Nell’ultimo romanzo di Valerio Varesi ritorna
il commissario Soneri, che questa volta deve combattere su due fronti, e il secondo lo tocca molto da vicino
Oro, incenso e polvere (Frassinelli, 2007, pag. 247, euro 16) è il nuovo romanzo di Valerio Varesi, uscito in concomitanza con la messa in onda di Nebbie e delitti 2, la serie televisiva che ha per protagonista il solitario commissario padano Franco Soneri. Pare strano sentirne il nome, Varesi avrà scritto il suo nome una sola volta in tanti romanzi, per tutti noi e forse anche per il suo creatore, il commissario è solo Soneri. Così lo chiama anche Angela, la sua compagna di sempre.
Ed è proprio la stessa Angela ad aumentare i problemi di Soneri, perché egli, già alle prese con l’omicidio di una misteriosa romena, deve anche attraversare il momento difficile che sta passando la sua compagna. Si rende conto che forse, troppo assorbito dal suo lavoro, il commissario dava per scontata la presenza di Angela accanto a sé e prova una vertigine quando la donna gli confessa di sentirsi attratta da un altro. Chi è, cosa ha di speciale l’uomo che le sta portando via Angela? Contro chi deve misurarsi? Come può riconquistarla?
Con la sua tipica intelligenza, dunque, Soneri inizia a mettersi in discussione, al fine di rinnovare il rapporto con Angela, condividendo con lei anche le sue difficoltà lavorative.
E’ un Soneri più ironico quello che troviamo in questo romanzo, forse combattere su due fronti lo stimola positivamente. La scrittura di Varesi è sempre piena di metafore, che hanno il sapore della terra e ci riconducono ai valori più semplici, Valori che secondo l’autore vanno perdendosi in una società che in mezzo al rumore ha perso anche la capacità di sentire e sentirsi, che ci isola e ci condanna a una progressiva solitudine.
Chi si misura con i romanzi di Varesi acquisisce la capacità di valutare i cambiamenti di questa società, perché i suoi libri offrono gli strumenti necessari.
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“Ora il commissario si racconta”
Che impressione fa vedere ovunque i cartelloni con la pubblicità della serie Nebbie e delitti?
Mi dà una grande soddisfazione perché penso che un po’ del mio lavoro abbia portato a questo risultato.
E' diverso scrivere libri e veder rappresentato qualcosa tratto da questi ultimi, ma è altrettanto vero che la serie televisiva ha mantenuto inalterati i profili dei personaggi e le atmosfere dei miei romanzi e che la critica ha lodato soprattutto queste cose.
Poi sono stati bravissimi i produttori Susanna Bolchi e Aureliano Lalli Persiani a credere in tutto ciò, il regista Riccardo Donna a tradurre in immagini ciò che ha letto di mio e il cast, Luca Barbareschi in testa, a interpretare sulla scena i personaggi.
Credo sia uscito un prodotto che ha più parentele con il buon cinema che con la televisione di oggi.
Quando scrivi i tuoi romanzi pensi che poi ne verrà tratto un film?
No, penso alle storie che ho in testa. Non riesco a scrivere in funzione di qualcosa d'altro che non sia l'ossessione di raccontare quello che ho in mente.
Questo forse è un limite, ma ho bisogno di essere concentrato solo sul momento della scrittura senza essere distratto da altro. E tuttavia questa è la condizione essenziale per poter scrivere qualcosa che mi soddisfi pienamente.
Lo scrittore deve seguire la sua strada che è soprattutto dettata da una necessità estetica. Per questo rispetto molto il lavoro del regista, perché anch’egli sente di dover seguire il suo linguaggio fatto di immagini come il mio è fatto di parole e suoni.
Quanto è cambiato Soneri in questi anni?
Si è evoluto, ha raccontato un po' più di sé e del proprio passato, ha aggiunto spezzoni di vita.
E poi c’è il rapporto con Angela che nell’ultimo libro è entrato in crisi facendogli mancare un punto d’appoggio fondamentale.
Soneri resta comunque un personaggio fondamentalmente disadattato. Il mondo si è evoluto in un modo che a lui non piace. Alle tensioni morali e politiche si sono sostituite le smanie consumistiche e la concezione del mondo solo sotto il profilo utilitaristico-economico. La gente si è imbarbarita ed è divenuta egoista. Perdipiù, a un commissario di Polizia, tocca di affrontare la realtà guardandola dal lato più brutto, quello delle degenerazioni criminali.
Ma le degenerazioni criminali sono il sintomo di una malattia rimasta a lungo asintomatica e poi deflagrata in una manifestazione eclatante. L’interesse per il delitto è quindi un interesse che va ben al di là dell'indagine e si dilata fino a diventare scandaglio di una società che si sbriciola nella violenza sempre più alimentata dal mondo competitivo e spietato dell’oggi.
(Intervista a cura di Simona Mammano)
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