Il Primo Dirigente Rachele Schettini, presidente del Coisp (Coordinamento per l’Indipendenza Sindacale della Polizia) in questa intervista sottolinea le difficili condizioni della categoria, punto di forza per la gestione delle risorse umane destinate alla sicurezza del Paese.
La finanziaria 2002-2004 ha “dimenticato” di stanziare risorse per i Dirigenti. Il problema degli Ispettori
Si può affermare che, allo stato, il ruolo dei funzionari di Polizia, appare piuttosto mortificato nella sua operatività? In caso affermativo, quali i motivi di questo stato di cose?
Il Coisp da tempo ha focalizzato l’attenzione sul problema dei funzionari di Polizia, sull’importanza di tale figura per l’equilibrio e la gestione di un sistema di risorse umane, particolari, perché destinate alla sicurezza del Paese; già nel 1997 in un pubblico convegno, organizzato dal sindacato, tenutosi a Castiglioncello, stimolammo un dibattito con alti vertici dell’Amministrazione ed esponenti politici sulle cause di un malcontento interno che si palesava all’epoca fortemente, ed accendemmo i fari sui direttivi e dirigenti della Polizia di Stato, considerati da noi il motore del cambiamento, purché messi in condizione di esercitare quel ruolo di guida, indispensabile a realizzare il rinnovamento dell’intera struttura.
Le condizioni dei funzionari, già mostravano, cinque anni or sono, segnali di difficoltà che, lungi dal regredire, negli anni a seguire si sono poi sempre più approfonditi. Ne discutemmo in quella sede, con forti messaggi per un rilancio della figura del funzionario perché gli appartenenti alla Polizia di Stato reclamavano, e reclamano, dirigenti sereni, soddisfatti, orgogliosi della loro funzione, che sappiano coinvolgerli nella programmazione e realizzazione degli obiettivi.
Non è vero che il personale non vuole essere guidato, al contrario, non vuole essere abbandonato!
L’appello cadde nel vuoto, negli anni a seguire il malessere della categoria è cresciuto in modo esponenziale, alimentato da una disattenzione soprattutto politica inspiegabile, ma sempre più accentuata, fino a giungere al fatidico anno 2000, allorché il Parlamento predispone e poi vara la legge 78, che ha determinato una frattura tra la Polizia, nell’espressione dei suoi quadri più alti ed il resto di tutta la pubblica dirigenza.
I funzionari prefettizi collocati, per i contenuti delle loro funzioni, in un’unica carriera dirigenziale con tre qualifiche, ed inseriti in un’area contrattuale speciale, unitamente ai diplomatici; i funzionari di Polizia, i cui compiti non rivestono certamente contenuto qualitativo inferiore, schiacciati, invece, dal legislatore su obsoleti schemi di tipo militare, senza alcuna proiezione futura, privati anche della tutela contrattuale.
Fuori, quindi, dal quadro pubblico generale. Un paradosso avvalorato oggi dal governo e dal Parlamento, che nel predisporre ed approvare la legge finanziaria 2002-2004, si sono completamente dimenticati di stanziare le risorse per gli aumenti stipendiali ai dirigenti delle Forze di polizia.
Davvero un brutto momento per la Polizia di Stato quello del varo della legge 78: alla mortificazione subita dai funzionari fecero da contraltare il riconoscimento del rango di Quarta Forza Armata all’Arma dei Carabinieri e gli esclusivi maggiori poteri in materia di polizia militare ad essa riconosciuta.
In quell’occasione fu per fortuna salvato l’impianto, anch’esso in bilico, dell’Amministrazione della pubblica sicurezza in capo al Dipartimento della Ps per l’attuazione della politica dell’ordine e della sicurezza pubblica ed il coordinamento tecnico-operativo delle Forze di polizia.
È vero, come si sostiene da più parti, che si sta verificando una sorta di fuga dei funzionari di Polizia che chiedono di transitare in altre Amministrazioni dello Stato?
È dalla richiamata legge 78 del 2000 che scaturisce, per i funzionari di Polizia, la successiva possibilità di esodo in altre pubbliche amministrazioni.
Sull’esodo si è purtroppo innestata una improvvida, a nostro avviso, campagna di vittimismo incentivante a fuggire ed abbandonare il campo, portata avanti da qualche organizzazione sindacale, che ha sollecitato alla fuga anche persone non molto convinte, tanto che hanno poi chiesto di ritornare. Il vittimismo non è mai pagante. Può esserlo, invece, la ricerca, con orgoglio e determinazione, dell’affermazione del proprio ruolo. Su tale strada stiamo cercando di condurre la nostra azione.
Il numero dei funzionari transitati in altri pubblici uffici non è poi così alto, poco più di cento, anche se restano fermi i gravi motivi del loro malessere.
Identità, funzioni, serenità economica sono le tre principali direttrici su cui costruire anche per la realizzazione di una Polizia di Stato in grado di affrontare con spirito e metodi nuovi, direi anche senza precedenti, le sfide alla sicurezza che, in questi anni 2000, si sono presentate in modo abbastanza prorompente.
Sappiamo tutti che non c’è modello organizzativo che si realizzi senza lo spirito partecipativo degli uomini che ne sono destinatari!
Bisogna allora incominciare a motivare prima coloro che hanno le maggiori responsabilità, perché ritrovino l’identità affievolita e l’orgoglio dell’appartenenza.
Una identità entrata fortemente in crisi, allorquando il Parlamento ha esaltato la militarità dell’Arma dei Carabinieri ed ha ridisegnato in modo chiaro ed inequivocabile la figura dei prefettizi, separandone le sorti da quelle dei funzionari di Polizia.
Il riordino della carriera prefettizia, attuato nel momento in cui si andava caratterizzando uno Stato fortemente decentrato con l’insito rischio di un affievolimento del ruolo del prefetto, ha invece consolidato tale organo, messo a capo dei nuovi Uffici territoriali del governo, come indispensabile anello di congiunzione tra lo Stato e le autonomie locali.
Anche se la figura del questore, non da meno, al di fuori delle altre numerose competenze mantiene e forse accentua (in uno Stato che va verso il federalismo) la sua pregnante esclusiva prerogativa di garante dell’ordine democratico e quindi della pacifica convivenza: l’attenzione del legislatore è stata piuttosto tiepida e deludente... Chi non ricorda come, davanti alla Commissione parlamentare di inchiesta sui fatti di Genova, sia stata sottolineata proprio dai vertici delle altre Forze di polizia, tale unica responsabilità in capo al questore?
Ordine e sicurezza pubblica, esclusività di responsabilità e funzioni per i funzionari di Polizia, che legittimano, anzi reclamano la rivalutazione di tali importanti figure istituzionali.
I funzionari di Polizia, soggetti pubblici civili con funzioni di alta responsabilità soprattutto nei confronti della società civile, non possono continuare a vivere in un’atmosfera lunare, disconosciuti dal movimento di innovazione della dirigenza pubblica e quindi senza identità.
Anche perché tale rivalutazione comporta conseguenzialmente quella delle altre figure professionali della Polizia di Stato, di qualifica inferiore, ma non di minore importanza nel quadro dei compiti istituzionali.
Il ministro dell’Interno ha tracciato le priorità per l’anno 2002: criminalità diffusa, prostituzione, immigrazione, racket, terrorismo internazionale. La gente reclama tranquillità sociale, sicurezza per la strada e nelle case e la Polizia è in prima linea su tali fronti.
Gli obiettivi enunciati in sede politica, fissati operativamente dal Capo della Polizia, vanno poi assunti come propri dai questori che, dopo le necessarie valutazioni in seno ai Comitati provinciali per ordine e sicurezza pubblica, devono saper anche assumere ed attuare altri obiettivi, legati alla sicurezza del territorio di competenza, ben chiari, specifici e resi noti alla collettività.
La responsabilità degli obiettivi rimane del questore e dei funzionari di pubblica sicurezza, il coinvolgimento è di tutte le Forze di polizia e nella misura in cui essi si realizzeranno sta la valutazione delle capacità dirigenziali.
È questo il modello di sicurezza che noi prefiguriamo, non solo sulla carta, come spesso avviene, ma nella realtà di tutti i giorni.
Il progetto di legge, che prevede l’inquadramento nel ruolo dei Commissari della Polizia di Stato, dei dipendenti in possesso del diploma di laurea in Giurisprudenza o Scienze Politiche, potrà (se diverrà legge) rivitalizzare il ruolo dei funzionari oggi abbastanza impoverito?
Ho leggo la proposta, sostenuta da operatori di Polizia forniti di specifico diploma di laurea e di un cursus di esperienze professionali acquisite nel servizio operativo di tutti i giorni, finalizzata all’istituzione di un accesso di tale personale al ruolo dei funzionari, dall’interno e con forme più agili di selezione. Ritengo che l’aspirazione sia giusta e che l’Amministrazione non debba soffocare patrimoni di cultura e professionalità che già esistono al nostro interno.
Vorrei al riguardo rammentare che già nell’ultimo riordino, grazie anche al nostro forte interessamento, abbiamo ottenuto l’inserimento a regime di concorsi interni riservati al personale laureato. La norma andrebbe quindi solo ampliata e migliorata.
Il tutto, tuttavia, a nostro avviso, riconduce alla necessità, da noi ufficialmente rappresentata, di ritoccare il riordino delle carriere, sia per quanto riguarda quella dei funzionari, perché venga loro riconosciuto l’assetto già definito per tutto il pubblico impiego e quindi anche per i prefettizi, sia per l’affermazione della identità per un’altra categoria, non meno importante di quella dei funzionari: gli ispettori di Polizia. Per troppi anni, anche su tale figura si sono trascinate polemiche e querelle, è stato alimentato un ulteriore scontro tra funzionari ed ispettori, deleterio per gli uni e gli altri, che ha lasciato sul campo solo conflitti e nessun vincitore, annullando del tutto un valore interno, per noi invece indispensabile: quello della solidarietà.
La figura dell’ispettore di Polizia ha vissuto, dal 1981 ad oggi un percorso a ritroso, quindi antistorico, rispetto ad equipollenti categorie di tutti i settori pubblici.
L’originaria qualificazione di investigatore, invece di essere esaltata con il tempo fino a trasformarsi in un vero e proprio ruolo degli investigatori, sul modello di altri paesi europei, capace di consentire la piena realizzazione di quelle funzioni direttive più volte e giustamente rivendicate, è stata di fatto, invece annullata.
Lo schiacciamento della categoria sulla generalità delle funzioni ha determinato la conflittualità con i funzionari, poi strumentalmente attizzata ed utilizzata.
Il traguardo, stentato, quasi strappato, del “ruolo speciale”, del quale peraltro il Coisp non ha mai espresso entusiasmo, si è tradotto nell’ennesimo fallimento e gli interessati si sentono ancora una volta traditi nelle loro aspettative.
La tesi da noi avanzata, non ora, ma fin dal profilarsi del riordino del 2000, nel prevedere un ruolo dirigenziale per tutti i funzionari, individua il ruolo direttivo ordinario, non speciale, come naturale confluenza, su criteri di meritocrazia e professionalità, della qualifica apicale degli ispettori. Come del resto già avvenuto per tutte le omologhe carriere dei vari settori pubblici, ivi compreso quello dell’Amministrazione civile dell’Interno.
Nel corso di un altro convegno tenuto sulla questione, nel gennaio scorso, presso la Camera dei Deputati, abbiamo ribadito al governo ed al Parlamento che i giochi non possono essere considerati chiusi.
L’Amministrazione della Ps sta riorganizzando sé stessa e, prima che il processo si completi, occorre che vengano corrette le negatività rappresentate.
Un atto di coraggio, da parte di quanti hanno responsabilità per la sicurezza del Paese.
(Intervista a cura di Ettore Gerardi)
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