L’ultimo libro di Luigi Pintor è una sorta di diario che abbraccia tre anni, dal 1997 al 1999. Si tratta di pensieri e meditazioni che hanno la forza e l’incisività degli aforismi
“Giano ha cento anni e ha deciso di sedersi sotto un nespolo a contare i giorni senza più cedere alle tentazioni mondane. Gli sembra una decisione assennata e adeguata alle circostanze. Non farà nulla e lascerà vagare i suoi pensieri come nuvole oltre il fogliame. L’estate è una stagione che favorisce questa disposizione d’animo. I castagni e i faggi delle colline sono più ombrosi di un nespolo ma la preferenza di Giano per quest’albero gramo dipende dal fatto che ne aveva uno nel giardino di casa. Tra i suoi rami fioriscono ricordi più gradevoli di tutto il resto...”
Si apre così l’ultimo libro di Luigi Pintor che, dopo aver fatto il deputato nelle liste del Pci, fu radiato dal partito nel 1969. Tra i fondatori del quotidiano “il manifesto” assieme a Rossana Rossanda e Valentino Parlato, da qualche anno si dedica alla letteratura e al genere minore della memorialistica.
Il nespolo (Bollati Boringhieri, pagg. 118, d 9,30) è il titolo del suo ultimo volume. Si tratta di pensieri sparsi, meditazioni che hanno la forza e l’incisività dell’aforisma. Una sorta di diario diviso temporalmente in tre parti o tre anni: 1997, 1998, 1999. Ogni anno scandito dal passare dei mesi, ognuno caratterizzato da una meditazione. Il legame di questi pensieri è temporale: il libro di Pintor è dominato dal problema del rapporto tra tempo della vita e tempo della storia. Questa duplicità temporale rispecchia d’altronde la doppiezza del nome di Giano. Che è rappresentato, nell’iconografia tradizionale come essere bifronte, quindi doppio, duplice, con due facce opposte: una rivolta in avanti e una rivola indietro. Qui, in questo libro, Giano è un vecchio che, avendo ormai trascorso gran parte della propria esistenza, si lascia andare a considerazioni esistenziali alternate a pensieri ancorati alla realtà. Si potrebbe dire che il tempo universale, quello delle stagioni, della natura e quello particolare, dei fatti, degli eventi accaduti nel mondo, si rincorrono, si accostano, si sovrappongono. Ecco alcuni brani.
“Molti dei suoi anni li ha vissuti chiuso in una stanza a scrivere sui giornali contro qualcosa o qualcuno. Era per temperamento e per mestiere un polemista, un bastian contrario come si dice dei bambini indocili. Quel che faceva non serviva a nulla ma a lui sembrava di grande importanza e a quel mestiere rivoluzionario era dedito completamente. Fantasticare o scrivere senza scopo sotto un albero serve invece a fumare meno sigarette”.
“Il mare di Sapri è più chiaro del mare di Trieste ma il litorale è sovrastato da un promontorio dove passa un treno ogni ora. Se il villeggiante è di buon umore il treno lo diverte, entra ed esce fischiando da una galleria come un giocattolo. Se è di cattivo umore non sopporta il fracasso e impreca contro il sistema ferroviario e la pace perduta. Ma il treno che passa è sempre quello e il villeggiante è sempre lui. È la teoria della relatività applicata al sistema nervoso”.
“Il vecchio è consapevole che vivere di ricordi, come si dice, equivale a morire blandamente. Ma così va a finire perché non c’è scelta. Può sembrare un abbandono volontario ed è invece una legge di natura”.
Ancora una volta uno dei padri della sinistra italiana ha scritto un libretto agile e veloce che, nella sua impostazione, richiama alla mente del lettore L’antologia di spoon river.
Massime, sentenze, epigrammi che hanno a volte un gusto didascalico, la pretesa di insegnamento, altre invece la corrosività della denuncia sociale: “Nessuno vuole più migliorare il mondo, tutti vogliono arricchirlo e pensano che sia la stessa cosa. Arricchitevi è il messaggio più diffuso e ascoltato. È un’istigazione a delinquere nobilitata dall’etica protestante, incoraggiata dalla doppia morale cattolica, tutelata dalla legge a tutti gli effetti”.
Il lettore coglie da questo libro un grande pessimismo che rimanda direttamente a quello leopardiano. Del resto sulla quarta di copertina l’autore ha posto una specie di epigramma: “Il male ha una fantasia illimitata”. È come sostenere che il male della natura non ha confini. Si potrebbe anche dire, in altri termini, che la natura matrigna alla fine vince su tutto, il ciclo della nascita e della morte travolge ogni senso della storia. “Ogni tanto il dolore si deposita sul fondo, poi riaffiora per uno stimolo occasionale ma prepotente, poi torna sul fondo. Va su e giù ma non si altera né quando viene in superficie né quando scende in profondità. È il caso di ripetere che il tempo non è un medico sapiente ma un puntiglioso aguzzino che non risana ma infetta...”
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