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marzo/2002 - Interviste
Contributi
Alcune considerazioni sul G8 di Genova
di Massimo Buggea

Superato il momento dell’impatto emotivo e temporaneamente accantonato quello non meno rilevante delle vicende giudiziarie, è possibile affrontare il tema dell’ordine pubblico prendendo spunto dagli avvenimenti di Genova.
Costituisce premessa quanto mai opportuna precisare che qui non si intende trattare in modo esauriente o sistematico dell’ordine pubblico, materia per altro sfuggente e complessa e quindi per sua natura refrattaria ad ogni classificazione.
Definire sfuggente l’ordine pubblico testimonia della difficoltà di raccontarlo, di farne il resoconto così come ci si immagina, è un contrapporsi di schieramenti con compiti diversi: le “Forze dell’ordine” ed i “manifestanti”. In questo contesto (che può essere il più diversificato) gli attori vengono osservati e giudicati in base al loro operato, ma sarebbe più giusto evidenziare che viene valutato ciò che viene visto, fotografato, filmato o narrato dai partecipanti.
In prima approssimazione non si può che concordare con chi ha già in precedenza sottolineato l’importanza della presenza dei mezzi di informazione a Genova nel luglio dello scorso anno. A Genova si è avuta un’informazione molto ampia sugli eventi del G8 grazie ai molti addetti ai lavori presenti; per altro molti giornalisti sono stati vittime di violenze. Le notizie dei fatti di Genova quindi non sono soltanto raccontate da chi era sul posto, ma risultano anche documentate da filmati e foto; sia la magistratura che la Commissione parlamentare hanno utilizzato questi mezzi per le indagini.
Nonostante ciò non abbiamo (né potremmo averlo) un quadro completo di cosa sia successo durante quelle giornate perché i fatti sono avvenuti in luoghi e momenti diversi, con protagonisti che verosimilmente non sono stati gli stessi. Si potrà obiettare che vi sono stati anche gli stessi protagonisti per situazioni diverse: ciò è vero ma risulta ininfluente ai fini della ricostruzione dei fatti. Come in ogni contesto di ordine pubblico si possono ricostruire avvenimenti specifici come, per esempio, l’accertamento sulla presenza di una persona e le sue azioni: resta estraneo ad ogni ricerca il senso complessivo degli eventi ed il loro svolgimento.
Che l’ordine pubblico sia materia complessa, appare confermato dalla difficoltà nella ricerca della verità su Genova: a distanza di mesi non vi sono molte certezze e sarà necessario attendere le decisioni della magistratura per avere qualche punto di riferimento. Ecco perché chi scrive queste riflessioni si accosta con timore all’argomento e considera prioritario, prima di scrivere parole, il rispetto verso tutte le vittime di atti di violenza e nei confronti di tutti coloro che si trovavano a Genova.
L’ordine pubblico ha visto vittime nel corso della storia; le ha viste dall’una e dall’altra parte così come ha visto il torto e la ragione, la libertà ed il fanatismo intrecciarsi e mostrarsi alternativamente nelle voci di chi protestava in piazza. In questa dimensione l’ordine pubblico non è solo un problema giuridico ma diviene zona di confine tra la spinta che emana da strati della società e la risposta offerta dallo Stato.
Ma forse ciò che sfugge maggiormente agli osservatori esterni e non sempre è facile raccontare è il clima dell’ordine pubblico, il ritmo, l’odore, il rumore, la fatica; in ordine pubblico si costruisce un forte spirito di solidarietà tra le persone come di fronte a qualsiasi difficoltà.
Nella storia d’Italia le Forze dell’ordine hanno rappresentato per l’immaginario collettivo il “braccio armato” dello Stato. Ma per una bizzarria degli eventi sono state proprio le manifestazioni dal 1970 in poi ad imprimere una forte spinta alla smilitarizzazione e sindacalizzazione della Polizia. Inoltre spesso in quegli anni si sono tenuti cortei di operai che solidarizzavano con le istanze dei poliziotti, invertendo i termini dell’ordine pubblico attraverso un sia pur simbolico scambio di ruoli.
Oggi come allora l’ordine pubblico il più delle volte rappresenta per gli operatori della Polizia un fastidio; spesso il personale non conosce il contesto in cui va ad operare; è piuttosto raro che vi sia la volontarietà come invece si verifica in altre occasioni. È ovvio che la professionalità negli operatori delle Forze di polizia compensa tali sfasature, ma appare certo che vi è una diversa predisposizione d’animo rispetto a chi partecipa ad una manifestazione con altre finalità.
Nel dopo Genova si distinguono due atteggiamenti dei sindacati di Polizia: una ricerca di dialogo con le associazioni no global, pur con le difficoltà insite in tale ambito, ed una corposa attitudine giudicatoria con picchi giustizialisti (verso i manifestanti) e corporativisti (a favore degli incriminati). Secondo uno schema ormai quasi rituale abbiamo assistito ad una serie di prese di posizione oscillanti tra la critica, il plauso, la protesta: ma sono state poche le voci che hanno chiesto di comprendere, riflettendo su dati (e ve ne erano molti) invece che su congetture (plausibili, ma da verificare).
Anche questo tipo di approccio sindacale rivela la difficoltà nel trattare l’argomento ordine pubblico: la discussione - sindacale e no - analizza gli eventi e si sofferma poco sulle cause. E tutto passa senza che sappiamo esattamente cosa succeda e perché.
Un aspetto del periodo antecedente ai fatti di Genova mi sembra interessante: il tentato dialogo tra istituzioni e Social forum. Non è rilevante conoscere quali parole o proposte siano state formulate in quegli incontri, né attribuire a qualcuno la colpa del fallimento dei colloqui.
È ben più decisivo stabilire se si crede o meno in questo tipo di iniziative, o meglio se esiste una volontà politica di attivare tali procedure. Infatti se si riconosce un valore a questo modo di gestire i conflitti occorre in parallelo investire nel settore. E investire significa anche definire caratteristiche e limiti del mandato, perché non è pensabile che si aprano delle trattative con un intermediario sprovvisto di potere decisionale.
Se l’ordine pubblico rappresenta un territorio di confronto tra istituzioni e cittadini, non si può pensare ad un futuro senza dialogo, così come avveniva in passato per ogni tipo di manifestazione.
Massimo Buggea

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