Giuseppe De Matteis valuta i comportamenti dei poliziotti, dei manifestanti e dei magistrati inquirenti: riscontri rigorosi ma oggettivi
L’arresto degli otto poliziotti di Napoli ha provocato reazioni da parte dei sindacati e del mondo politico. Si rischia di creare una frattura fra Polizia e magistratura e tra Polizia e cittadini. È così secondo te?
No, secondo me non è così. Non c’è alcun rischio di frattura né tra Polizia e magistratura, né tra Polizia e cittadini. Le reazioni dei poliziotti, non dei sindacalizzati di Napoli, ma dei poliziotti in genere, è una reazione legittima, giustificata dalla gravità, o meglio da una valutazione sull’opportunità dei provvedimenti adottati dalla magistratura. I poliziotti, fin dall’inizio, hanno protestato non tanto per il provvedimento dell’Autorità giudiziaria, quanto per l’inopportunità degli arresti domiciliari a carico di poliziotti. Questa inopportunità scaturiva dal fatto che le accuse a carico dei poliziotti arrestati venivano essenzialmente da cittadini non estranei ai fatti ma cointeressati. Fa parte dei principi giuridici che qualsiasi fermato, o arrestato o comunque indagato o trattato dalla Polizia di Stato, può tranquillamente rivolgersi, tramite intermediari, alla magistratura e denunciare; soltanto sulla base di questa denuncia e al conseguente contraddittorio si addiviene ad un provvedimento restrittivo. Io sono abbastanza spaventato da un fatto: i manifestanti, i Cobas, che rivendicano libertà di pensiero, di espressione per tutti, abbiano protestato denunciando quei poliziotti che, senza contravvenire ad alcuna norma, hanno voluto rendere palese, in maniera legale e democratica, il proprio dissenso rispetto ad un provvedimento della magistratura. Sono molto preoccupato per questo ed ho paura che stiamo vivendo in un periodo in cui si tenti di rispolverare una metodica di scontri di piazza tra Polizia e manifestanti.
È stato inopportuno, per quanto riguarda il caso Napoli, l’arresto di questi poliziotti?
Non rivendico nessun trattamento particolare per nessun operatore della Polizia di Stato. Questo però pone un problema: non può essere accettato pacificamente il principio che in quanto poliziotto, l’operatore debba essere penalizzato; non può bastare il principio che un poliziotto possa difendersi come qualsiasi altro cittadino. Nei gravissimi fatti di Napoli, la molla che ha fatto scattare il meccanismo è proprio questa: che otto poliziotti sono stati arrestati soltanto sulla base di dichiarazioni di persone che sono state trattate dai poliziotti stessi. È come se io arrestassi un trafficante di cocaina e poi il trafficante di cocaina riferisce al magistrato quello che gli è successo in una sala della questura. Il magistrato deve fare riscontri, accertamenti; deve quanto meno dare al poliziotto la possibilità di dire la sua e vedere se le versioni combaciano oppure no, o comunque cercare riscontri oggettivi. Il gravissimo fatto di Napoli può essere spiegato così: i provvedimenti arrivano oltre un anno dopo, quando tutte le indagini sono state fatte e quindi non c’è nessun pericolo di inquinamento delle prove; arrivano oltre un anno dopo a carico di pubblici ufficiali, che sicuramente non si sarebbero dati latitanti; non è mai successo che un poliziotto si sia reso latitante, anche perchè ci vogliono soldi e difficilmente un poliziotto può permettersi una latitanza. Altro motivo: dal punto di vista prettamente investigativo, mancano riscontri oggettivi diversi tra le dichiarazioni incrociate dei manifestanti. La cosa è particolarmente grave perché già sui fatti di Genova è emerso che alcuni manifestanti (un termine che sto usando impropriamente perché poi si tratta di persone indagate) concordavano le versioni da proporre alla magistratura. Sono stati intercettati e denunciati per questo.
Quindi dal punto di vista tuo e del sindacato, critichi come è stata gestita l’inchiesta da parte dei magistrati?
I provvedimenti delle Autorità giudiziarie, siano inquirenti che giudicanti, vanno eseguiti, diventano immediatamente efficaci, vanno rispettati ma, ove esistono le condizioni necessarie di opportuna perplessità, si possono criticare. Non possiamo stabilire che “non si devono criticare i provvedimenti della magistratura”. I provvedimenti vanno eseguiti, hanno cittadinanza, hanno un’efficacia cogente per tutti, vanno rispettati. Ma ognuno in questo Paese può esprimere il proprio pensiero su qualsiasi provvedimento emanato da qualsiasi istituzione. Guai se non fosse così. Guai se dovessimo accettare supinamente il principio che non si può esprimere la propria opinione su un provvedimento anche della magistratura.
In questo caso quindi, alcuni hanno parlato, magari estremizzando il discorso, di Napoli come prova generale di Genova, come se ci fosse, appunto, una strategia nuova dell’ordine pubblico, basata più sullo scontro piuttosto che sulla gestione, la prevenzione, come eravamo stati abituati negli ultimi vent’anni.
Questo può senz’altro essere. Questo è qualcosa che io intravedo addirittura da prima dei fatti di Napoli, in particolare negli ultimi cinque anni. Mentre negli anni ’70, e ’80, era nata questa esigenza, e si dedicava più spazio alla dialettica che allo scontro frontale, proprio negli ultimi cinque anni c’è stata un’inversione di tendenza, che è cominciata non tanto sulle piazze quanto negli stadi, in occasione dell’ordine pubblico fatto la domenica. E si è scoperto che il lasciar passare è una politica che non sempre paga. Ricordiamo la polemica sugli striscioni agli stadi inneggianti al razzismo; c’è stata una forte polemica perché proprio un governo di centrosinistra ha emanato una norma che obbliga il funzionario di Polizia a intervenire per rimuovere gli striscioni. Cosa che sarebbe stata impensabile dieci anni fa. Però questo è il segnale dei tempi che cambiano. Chiaramente, le più grosse manifestazioni di ordine pubblico degli ultimi cinque anni, sono state Napoli e Genova. Secondo me non c’è stata una strategia a tavolino, c’è stata la confluenza di più fattori. Forse c’è stata un’organizzazione, evidente anche dalle immagini, da parte di alcune frange di manifestanti. È un errore impostare il discorso in questo senso: tutti i manifestanti sono buoni, i black bloc sono cattivi. C’è, appunto, una terza fascia, che è fatta da una zona grigia di manifestanti, che in un certo modo vanno a sostegno e copertura dei black bloc; sarebbero i commandos d’assalto, ecco. Tutta questa confluenza, la politica di intervento da parte delle Forze di polizia e di un’organizzazione armata di alcune frange minoritarie dei manifestanti, hanno prodotto prima Napoli, poi Genova.
Nel futuro ci dobbiamo aspettare cose analoghe a quelle di Napoli e Genova?
Io sono molto pessimista, perché noto, anche da come i mezzi d’informazione hanno trattato Napoli e Genova, che c’è una strategia studiata a tavolino, di inasprire gli animi in occasione di manifestazioni di piazza. Mi spiego meglio. L’acredine con cui i giornali hanno affrontato il problema di Genova prima e di Napoli poi, dovrebbe essere esattamente il contrario e mi fa pensare che ci sia una strategia, studiata a tavolino, che voglia inasprire gli animi per tornare ad una forte movimentazione sulle piazze. Si vogliono inasprire gli animi dei poliziotti e dei cittadini, anche con affermazioni false. All’indomani dei provvedimenti a carico dei poliziotti napoletani, molti giornali hanno riportato la notizia che nell’ordinanza c’era la contestazione di una violenza carnale, consumata in caserma, ai danni di un soggetto maschio e adulto. E questo è falso. Però è stato scritto. Quindi è mancato il meccanismo di controllo; non voglio pensare che un giornalista non vada a verificare quello che scrive, soprattutto se si tratta di quotidiani prestigiosi. D’altra parte, tra le Forze di polizia ci sono sindacati che hanno un’ispirazione di estrema destra, che fanno dichiarazioni allucinanti. Voglio dire, anche nelle Forze di polizia qualcuno sobilla. L’unica cosa che mi sento di escludere per conoscenza diretta è che questa opera venga dai vertici dell’Amministrazione. Qualcuno ha tentato di accreditare che questa protesta, nata spontaneamente, diventasse una protesta contro la magistratura. Questo ci fa malissimo. La protesta di Napoli è una protesta per rivendicare il rispetto dei propri diritti di cittadini anche nei confronti della magistratura, ma non una protesta contro la magistratura. Per questo abbiamo incontrato Cordova, per dire che noi siamo estranei a ogni tentativo di strumentalizzazione; noi abbiamo perplessità sui provvedimenti napoletani. Rispettiamo, con molta serenità, l’opera investigativa dei magistrati di Genova, sui fatti di Genova, però prendiamo atto che a Napoli qualcosa di strano è successo. Nel momento in cui il Procuratore capo Cordova smentisce l’operato di alcuni pm dicendo “io avevo consigliato di non procedere ai provvedimenti restrittivi” indubbiamente è un fatto senz’altro anomalo, stranissimo. E noi ci riteniamo legittimati dalla democrazia, ad esprimere il nostro dissenzo. Questo non vuol dire che siamo contro la magistratura o che siamo di destra. Stiamo semplicemente esprimendo la nostra opinione. Qualcuno ha tentato di farci dire che eravamo di destra e contro la magistratura, e questo qualcuno per noi è un pericolo.
Che cosa ti aspetti dall’inchiesta? Come finirà questa vicenda di Napoli?
Io immagino che molte delle accuse verranno smontate. Non ho perplessità nell’ammettere che sicuramente si sarà verificata qualche anomalia nella Caserma Raniero. Qualche anomalia c’è stata, qualche insulto ci sarà stato, qualche schiaffo sarà volato. Escludo che possa essere accaduta la violenza carnale in una caserma di Polizia; e lo escludo a priori perché questo è un fatto che non trova spazio nel mondo della Polizia di Stato. Oggi, nella Polizia di Stato c’è un livello di cultura e di civiltà, di preparazione, di impegno sociale, che è senz’altro superiore rispetto a quello dei colleghi di trenta anni fa.
(Intervista a cura di Paolo Andruccioli)
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Il Cocer dei Carabinieri
Solidarietà ai funzionari e agli agenti di Polizia di Napoli è venuta anche dal generale Maurizio Scoppa, presidente del Cocer dell’Arma, che ha manifestato la “vicinanza” dei carabinieri ai loro colleghi poliziotti e sottolineato che, “ancora una volta”, sono le Forze dell’ordine a dover rendere conto del loro operato “e non i manifestanti violenti”.
“Fermo restando, come sempre, la fiducia nella magistratura e il rispetto della piena autonomia dello svolgimento delle sue funzioni, esprimo - ha dichiarato Scoppa - la nostra solidarietà a tutto il personale della Polizia di Stato”.
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