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marzo/2002 - Interviste
Contributi
Bombolette antiaggressione: perché no?
di Roberto R. Di Prima

Ho letto, nel numero di giugno, l’articolo di Carlo Bernardi “Quando la donna sa difendersi”, dove viene riportato, tra l’altro, il risultato di una indagine sulla sicurezza dei cittadini eseguita nel 1998 dal professor Barbagli, ordinario di sociologia all’Università di Bologna. Dallo studio emerge che la percentuale delle donne che ha paura supera nettamente quella degli uomini e che tra le motivazioni prevale la seguente: “perché le donne corrono un rischio che gli uomini non conoscono: quello delle molestie e delle violenze sessuali”. Sono cose ben note e mi sarei aspettato che il professore avesse chiesto alle donne intervistate quali suggerimenti avessero per una migliore difesa personale.
Per parte mia, quale presidente di una Associazione Donatori Sangue, a gennaio scorso ho concluso una ricerca in tale direzione, svolta tra le associate: ebbene, avendo ben presente che le donne si avvicinano alla donazione del sangue senza alcuna paura a differenza della maggior parte degli uomini, sono emerse alcune indicazioni: una è quella della richiesta di una maggior presenza, in strada, delle Forze di polizia, con speciale riferimento alla auspicata istituzione del “poliziotto di quartiere”; un’altra è proprio quella indicata nell’articolo di Carlo Bernardi, e cioè l’apprendimento di arti marziali che deve essere agevolato e sovvenzionato dalle Istituzioni locali; l’ultima è quella di permettere in Italia l’acquisto e la detenzione di bombolette spray contenenti gas semiparalizzanti, oggi vietato dalla normativa vigente. Infatti in Italia il porto di bombolette contenente gas semiparalizzanti rientra nella fattispecie disciplinata dall’art. 699 del Codice penale. Quindi chiunque porta con sé, fuori della propria abitazione, una di queste bombolette, incorre nel reato di porto abusivo di armi (pretura di Padova, 16 febbraio 1994) e rischia una non lieve pena detentiva, poiché le pene originariamente previste dal Codice penale sono state prima raddoppiate e poi triplicate con successivi interventi legislativi (legge 2 ottobre 1967, n. 895 e legge 14 ottobre 1974, n. 497).
In alcuni Paesi stranieri, invece, queste bombolette antiaggressione possono essere vendute e acquistate liberamente senza alcuna autorizzazione ed il relativo porto è libero. In questi Paesi il legislatore, pur configurando tali congegni come armi, ne riconosce la prevalente natura difensiva, sminuendone il lato offensivo. In particolare, in Francia l’acquisto e la detenzione di bombolette antiaggressione da parte di persone maggiori di età sono liberi. Infatti il decreto 95/589 del 6 maggio 1995 ricomprende esplicitamente, tra le categorie di armi il cui acquisto e detenzione sono liberi, le bombolette che emettono gas inabilitante o lacrimogeno.
In Italia manca una legge che regoli espressamente la materia. Si potrebbe seguire l’esempio francese disciplinando l’acquisto e la detenzione di questi tipi di spray. il cui carattere è prevalentemente difensivo, poiché il gas emesso non lascia danni permanenti: in tal senso l’Associazione da me presieduta ha fatto pervenire ad alcuni parlamentari una proposta di legge che così si esprime: “Sono liberi, per i soggetti maggiorenni, l’acquisto, la detenzione e l’eventuale uso per difesa personale, di bombolette spray contenenti gas inabilitante o lacrimogeno; per i soggetti tra i 16 e i 18 anni occorre l’autorizzazione di chi esercita la patria potestà. All’atto dell’acquisto è necessario autocertificare l’assenza di precedenti penali. Se la perpetrazione di un reato avviene mediante l’uso dei suddetti congegni, la pena viene aumentata”.
Roberto R. Di Prima

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