l’obiettivo di agevolare un coordiname.

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