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marzo/2002 - Interviste
Contributi
Lettera al Questore di Roma
di Giuseppe Romeo

Signor Questore di Roma si parla di Polizia di prossimità o poliziotto di quartiere; mi sono chiesto cosa è questa prossimità.
Consultando il dizionario riporta: l’essere prossimo, vicino nelle distanze.
Quindi il commissariato deve essere vicino al cittadino ovvero il cittadino vicino al Commissariato, non si può far diversamente da queste due prospettive.
Ci sono i commissariati? Sì, bene. Il cittadino come li usa? Male, perché? Per via delle competenze territoriali non loro.
Sì la competenza o suddivisione territoriale affidate ad un suo commissariato. Ottima cosa, se rispondesse alla logica di un’equa ripartizione territoriale, dove il posto di Polizia sia al centro di un territorio. Imitando la saggia natura, una buona ragnatela, dove ogni periferia non è periferica alle altre.
Nella realtà è così? No, e non m’interessa sapere il perché, la suddivisione è costruita con tali squilibri che portano all’incunearsi dell’uno dentro l’altro dei vari distretti. Si giunge al paradosso del cittadino che dal suo terrazzo vede il tricolore (povero lui in queste condizioni) dell’edificio in questione, dove non può accedervi per le sue esigenze di cittadino in quanto il suo territoriale dista km da casa. Mi riferisco a realtà cittadine e non luoghi fuori del Grande Raccordo Anulare di Roma.
Vediamo cosa comporta una pessima distribuzione prima dal punto di vista del cittadino e dopo dell’operatore su strada.
L’utente per tutte le sue incombenze, amministrative, giudiziarie, oltre al normale tempo impiegato per espletare tali cose, si sobbarca un aggravio di tempo perso in lunghi viaggi, disagevoli sia con i mezzi privati sia pubblici, disagevole sia per il giovane sia per l’anziano.
Una parte lesa che ne denuncia il reato, chiedendo il sopralluogo nel proprio appartamento per il constatamento del danno, vede l’arrivo della pattuglia, dopo ore, necessarie all’attraversamento di mezza città, dopo di che la beffa dell’invito a sporgere la denuncia negli uffici posti in luoghi lontanissimi. Il cittadino non ha potuto usufruire della vera prossimità di colleghi in vicinanza ma non competenti territorialmente.
L’operatore per vigilare un territorio mal distribuito, perde più tempo del necessario, minor conoscenza quindi di esso. Avvilimento nel compiere lunghi tratti per un sopralluogo, con la certezza di non trovare nessuno nei paraggi. Sentire la rabbia del cittadino che chiede almeno la vicinanza, è più rassicurante il giungere subito alle loro chiamate che prendere il reo dopo giorni.
Avere la rabbia in corpo sentendo la sala operativa chiamare colleghi che sono lontani dal luogo e non poter andarci, essendo fuori zona anche se si è vicini dalla chiamata.
Al Signor Questore due consigli.
Il primo più immediato e fattibile subito: prendere una cartina metropolitana, evidenziare dove sono dislocati i vari commissariati, vedere con un righello, assegnando ogni via al commissariato più vicino; in parole povere ridisegnare il territori con logica e razionalità.
Il secondo di concerto con il Ministero: dove vi fossero degli edifici della Polizia di Stato (Specialità, Reparti, Logistica, ecc.) o del Ministero stesso (Caserme dei Vigili del fuoco, Protezione Civile, ecc.), dislocati lontano da qualsiasi commissariato, dotiamoli di pochi uffici essenziali (Amministrativa, denuncie), inserendo delle pattuglie. Si è creata così la Polizia di prossimità, con pochi investimenti, per un controllo reale del territorio, dove il cittadino vede materialmente la divisa senza dover fare chilometri.
Distinti saluti.
Giuseppe Romeo

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