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maggio/2002 - Interviste
Polizia/Professionalità
Soprattutto produrre sicurezza
di

Il Coisp (Coordinamento per l’indipendenza sindacale delle Forze di polizia) è piuttosto giovane; infatti è nato nel 1992 per iniziativa di Rachele Schettini, Primo dirigente della Polizia di Stato. In breve tempo ha acquisito consensi e forza rappresentativa, tanto da ottenere, nel 1994, dal Dipartimento della Funzione Pubblica, il riconoscimento di sindacato “maggiormente rappresentativo a livello nazionale”. Sul ruolo e sulla funzione del Coisp abbiamo rivolto alcune domande alla stessa dottoressa Schettini, al dottor Massimo Lattanzi, al dottor Francesco Barresi

Lei dottoressa Schettini, che ha una lunga esperienza di Polizia, può illustrarci alcune iniziative o “battaglie sindacali” che avete intrapreso nei confronti del Dipartimento?
Il Coisp si è reso promotore di un disegno di legge a favore degli Agenti ed Assistenti, per introdurre una selezione per soli titoli al posto dell’assurdo attuale concorso, ai fini del passaggio a vice sovrintendente, che è ancora presente in Parlamento, presentato dall’on.le Pivetti. Nel provvedimento era anche inserito un articolo per istituire il diritto all’alloggio di servizio per i giovani agenti e, nell’ottica dell’abbreviazione dei tempi, il Coisp è stato anche promotore di un referendum nazionale. Dai primi del 2000 il Coisp sta sensibilizzando l’Amministrazione su un progetto denominato "Produrre Sicurezza-Premiare la produttività", finalizzato ad introdurre il principio del riconoscimento delle capacità e dei risultati operativi degli operatori di Polizia che riescono a dare più sicurezza ai cittadini". Tali attività sono supportate, ad esempio, anche attraverso corsi specifici di lingue che promuoviamo in convenzione con svariate scuole, come la Scuola Superiore per Interpreti e Traduttori di via Gregorio VII di Roma, corsi che l’Amministrazione spesso non può avviare per tutto il nostro personale sempre più bisognoso di apprendere nuove lingue, specie in una nuova società come la nostra, multisfaccettata culturalmente parlando.
Dottor Lattanzi, in questo clima di amarezze ed incertezza per il dipendente, ci sono iniziative atte a coinvolgere le cosiddette “nuove leve”?
Sicuramente. Anzi è nato, all'interno del sindacato, il movimento Coisp Giovani, formato dalle giovani leve, cui possono aderire gli operatori di Polizia, di ogni qualifica, fino a 30 anni. La Polizia di Stato, con l'immissione di circa ottomila agenti, cambia volto, vive un ricambio generazionale che non può essere ignorato, anche dal punto di vista culturale, come invece sembra volere l'Amministrazione. C'è inoltre il grave rischio che il nuovo sia risucchiato, appiattito e non riesca a determinare quei cambiamenti interni e quel rinnovamento dell'Amministrazione della pubblica sicurezza che il Coisp da tempo propone ma che tarda a realizzarsi. È il rischio più grave che vogliamo con forza evitare. Cerchiamo allora di dare voce ai protagonisti del cambiamento, ai giovani, guidati dall'esperienza da quei colleghi più anziani, ma che lottano per il medesimo cambiamento. Attraverso la rete che il movimento vuol creare potranno anche assumere un aspetto diverso i rapporti tra agenti, sovrintendenti, ispettori, funzionari, accomunati dalla giovane età e dal programma del sindacato. Il movimento Coisp Giovani si muove all'interno del sindacato, da cui riceve assistenza e supporto, pur mantenendo l'agilità necessaria per essere protagonista e propagatore di idee valide a costruire per gli interessati un migliore futuro professionale nell’Istituzione Polizia. Il Coisp si farà di volta in volta portavoce, presso i responsabili centrali e periferici dei bisogni, delle esigenze, dei diritti violati, delle inadempienze rilevate ed i dati raccolti consentiranno analisi generali sull'inserimento dei giovani all'interno dei vari Uffici e Reparti. Presso tutte le segreterie provinciali Coisp si può chiedere la documentazione per approfondire la conoscenza dell'iniziativa.
Come sindacato tutelate solo i poliziotti o anche altre figure professionali del Dipartimento di Polizia?
Come sindacato non facciamo assolutamente differenze di appartenenza di ruolo o qualifica. Abbiamo costituito ad esempio presso la Segreteria nazionale Coisp il Comitato dei tecnici in Polizia, per seguire con la massima attenzione i vari e complessi problemi del personale appartenente ai ruoli tecnico, tecnico – scientifico e medico della Polizia di Stato. Il Comitato, presieduto dal presidente Coisp Rachele Schettini, è composto dai rappresentanti sindacali appartenenti ai ruoli in argomento. Tutti gli interessati possono rivolgere quesiti e rappresentare problemi ai componenti del Comitato o direttamente alla segreteria nazionale.
Dottor Barresi, da chi è formato, cos’è e di cosa si occupa il vostro Comitato Scientifico?
Il Comitato Scientifico Coisp è formato dal dr. Vincenzo Di Maria, specialista in Diritto penale e criminologia, dal dr. Massimo Lattanzi, psicologo giuridico e dal sottoscritto, sociologo criminologo. Nell'ambito del programma di formazione e specializzazione professionale dell'operatore di Polizia Europeo, voluto da questo sindacato per adeguarci alle altre Forze di polizia del resto d’Europa, il compito del Comitato Scientifico è quello di avvicinare il personale della Polizia di Stato al complesso e variegato campo delle discipline criminologico – forensi ed aggiornarlo in altri campi della cultura e del sapere scientifico, come le lingue, in vista di un'auspicabile aumento del livello qualitativo professionale per una cooperazione Internazionale fra le diverse Forze di polizia. Con queste finalità, sono state e vengono continuamente organizzate dal Comitato Scientifico del Coisp diverse attività scientifico – culturali, tra le quali spicca il corso di Criminologia, Investigazione e Sicurezza, giunto ormai alla quinta edizione e ora denominato corso di Scienze Criminologiche. Il corso è suddiviso in quattro diversi moduli, ognuno con delle specifiche aree di competenza: il primo modulo è denominato “Psicologia dell’emergenza e della sicurezza”, con particolare riferimento alle tematiche della security e dell’intelligence; il secondo, “Criminalistica”, tratta le tematiche care alla Polizia Scientifica e alla medicina legale; il terzo, “Criminologia”, abbraccia la fenomenologia criminosa più nello specifico, come i serial killer e il satanismo criminale; il quarto, “Psicologia Giuridica e Psichiatria Forense”, comprende i temi delle perizie e consulenze in ambito forense. Per ogni modulo, abbiamo previsto poi uno specifico work-shop di approfondimento di due giorni: il primo, “Definizione ed analisi di un problema di sicurezza”, è stato tenuto dal prof. Giovanni Manunta, già docente della Cranfield University e direttore del Security & Risk Studies Institute di Roma; il secondo, “L’esame autoptico”, è stato tenuto dal medico legale del Servizio Polizia Scientifica della Polizia di Stato dr. Antonio Grande; il terzo, “P.N.L. e colloquio criminologico”, è stato tenuto dal dr. Mario Maresca, biologo ed esperto trainer P.N.L., mentre l’ultimo in ordine di tempo, sarà tenuto dal prof. Francesco Bruno, titolare dell’insegnamento di Psicopatologia forense del Dipartimento di Scienze Psichiatriche e Medicina Psicologica dell’Università di Roma “La Sapienza”. Tali iniziative hanno permesso che tutto il Personale della Polizia di Stato potesse accedere e partecipare a siffatti corsi, riservati solamente a laureati. Questi corsi, difatti, nascono proprio con l'intento di avvicinare a tutta quella serie di specifiche nozioni accademiche di sapere scientifico proprie del mondo universitario, anche i colleghi sprovvisti di titolo di studio universitario, i quali si trovano ad essere loro stessi quelli maggiormente coinvolti nel gestire, “in prima linea” sulla strada, emergenze di tipo criminologico. Un plauso lo dobbiamo quindi alle varie cattedre delle varie facoltà universitarie che ci hanno visto coinvolti in questa battaglia contro la non – cultura: vorrei ricordare, oltre ai già citati prof. Francesco Bruno e prof. Giovanni Manunta, il prof. Natale Fusaro criminologo e noto penalista, coordinatore dei corsi post universitari organizzati presso la cattedra del prof. F. Bruno con cui collaboro in qualità di docente esterno, il dr. Ruben De Luca, psicologo criminologo presso l’insegnamento di Criminologia della Facoltà di Psicologia dell’Università “La Sapienza”, che ci hanno aiutato in questi anni.
Mi sembra di capire, dottor Lattanzi, che avete una fitta rete di autorevoli collaborazioni e prestigiosi collaboratori?
Certamente. Anzi, ci sono molti altri che non abbiamo citato, come il prof. Romano Bettini della cattedra di Sociologia del Diritto della Sapienza o il prof. Francesco Sidoti dell’Università degli Studi dell’Aquila o psichiatri come il dr. Paolo Di Pasquale, esperto in perizie sui serial killer nostrani e il dr. Ernesto Leccese, esperto di clinica dei disturbi mentali, o ancora il dr. Marco Strano dell’Istituto di Psichiatria e Psicologia dell’Università Cattolica di Roma. Senza dimenticare l’apporto esperienzale profuso da dirigenti e funzionari della Polizia di Stato quali il 1° dirigente dr. Ruggero Perugini, personaggio ormai storico della criminologia investigativa italiana, per anni a capo dell’Uacv-Unità di Analisi del Crimine Violento e il dr. Amato Fargnoli, direttore tecnico psicologo della stessa unità, ed ancora la dott.ssa Claudia Biscione, psicologo giuridico presso l’insegnamento di Psicologia Giuridica della Facoltà di Psicologia dell’Università “La Sapienza” presieduto dal prof. Gaetano De Leo, con cui stiamo per avviare uno studio sulla psicologia investigativa. Da segnalare anche la sperimentazione di nuove tecniche di intervista per l’ascolto del minore, anche vittima di abusi, intrapresa con l’insegnamento di Psicologia generale della facoltà di Psicologia dell’Università di Padova, nella persona della prof.ssa Adele Cavedon. Per quanto concerne le sperimentazioni, al momento siamo impegnati, in collaborazione con l’Aipc-Associazione Italiana Psicologia e Criminologia, con lo sportello di ascolto telefonico denominato “Stop persecuzione”, dove è avviata una raccolta di dati e casi clinici finalizzata a stilare protocolli di intervento ed a tracciare l’identità vittimologica tipo e il profilo psicologico dell’autore di reato.
Dottor Barresi, per lei la criminologia è una materia fondamentale?
Sì, lo è per il nostro stesso istituto giuridico, che è quello di prevenire e reprimere le varie forme di fattispecie criminose. La criminologia deve farsi carico di favorire quell’assetto professionale che l’avvicini concretamente all’ambito della sicurezza e dell’investigazione mediante attività che, partendo dalla ricerca, approdino alle funzioni didattiche. A nostro parere, non si può prescindere da un’analisi di tipo criminologico all’interno delle Forze di polizia (così come avviene da diversi anni in paesi come la Svizzera, la Germania e l’Inghilterra), che attui quell’opera di prevenzione di cui tanto si è sentito parlare ma di cui molto poco ci si è accorti, permeandola di specifiche strategie di pianificazione, ricerca e monitoraggio, anche di tipo statistico – predittivo. Oggi, purtroppo, per il nostro dicastero fare “analisi” significa solamente inserire qualche dato al computer ed aspettare i risultati. Anche in Uffici che dovrebbero fare della criminologia la scienza madre dalla quale partire per dipanare dubbi su moltissimi delitti irrisolti e basare nuove ipotesi e scenari investigativi per i cosiddetti delitti mostruosi, il computer è il perno sul quale girano pratiche e personale, questo spesse volte improvvisatolo come “esperto” criminologo.
La soluzione?
Una gestione e pianificazione delle risorse umane più attenta, intelligente ed oculata, atta a cercare di recuperare quei dipendenti che potrebbero, per le specifiche competenze anche post universitarie acquisite e maturate fuori dell’Amministrazione, essere impiegati nei settori di competenza o quanto meno in quelli affini. Altrimenti, tanto per rimanere in tema, sarebbe ed è un criminale spreco di potenzialità umane.
(Intervista a cura di Ettore Gerardi)



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Nuove figure

Il progetto per riordino delle carriere della Polizia di Stato, in attuazione della delega prevista dagli artt. 5 e 9 della legge 78/2000, è stato presentato in data 20 maggio 2000 al Ministero, in risposta ad una bozza di proposta consegnata alle organizzazioni sindacali che, a parere del Coisp non soddisfa le aspettative del personale.
Le previsioni di modifiche ordinamentali consentite dalla legge 78 costituiscono, non solo occasione per interventi nell’ordinamento esistente, ma anche possibilità di inquadrare l’intera Polizia di Stato, la sua organizzazione e le risorse umane occorrenti in un’ottica di più ampio respiro che tenga conto del ruolo che l’unica polizia civile a competenza generale, deputata a coordinare le altre polizie, è chiamata a svolgere nella società complessa del terzo millennio. In tale contesto si evidenzia la necessità ed opportunità di rivedere le figure professionali ed i ruoli tecnici e professionali esistenti, e di considerare, quindi anche la possibilità di istituire nuovi ruoli direttivi, consentiti dalla legge delega, per immettere all’interno dell’Istituzione le figure professionali dello psicologo, del sociologo e del medico legale. La figura dello psicologo risulta sempre più necessaria per offrire il necessario sostegno al personale, alla luce di situazioni frequenti di disagio grave, non individuate per tempo e sfociate in fatti anche irreparabili. Può coinvolgere le competenze dello psicologo, unitamente al medico, nella veste di medico del lavoro, anche lo studio analitico, all’interno della Polizia di Stato, sull’esistenza e consistenza del fenomeno del mobbing, e delle conseguenze sui risultati del lavoro che il fenomeno comporta. Ugualmente utile appare la figura del sociologo, supporto della dirigenza, in un’ottica completamente innovata della progettualità della sicurezza sul territorio che i dirigenti, nel quadro di un ruolo di più alto spessore e contenuto, saranno chiamati a individuare e realizzare. Può competere alla figura del sociologo l’avvio di una articolata indagine sul fenomeno del mobbing, all’interno della Polizia di Stato. Tali figure professionali potrebbero confluire e costituire, altresì, un valido supporto nell’attività di investigazione preventiva e repressiva, di intelligence e di tipo criminologico, soprattutto nel settore del trattamento dei minori, vittime o autori di reati, delle indagini sull’eversione terroristica, sui serial killer e sulle sette sataniche, dei reati connessi al fenomeno dell’immigrazione clandestina, etc.. Per ultimo, ma non per importanza, la figura del medico legale, ora venuta meno, inserito nei gabinetti di Polizia scientifica, dotato di quella specializzazione necessaria ad affiancare i funzionari nell’attività di indagine di iniziativa e delegata.

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