Il mese di febbraio si è aperto con una serie di girotondi e manifestazioni allegre, quasi infantili, all’insegna della primavera in arrivo e soprattutto della voglia di partecipare. Poi però quel mese metereologicamente di passaggio si è chiuso con una bomba di due chilogrammi che è scoppiata di notte proprio sotto il muro di cinta del ministero dell’Interno. Questi fatti dovranno essere analizzati con attenzione e gli inquirenti sono al lavoro per scoprire i responsabili dell’attentato dinamitardo che, a quanto pare, aveva solo un’intenzione dimostrativa. Ma nel frattempo l’immagine di questa Italia, che affronta il delicato passaggio verso una nuova auspicabile stabilità politica ed economica, colpisce per le sue irrisolte contraddizioni. Suscitano perplessità alcune politiche e preoccupa la constatazione dei limiti culturali ancora evidenti della classe politica. Salta per esempio agli occhi una certa irresponsabilità di alcuni alti rappresentanti dello Stato che hanno attribuito legami diretti tra le manifestazioni di piazza e gli attentati. È strabiliante come in certi ambienti si sia reagito quasi senza utilizzare filtri logici e politici. C’è addirittura qualche politico che ha attribuito ai giudici di Milano la responsabilità dell’attentato al Viminale.
Le manifestazioni a favore dei giudici, i meeting di intellettuali e cittadini per rilanciare la Giustizia sono magari discutibili perché sono episodi limitati, politicamente acerbi, perfino pre-politici, nel senso letterale del termine, dato che riprendono un cammino prima della Politica, dei giochi di palazzo, degli scontri ideologici. Sono manifestazioni pubbliche che suscitano le legittime critiche sia da parte della destra che da parte della sinistra, ma sono sicuramente un segnale importante di un disagio ben più profondo delle dichiarazioni a effetto sui quotidiani o sulle risse di una politica basata quasi esclusivamente sulla rappresentazione mediatica.
Nelle fila dell’opposizione le manifestazioni autorganizzate sono state viste all’inizio con un certo fastidio. I dirigenti dei partiti oggi all’opposizione, hanno reagito con un moto di chiusura e quasi di rabbia alle critiche di intellettuali e artisti. Poi è cominciato un dialogo e una autocritica che potrebbero portare frutti se riusciranno ad andare oltre la rappresentazione del momento. Tra i partiti della destra di governo sono salite invece critiche durissime e attacchi alle prese di posizioni di moderati tradizionalmente molto prudenti nella scelta delle parole. E le parole sono diventate via via sempre piu forti e pesanti. Accuse al limite delle querele. Perfino il Presidente della Repubblica è dovuto intervenire in più di una occasione per invitare tutti a smorzare i toni e la violenza delle argomentazioni. Perché è pur vero che ci sono state dichiarazioni pubbliche molto critiche su questioni delicate quali il ruolo dei giudici nella società, il conflitto di interessi, l’equilibrio dei poteri e via dicendo. Ma è pur vero che la reazione di certi Ministri dello Stato non è stata all’altezza di una classe dirigente moderna e di valore internazionale. Si sono potute così ascoltare frasi irripetibili pronunciate con la massima tranquillità da Ministri e Sottosegretari. Si è usata una fraseologia e dei linguaggi che francamente pensavamo sepolti nelle cassapanche ammuffite del passato.
Alle manifestazioni e ai girotondi intorno ai palazzi della Giustizia si sono poi unite altre manifestazioni intorno alla Rai e altri cortei e meeting di piazza per protestare contro le misure prese nel campo dell’economia e dei rapporti sindacali. Alle politiche economiche del governo, i sindacati hanno reagito in modi diversi e hanno dato giudizi molto articolati sulle misure legislative proposte e già in discussione in Parlamento. Ma il risultato è una generale ripresa della conflittualità sociale. Il governo insiste nel dire che vuole il dialogo con tutte le forze sociali italiane, ma in realta non sembra disposto a cambiare i suoi indirizzi. I sindacati, la Cgil in particolare, hanno criticato alcune delle norme contenute nelle leggi delega. Il Governo ha detto che è disposto a riprendere a discutere e proprio nel momento in cui scriviamo è stato riavviato un negoziato sulle deleghe senza la Cgil che aveva posto delle condizioni preliminari. È legittimo avere idee diverse del mondo e dei rapporti economici, portare avanti politiche “liberiste” che in altri paesi più avanzati sono già state rimesse in discussione. Ma non è certo un bello spettacolo quello di una politica che invece di unire produce ogni giorno nuove lacerazioni sociali, scontri, conflitti sindacali e politici.
Tutto questo in una situazione generale appunto molto delicata dato che l’Europa intera sta cercando la via per uscire da una crisi economica e di sviluppo che appare tuttora molto pesante se pensiamo che solo in Germania ci sono circa 4 milioni di disoccupati. In questo momento, quando l’Euro diventa l’unica moneta di un continente con circa 300 milioni di persone, servono politiche forti che uniscano e sappiamo rilanciare i sistemi economici nazionali. Serve armonia, consapevolezza delle sfide, unita e coraggio. E invece, almeno qui da noi, i cieli primaverili si tingono di brutte nuvole grigioscuro. Tornano fantasmi di lontani passati. Riprendono piede incertezza e paura.
Per superare l’enpasse serve insomma molto coraggio, politico e intellettuale. Serve onestà. Forse il modo migliore potrebbe essere quello di ricominciare a discutere in modo civile, rilanciando il concetto di dignità. Dignità delle persone, del lavoro, delle professioni, di chi è diverso da noi. Non ci porterà da nessuna parte il modo barbaro di demonizzare l’avversario, come è successo per esempio contro certi sindacalisti che non sono affatto estremisti, ma cercano di fare il loro mestiere, che è quello di rappresentare gli interessi dei lavoratori. Non serve qui formulare definizioni politologiche, affermare che viviamo in un “regime”, cosa che tra l’altro i rappresentanti attuali del governo hanno fatto quando erano all’opposizione parlando di un regime della sinistra. Non ci interessa neppure prendere in considerazioni affermazioni di Ministri della Repubblica che ora parlano di servizi segreti deviati dalla Sinistra, quando prima si parlava delle deviazioni della Destra (a quando i Servizi deviati dal Centro?). Quello che ci preme è che si ripristini un senso di equilibrio e civiltà. Gli italiani amano la democrazia, non le bombe.
Paolo Andruccioli
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