I messaggi pubblicitari creano nella nostra mente dei meccanismi decisionali a nostra insaputa. Dietro tutto c’è l’industria e i “persuasori” professionisti che si basano anche sulla psicanalisi
I condizionamenti psicologici dei messaggi pubblicitari agiscono sul nostro comportamento modificandolo al di là di ogni possibile previsione e stima. Il nostro quotidiano è manipolato da stimoli emessi in modo da non renderci conto di quello che ci provocano interiormente e di come agiscono nella nostra mente. Le nostre abitudini, i nostri consumi, le nostre preferenze non rispondono quindi a meccanismi mentali autonomi, personali, bensì a meccanismi che sono condizionati dai creativi della pubblicità, con metodi e tecniche prese a prestito dalla psichiatria, dalla psicoanalisi e dalle scienze sociali.
I messaggi pubblicitari creano nella nostra mente dei meccanismi decisionali e delle procedure comportamentali a nostra insaputa che possono essere definiti come dei fili occulti che ci muovono nelle nostre scelte così come il burattinaio fa muovere con i suoi fili i pupazzi di legno. L’industria multimiliardaria ed i persuasori di professione hanno saccheggiato tutti gli studi della psicoanalisi alla ricerca delle nostre motivazioni inconsce in modo da manipolarle e da creare in noi desideri e bisogni che non ci appartengono, che non sono nostri, ma che dobbiamo soddisfare a tutti i costi. Attualmente questo accade non solo per le merci ed i prodotti industriali, ma anche per le idee, gli ideali, gli atteggiamenti e le emozioni.
Gli studi su questo settore sono iniziati circa cinquanta anni fa, subito dopo la Seconda Guerra Mondiale, quando le industrie avevano bisogno di vendere i loro prodotti inducendo bisogni di consumo fino allora sconosciuti. I pubblicitari sono allora partiti alla ricerca di quali siano le motivazioni ed i bisogni psicologici che inducono le persone ad operare le varie scelte di vita, sia che si parli della salsa di pomodoro che del partito politico che si vorrebbe alla guida del governo. Questi studi hanno confermato l’ipotesi che le scelte delle persone sono determinate, in genere, da fattori di cui non sono consapevoli. Al momento della scelta, dell’acquisto o della preferenza, il consumatore agisce obbedendo ad impulsi emotivi, inconsciamente stimolato da immagini e simboli grafici che nella sua mente si trovano associati, senza saperne come, con il prodotto, il marchio, il logo di una azienda.
A suo tempo, a partire dagli anni ’60, sono stati condotti molti “colloqui in profondità” per capire, con metodi psicoanalitici, a volte di gruppo, quali associazioni mentali le persone effettuano sui vari prodotti, anche quelle più intime e personali. Fu così che si scoprì che molti prodotti avevano una forte risonanza sessuale che bisognava sfruttare per tutti quei prodotti, come i profumi ad esempio, che vengono usati a contatto con il corpo e che possono dare al corpo stesso un significato di tipo erotico. Altri modi per sondare l’effetto dei prodotti sulla psiche, sono stati i test psicologici cosiddetti proiettivi, tipo il “Test di Rorschach” oppure il “Tematic Apperception Test”, in cui vengono dati degli stimoli, delle immagini, delle forme, dei personaggi, che sono ambigue, poco strutturate e che la persona organizzerà mentalmente secondo i propri desideri, i propri conflitti, le proprie preferenze o le proprie ansietà.
Un altro test psicologico che è stato utilizzato in modo particolare dagli psicologici della pubblicità, è il “Test di Frustrazione di Rosenzweig”. In questo test la persona viene invitata a completare (in un fumetto) un dialogo tra vari personaggi in situazioni conflittuali, proiettandovi le proprie problematiche, le paure ed i desideri. Sono test psicologici normalmente adoperati in campo clinico, tuttavia in questo caso la finalità non è arrivare ad una diagnosi, bensì comprendere le motivazioni inconsce che stanno dietro le scelte quotidiane, ed in modo particolare, rispetto ai prodotti della pubblicità.
Un test originale che ha suscitato vivo interesse nei pubblicitari è stato messo a punto dal dr Srondi. Si tratta di porre un soggetto di fronte ad una serie di vari ritratti ed invitarlo a scegliere quale, fra questi, preferirebbe avere accanto in un ipotetico viaggio in treno e quale, al contrario, non lo vorrebbe avere come vicino di posto. Nel test sono adoperate immagini di persone psichicamente disturbate ed il test presuppone che ci sia un collegamento tra il disturbo della persona scelta ed il soggetto che sceglie. Altri test hanno utilizzato metodologie psicofisiologiche, del tipo di quelle utilizzate nella famosa macchina della verità, in grado di cogliere le variazioni fisiologiche, sul respiro, sulla sudorazione, sul battito cardiaco, sulla contrazione dei muscoli, alla vista dei vari prodotti. Anche l’ipnosi è stata utilizzata dai pubblicitari per sondare l’inconscio alla ricerca del motivo per cui un prodotto viene dal consumatore preferito ad un altro simile.
Fra le varie tecniche psicofisiologiche c’è anche il controllo del grado di dilatazione della pupilla, messo a punto in America da uno psicologo di origine tedesca, il dr Eckarth Hess. Egli costruì una macchina in grado di rilevare all’istante il grado di interesse suscitato dall’oggetto che viene ad essere messo a fuoco dall’occhio. Questa macchina fu denominata “pupillometro” in quanto misurava la dilatazione pupillare e quindi il grado di gradimento dell’oggetto guardato: le basi scientifiche di questa macchina risiedevano sull’osservazione che quanto più l’oggetto messo a fuoco dall’occhio incontrava il favore della persona tanto più la pupilla si dilatava. Vale dire: se piace la pupilla si dilata, se non piace la pupilla si restringe.
Nel corso degli anni è imponente la mole di studi e di osservazioni che sono stati raccolti sulle varie tecniche di persuasione pubblicitaria, al punto che oggi, dalla ricerca alla progettazione alla costruzione, tutto ciò che riguarda la produzione industriale viene asservita all’esigenza fondamentale di piacere al pubblico e di stimolare il desiderio dell’acquisto.
Cercando di sistematizzare l’enorme conoscenza accumulata sull’argomento possiamo definire ora alcuni concetti fondamentali che ogni persuasore operante nel marketing pubblicitario dovrebbe seguire. Se si vuole entrare nella mente delle persone è necessario stimolare, in successione: l’attenzione, la percezione, l’interesse, la suggestione.
L’attenzione - Tutto quello che arriva nella nostra mente attraversa la porta iniziale della nostra attenzione, è il nostro modo di ricevere gli stimoli ambientali. Di norma l’attenzione è volontaria, è un deliberato atto di coscienza orientato in modo specifico verso una fonte di stimoli che sono per noi significativi. Nella pubblicità si usa uno stimolo di norma piacevole in modo da attirare la nostra attenzione e veicolarne con questo un altro, associato al primo, che non rientra fra i nostri interessi, ma che diviene per noi automaticamente significativo. Lo stimolo piacevole viene di solito scelto fra gli stimoli che usualmente ci producono emozioni positive: il biscotto della nonna, la bontà della natura, il ricordo del natale, le cure della mamma, i ricordi dell’infanzia, oppure il guadagno, la potenza, il lusso, il benessere. Per ognuno di questi stimoli c’è una emozione positiva risvegliata in noi che si lega poi ad un marchio, un logo, un prodotto. Insomma i pubblicitari sanno che solo risvegliando un nostro piacere possono abbinarci un prodotto che, in questo modo, diventerà automaticamente desiderabile.
La percezione – Attraverso la percezione degli stimoli diveniamo coscienti del significato di ciò che ha attratto la nostra attenzione. Nei messaggi pubblicitari il significato non è evidente, è nascosto, è fra le righe e sarà il nostro inconscio a coglierlo e a produrlo nei nostri bisogni come frutto di una volontà personale. È desiderabile, ad esempio, la pulizia e l’igiene, tuttavia fa vendere di più un prodotto che assicuri anche la freschezza, la bellezza, la sicurezza di piacere.
L’interesse - Quello che entra nella nostra mente non deve rimanere neutro, deve stimolare uno stato emotivo positivo in modo da collegarci uno stimolo affettivo. La pubblicità deve scavalcare la critica razionale del nostro giudizio per collocare un prodotto nell’ambito del piacere fine a se stesso, immotivato ed inspiegabile. Si entra così nel campo irrazionale degli stimoli pubblicitari, quello esaltato dall’interesse che la persona ha per un prodotto senza una sua giustificazione razionale: “mi piace, non so perché, me lo compro!”.
La suggestione - Mentre la persuasione colpisce la razionalità, attraverso un ragionamento, la suggestione colpisce l’emotività, attraverso uno stimolo affettivo, o di piacere o di paura. Sbagliavano i pubblicitari quando scrivevano di un prodotto “compratelo”, elencando tutte le qualità ed i servizi del prodotto. Le persone non accettano comportamenti imposti o comandati, scatta un meccanismo autodifensivo ogni volta che qualcuno ci chiede di fare qualcosa. Oggi i pubblicitari sanno che devono esaltare un prodotto attraverso la promessa di qualcosa di desiderabile, di piacevole e lasciare alla persona di giungere alla conclusione di pensare autonomamente “lo voglio”.
Il migliore messaggio pubblicitario è quindi quello dove viene veicolata una emozione e non una informazione, partendo dall’assunto di base che le persone comprano con il cuore e non con la testa, sia che si tratti di un detersivo che di un ideale sociale.
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Pubblicità ed emisferi cerebrali
I due emisferi cerebrali hanno una differente reazione neurofisiologica al messaggio pubblicitario, tanto televisivo quanto stampato. È noto che l’emisfero sinistro, in un soggetto che normalmente usa la destra, è quello più usato nelle attività intellettuali. Prevale nel parlare, nel leggere, nello scrivere, nel pensare, essendo la sede preferenziale della memoria. L’emisfero destro invece serve per le sensazioni e le impressioni visive, ma avendo a disposizione poca memoria sviluppa in modo particolare l’immaginazione e la creatività. È stata confermata l’ipotesi che se una persona impegna l’emisfero sinistro mentre vede un film, una immagine o un messaggio stampato, sarà in grado di ricordarne il giorno seguente il messaggio pubblicitario che si voleva trasmettere. Non è così se l’emisfero impegnato è prevalentemente l’emisfero destro.
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La psicografia
Ogni esperto pubblicitario conosce la psicografia, cioè la segmentazione della popolazione dei consumatori secondo il profilo psicologico, attraverso un famoso esperimento in cui oltre duemila casalinghe sono state classificate secondo un profilo psicologico. A queste donne sono state rivolte oltre duecento domande sulle loro abitudini ed attitudini, furono anche interrogate sui prodotti che compravano. Un settore di particolare interesse per i pubblicitari è la cura dell’igiene e la paura delle malattie. Molti prodotti vengono confezionati sfruttando la paura delle casalinghe per le malattie ed il bisogno continuo, ossessivo, di pulizia. Questo studio presentava le massaie in sei gruppi, suddividendole secondo la loro paura delle malattie: le ottimiste estroverse, le coscienziose all’erta, le apatiche indifferenti, le indulgenti verso se stesse, le femmine soddisfatte, le ansiose.
Si scoprì che le coscienziose all’erta e le ansiose erano le più sensibili alla pubblicità dei prodotti per l’igiene e la pulizia della casa. Le femmine soddisfatte erano rilassate, serene e poco interessate alla pulizia della casa, così come le innovatrici ed estroverse. Non delle buone clienti quindi per i prodotti inerenti la pulizia della casa. Questo studio ha dimostrato che devono essere messi a punto messaggi pubblicitari diversi a seconda del profilo psicologico delle casalinghe-bersaglio, per cercare di vendere quanti più prodotti possibili.
Profili psicografici simili sono stati tracciati per chi usa collutori, carte di credito, carta igienica fantasia, acqua di colonia, …insomma per tutto ciò che può finire in un centro commerciale.
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La psicoseduzione dei bambini
Negli ultimi anni la televisione è diventata la baby-sitter dei piccoli in età pre-scolare, la compagna quasi inseparabile dei più grandicelli, specialmente se la madre lavora, come è il caso di milioni di donne oggi. È enorme il numero di bambini che hanno la propria televisione in camera ed è notevole la percentuale di loro che rimane davanti al video fino intorno alla mezzanotte. La tv insomma diviene il secondo metodo educativo, dopo quello scolastico. La pubblicità si interessa molto ai bambini, oggi più che mai, in quanto rappresentano la fascia d’età che spende di più o che fa spendere di più. I bambini in età pre-scolastica non colgono la differenza tra la normale programmazione e gli spot pubblicitari. Per i pubblicitari i bambini sono come un “aiuto commesso”, fanno vendere perché insistono con il padre e la madre fino a quando, sfiniti, non li costringono a comprare. Negli Usa esistono molte agenzie pubblicitarie specializzate nel sondare le reazioni dei bambini ai film pubblicitari, ai programmi ed ai prodotti con lo scopo di rendere i bambini i più assidui e zelanti consumatori dei prodotti sponsorizzati dai messaggi pubblicitari diretti verso di loro.
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I “consigli per gli acquisti”
Gli adulti reagiscono in modo diverso verso il suggerimento diretto (imposizione) e quello indiretto (informazione). Generalmente respingono il suggerimento diretto e lo considerano un attacco al loro Io. Il suggerimento indiretto invece evita questo scontro. Nell’informazione pubblicitaria c’è una sostanza, il prodotto, che diviene meno importante della forma, il messaggio: se si vuole che rimanga nella memoria il prodotto bisogna rendere efficace il messaggio.
Il messaggio è efficace quando stimola emozioni positive, ricordi piacevoli, desideri affascinanti. Non funzionano per questo spot violenti, aggressivi, con forti tensioni emotive prodotte. Gli spot efficaci sono rilassanti, tranquillizzanti, evocativi di un immaginario mondo desiderabile. Solo in questo modo il prodotto, la marca, il logo entreranno a far parte dei ricordi piacevoli della persona.
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