A parte le organizzazioni criminali che “vendono” i fanciulli per incontri sessuali (dai quali vengono tratti poi filmini hard) sempre più spesso questo odioso crimine viene consumato all’interno dell’ambito familiare
Negli ultimi anni il lavoro della Polizia Postale è aumentato, soprattutto si è dovuto adeguare a un nuovo tipo di reato, quello del “pedofilo informatico”.
Dal 1998, anno in cui è stata varata la legge 269 contro i reati sessuali commessi nei confronti di minori, all’interno della Polizia Postale sono state istituite squadre capaci di combattere la pedofilia su internet. Il lavoro dei poliziotti è quello di navigare in rete, cercare, individuare e quindi controllare coloro che attraverso siti web, news group e chat-line divulgano materiale pornografico dove i protagonisti sono minori.
E’ un lavoro che deve essere svolto con le Procure e la collaborazione delle Polizie straniere quando le indagini conducono all’estero. Anche se negli ultimi anni sono state varate leggi efficaci che tutelano i minori, ci chiediamo cosa non funziona. Le strutture che devono sostenere quelle investigative, come i servizi sociali, sono spesso insufficienti, forse anche per mancanza di personale o forse anche per l’eccessiva burocratizzazione che tende ad allungare i tempi.
Prima di analizzare chi sia il pedofilo che utilizza internet, dobbiamo pensare che dietro a tutto questo c’è una rete malavitosa che procura i minori, li sottomette psicologicamente per poi costringerli a prostituirsi e a filmare i loro “incontri”. Per quanto atroce possa sembrarci, talvolta i bambini vengono rapiti per essere ripresi mentre vengono sottoposti a torture che li conducono alla morte. La criminalità organizzata si muove puntualmente dove c’è l’affare: il turismo sessuale e il commercio del materiale pedo-pornografico diventano, quindi, un affare per le organizzazioni criminali.
Esiste un identikit del pedofilo? Ci piacerebbe che fosse facilmente individuabile, così potremmo smettere di allontanare dalla nostra coscienza, con una comoda rimozione, un problema così imponente e in crescita come quello della violenza sui minori.
Non è comodo pensare che chiunque, anche il famoso libero professionista, il prete, un nostro parente possa essere colui che commette tali atrocità. È per questo effetto di “rimozione sociale” che i pedofili riescono a vivere con tranquillità la loro vita, senza che neanche le persone a loro più vicine sospettino nulla.
Le statistiche ci spiegano che molto spesso è all’interno delle mura familiari che si consuma la violenza, proprio dove siamo più tranquilli, dove pensiamo che il male non possa infiltrarsi. In questi casi la scuola, per mezzo degli insegnanti, svolge un lavoro molto prezioso, perché laddove non vi è coinvolgimento emotivo, si riescono a individuare i segnali che il bambino violato inevitabilmente manda.
Un episodio sconcertante avvenuto a Bologna lo scorso anno, ha visto come protagonista una famiglia dove, un ragazzo di 25 anni ha violentato, ucciso e nascosto per un giorno il cadavere della sorella della propria convivente. La bambina aveva appena nove anni.
Nel 2000, a Roma, una mamma si è improvvisata investigatore e ha portato le prove che hanno fatto arrestare una banda di pedofili. La donna aveva notato dei profondi cambiamenti nel comportamento del figlio di appena 11 anni. Il ragazzo aveva iniziato a fumare, a rientrare tardi la notte senza spiegare dove e con chi andasse. Dopo mesi di indagine, la madre scoprì che il figlio aveva una relazione omosessuale con un uomo di 39 anni che frequentava la loro casa. Questa persona costringeva il ragazzo ad avere rapporti sessuali “a pagamento” con uno stimatissimo medico.
Intervistata da un settimanale ha asserito: “Se parlo con un grande giornale è perché spero qualcuno possa fare tesoro della nostra esperienza. Bisogna rendersi conto che il pericolo per i bambini viene da dove meno te lo aspetti. Da dentro la cerchia delle conoscenze. Dal vicino, da uno zio, dall’amico. Allora dico a tutti i padri e le madri: parlate con i vostri figli, cercate di capirli. Queste cose non possono passare inosservate agli occhi di un genitore attento”.
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