Essere poliziotti a Napoli oggi: è dura, veramente dura. Mille e mille problemi, di tutti i tipi, di tutte le specie. Certamente il problema della consumazione dei pasti può essere definito il problema dei problemi. Certamente per centinaia di poliziotti catapultati a Napoli da località distanti centinaia di chilometri, il problema della consumazione di un pasto è cosa seria, non potendo contare sull’appoggio della famiglia. La vicenda del “buono pasto” si sta tingendo di ridicolo: spetta o non spetta?
Nonostante due circolari in proposito, nonostante i tanti quesiti posti da ogni parte d’Italia, ogni questura fa stora a sé, ogni Reparto dà una sua interpretazione in riferimento ad una determinata situazione. Va da sé che nessuna circolare al mondo può prevedere tantissimi casi, anche i più impensati, che si possono verificare; sta all’intelligenza, alla sensibilità di chi è chiamato ad applicare circolari e leggi, di interpretare il tutto in maniera quanto più possibile favorevole al personale dipendente.
L’Amministrazione ha tirato fuori dal cilindro questo famoso “buono pasto”, per scrollarsi di dosso il problema delle mense che a Napoli, fra l’altro, già sono praticamente scomparse da tempo per larghissima parte del personale. Quanti giovani poliziotti, già costretti ad una forzata ed antistorica lontananza dalle proprie famiglie, hanno il problema della consumazione del pasto? C’è il problema se il famoso “buono” spetta una volta o due volte al giorno, nel caso di protrazione del servizio è sorto il problema, a nostro giudizio fuori luogo, del riconoscimento o meno dei colleghi che fanno la settimana corta, in riferimento al turno 8-15: quando dovrebbero mangiare questi colleghi? Forse devono consumare il pranzo e la cena assieme? La circolare del questore, a questo proposito, non ci trova affatto d’accordo.
Il Li.Si.Po. ha sempre sostenuto che le mense andavano difese con tutti i mezzi, proprio perché una volta chiuse, non saranno mai più aperte e del resto, con un buono di novemila lire, per chi lo riceve, se veramente deve pranzare, forse si riuscirà ad acquistare un paio di panini ed una birra in una bottega amica, ma non certamente a consumare un pasto in trattoria.
Altro problema serio è rappresentato dall’alloggio in strutture diverse da quelle dell’Amministrazione o, comunque, adibite a caserme e si parla, con sempre maggiore insistenza, di “espulsione” dagli alberghi di colleghi che attualmente fruiscono di tale sistemazione, perché l’Amministrazione non è obbligata...
Come si vede, il Dipartimento della Ps sta continuando la politica di sempre, la politica della disattenzione nei confronti di questi problemi seri, ed a volte drammatici, degli operatori di Polizia, non solo a Napoli ma in tutta Italia. Si pretende di attuare una politica ottocentesca della mobilità e poi non ci si vuol far carico di nulla.
Strana Amministrazione questa! Se fosse un’azienda privata a trattare in questo modo i propri dipendenti, gli scioperi si sprecherebbero e tanti politici inorridirebbero, per la violazione dei diritti più elementari di un lavoratore a cui si impone una sede, da cui si pretende di tutto e di più; ma trattandosi di poliziotti tutto è possibile: non possono scioperare, hanno meno diritti degli altri lavoratori, hanno una caterva di obblighi e limitazioni: cittadini diversi dagli altri cittadini, con troppi doveri e pochissimi diritti. Uomini e donne a cui questo Stato nega il diritto alla serenità. Sì, è proprio così. Con quale serenità un poliziotto può affrontare il suo duro e delicato servizio, se non ha la certezza di consumare un pasto senza dissanguarsi o di avere la garanzia di un letto?
Vivere nella continua incertezza, vivere sotto l’incubo dello “sfratto” è antipatico, veramente antipatico. Affittare un appartamento a Napoli, anche se assieme ad altri colleghi, costa molto e se a ciò si aggiungono le spese per vivere a Napoli e quelle per recarsi periodicamente presso la famiglia di origine, si ha il quadro completo della pesante situazione economica in cui si viene a trovare un operatore di Polizia, costretto al pendolarismo, al quotidiano sacrificio, con l’umiliante rischio di dover chiedere i soldi a casa per arrivare a fine mese. Tutto questo i signori del palazzo romano lo sanno? Altro che buono pasto! Il problema è che, oramai, in pochi corrono il rischio di assumersi una qualche responsabilità di qualsiasi tipo e in tanti vogliono l’autorizzazione per ogni punto e per ogni virgola; nessuno ora vuole “interpretare” nel timore di vedersi chiamato, a distanza di anni, a rispondere davanti la Corte dei Conti. Questa è l’amara, tragica realtà. In queste condizioni bisognerà fare un quesito, specifico e dettagliato, per stabilire qualsiasi cosa che sembra stabilita, ma che potrebbe dare anche qualche dubbio. In questa situazione, diciamolo pure, di paura, di timore, di “incertezza”, alla fine chi ci rimette? Il poliziotto che sta sulla strada e rischia la pelle.
Questo governo, aveva acceso tante speranze, anche in noi poliziotti, con le sue promesse, le sue belle parole; alla prova dei fatti tutto è rimasto come prima, peggio di prima: diritti cancellati, mobbing imperante, prevaricazione costante, stipendi inadeguati, assegnazioni selvagge, eccetera.
I poliziotti che pagano tutto questo sulla loro pelle, queste cose le sanno, le sanno bene. Si parla troppo spesso, anche a sproposito, di spirito di corpo, ma in queste condizioni, quali possono essere i sentimenti della stragrande maggioranza dei poliziotti? Vi può essere entusiasmo, senso di appartenenza, spirito di sacrificio e tutte quelle belle cose che in occasioni, opportune o meno, vengono tirate in ballo?
Noi crediamo che difficilmente chi subisce un quotidiano trattamento ittico-facciale (pesci in faccia) possa avere questi nobili sentimenti. Speriamo che le cose cambino, in meglio e presto.
Stella Cappelli
Segr. Prov. Li.Si.Po. - Napoli
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