Le Forze dell’Ordine hanno svolto e continuano a svolgere un ruolo fondamentale in questa emergenza sanitaria. Tra contagi, traumi e stress: i poliziotti devono essere tutelati.
Prima linea nell'emergenza Covid-19, tutt'altro che terminata, ci sono sempre stati fin dall'inizio della pandemia le lavoratrici e i lavoratori della Polizia di Stato. Si è parlato spesso e giustamente degli sforzi e dell'impegno profusi dai medici e dal personale sanitario, ma l'apporto dei poliziotti e delle altre Forze dell'Ordine è stato ed è fondamentale. Pagando anche un prezzo molto alto dal punto di vista della salute.
Le ultime tabelle epidemiologiche diffuse dal Dipartimento della pubblica sicurezza, aggiornate al 30 luglio 2020, dicono che sono 520 gli operatori della Polizia di Stato positivi al virus, con 3 deceduti. Sono invece ben 3.241 gli agenti con manifestazioni cliniche sospette legate al Covid-19, costantemente monitorati dalla Direzione Centrale di Sanità del Dipartimento della Pubblica Sicurezza. Il Silp Cgil, che oggi è federato con la Uil Polizia e rappresenta oltre 10.000 operatori, si è posto sin dai primi mesi del 2020 l'esigenza di tutelare la salute del personale in divisa, chiedendo una diffusione capillare dei dispositivi di protezione individuale (mascherine e guanti in primis), ottenendo un tavolo di confronto telematico permanente col Capo della Polizia e una responsabilizzazione dei vertici anche a livello territoriale, sostenendo la necessità di orari di lavoro alternati e, laddove possibile, dell'utilizzo dello smartworking, lottando ogni giorno per norme sempre più chiare – in linea con l'evoluzione e la conoscenza del virus – legate alla sicurezza sui luoghi di lavoro. Particolarmente significativo è stato l'ottenimento della polizza di copertura sanitaria per il personale colpito da Covid-19: una richiesta che la Federazione Silp Cgil - Uil Polizia, aveva posto per prima già ad aprile e che oggi è realtà.
I problemi da risolvere sono naturalmente ancora molti: si pensi ad esempio alle fughe dei migranti dai Cara e all'insofferenza di una parte della popolazione – giovane e meno giovane – che dopo mesi di regole ferree e di lockdown mal sopporta controlli e attività di polizia: le aggressioni degli ultimi tempi sono, da questo punto di vista, un segnale non positivo.
In un intervento pubblicato ad aprile su Huffington Post, ancora attualissimo, il Segretario Generale del Silp Cgil Daniele Tissone ricordava come «il coronavirus è destinato a segnare pesantemente la società contemporanea, anche dal punto di vista psicologico. Un aspetto che viene trascurato, ma che ha e avrà ripercussioni (e costi) anche dal punto di vista sociale. L’isolamento obbligatorio, necessario per cercare di contenere questa pandemia, sta deteriorando il quadro cognitivo di molte persone, soprattutto di quelle più fragili che già vivevano-sopravvivevano in contesti deteriorati e difficili.
I media raccontano che è in corso un aumento delle richieste di aiuto a psicologi, psichiatri e psicanalisti con una impennata nell’uso degli psicofarmaci. In un clima come questo, potrebbe tornare ad alimentarsi il senso di sfiducia nelle Istituzioni e anche per chi, come le Forze di Polizia, si trova ad operare in prima linea con i cittadini, potrebbe non essere facile trattare e gestire persone con disturbi di tale natura. Non dobbiamo poi dimenticare proprio le lavoratrici e i lavoratori in divisa, che in un'emergenza eccezionale come quella che stiamo vivendo sono esposti anche dal punto di vista della salute mentale».
Parole che oggi hanno forse anche più valore. Non siamo fuori da questa emergenza, il rischio di una nuova limitazione delle libertà personali a causa della temuta “seconda ondata” è sempre dietro l'angolo, soprattutto se non saremo in grado, ognuno per la propria parte, di avere ed assumere comportamenti responsabili. Non esistono untori: tutti noi possiamo essere vittime e “carnefici” inconsapevoli del Covid-19. Solo il rispetto delle regole, non la loro costante messa in discussione, può salvarci. Diventa quindi ancor più delicato il compito delle Forze dell'Ordine, che restano assieme al personale medico e sanitario un costante punto di riferimento per la popolazione. Ecco perché, come ha ricordato sempre Tissone, non dobbiamo dimenticare che gli sforzi e l’impegno delle donne e degli uomini in divisa costano caro: «Come tutto il personale che lavora nelle emergenze – scrive il Segretario Generale del Silp Cgil –, gli operatori si trovano esposti a forti traumi e stress, sia come cittadini e sia perché “costretti” a fronteggiare una situazione nuova, un virus che ancora non ha vaccini e cure, con le conseguenti preoccupazioni per la propria salute e i propri cari. Il rischio, per i poliziotti, è quello della sintomatologia da stress post-traumatico. Una situazione che può determinare un cortocircuito perché chi è soccorso – il cittadino – non si aspetta che il soccorritore possa avere dei disagi».
Oggi più che mai, quindi, la necessità è quella di continuare a lavorare in sicurezza. Quella sicurezza sul lavoro che, al di là delle fondamentali questioni di salute, resta prioritaria. Un segnale importante potrebbe arrivare, proprio come richiesto recentemente con forza dal sindacato delle divise legato alla Cgil, dalla riapertura delle Scuole di Polizia, al pari di tutti gli istituti scolastici. Con lo stop ai corsi di formazione e all'aggiornamento, le carenze di personale e di organici cominciano a farsi pesanti. Chi ogni giorno lavora in condizioni di emergenza non può essere chiamato a sacrificarsi ulteriormente. La classe politica e il Ministero dell'Interno sono chiamati con urgenza a dare risposte adeguate. Per il benessere dei poliziotti. E soprattutto per la sicurezza e il benessere dei cittadini.
Massimo Montebove
Responsabile Ufficio Comunicazione Silp/CGil
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