Chiedo ospitalità a questa rivista per narrare un episodio che mi ha toccato, e mi tocca, da vicino e che, in un certo senso, servirà a chiarire certi comportamenti strani del nostro Ministero.
Il primo aprile del 1999, giungeva a Cassino (ove prestavo servizio) la signora Maria Stella Gentile, residente a Caltanissetta, vedova Calogero Mancuso, inserita nel “programma protezione” riservato ai collaboratori di giustizia.
Io venivo incaricato di mantenere i contatti tra la signora Gentile, il servizio centrale protezione e il Nop (nulla-osta protezione) di Roma. Il trasferimento della signora era stato disposto poiché il convivente della stessa era detenuto nella casa di reclusione di Paliano (Frosinone) insieme ad altri pentiti. La signora Mancuso era salita all’onore delle cronache giornalistiche a seguito delle sue dichiarazioni, rese nell’anno 1990, che consentirono alla magistratura di emettere ordinanza di custodia cautelare nei confronti di persona accusata di omicidio premeditato aggravato a danno del marito della Mancuso.
Proprio la signora Gentile, nel maggio del 1999, veniva repentinamente accompagnata dal personale del Nop di Roma alla Squadra Mobile di Latina ove presentava querela-denuncia nei miei confronti per motivi altamente infamanti. Solo l’8 giugno 1999 venivo a conoscenza di tale querela, quando il pubblico ministero di Cassino mi notificava l’avviso di garanzia.
Per meglio difendermi e non essere condizionato da chicchessia, chiedevo di essere posto in congedo ordinario e poi in pensione.
Terminata la fase delle indagini preliminari, il fascicolo processuale, l’11 dicembre 1999 veniva trasmesso al Gip del Tribunale di Cassino con la richiesta di archiviazione nei miei confronti e la contestuale apertura di procedimento penale sul conto della Gentile per il delitto di calunnia. Il giorno 17 dicembre inoltravo istanza al ministero dell’Interno intesa ad essere riammesso in servizio ed il 10 gennaio 2000 trasmettevo al medesimo Dicastero copia dell’ordinanza del Gip che reputo opportuno trascrivere: “Ritenuto in particolare che lo scopo della calunnia perpetrata nei confronti del Risi appare riconducibile alla ferma volontà della denunziante di ottenere un repentino trasferimento da Cassino ove evidentemente per questioni ambientali e non gradimento della sistemazione predisposta dal servizio protezione, la Gentile non intendeva più risiedervi. Considerato che l’indole menzognera della Gentile appare comprovato dalle dichiarazioni del teste (omissis) sulla cui attendibilità non può dubitarsi stante l’assoluta sua neutralità nella vicenda cui si tratta, dispone l’archiviazione del procedimento e ordina la restituzione degli atti al Pm in sede per l’ulteriore corso nei confronti di Gentile Maria Stella in ordine al reato cui all’art. 368 Codice penale”.
Il Ministero, con nota datata 6/3/2000, riferiva che la mia richiesta di riammissione nella Polizia non poteva trovare accoglimento “poiché allo stato attuale non esistendo posti disponibili, le riammissioni non vengono disposte”. A seguito di detto provvedimento producevo ricorso gerarchico in quanto vi erano oltre 700 posti vacanti nella qualifica di Ispettore Superiore Sost. Uff. Polizia giudiziaria e poiché si era formato il silenzio-rigetto, incaricavo un avvocato del Foro di Roma, di inoltrare ricorso al Tar del Lazio. Detto Tribunale, con ordinanza del 29/3/2001, imponeva alla Commissione Ispettori di esaminare la richiesta di riammissione “in quanto, a distanza di oltre un anno dalla presentazione della domanda di riammissione in servizio del ricorrente, l’Amministrazione non ha effettuato il riesame dell’atto impugnato secondo le indicazioni dalla stessa fornita con nota n. 333.a/3049-RS del 20/12/2000; che al predetto riesame da parte dell’apposita Commissione dovrà provvedervi nel termine di 60 gg dalla notificazione o comunicazione della presente ordinanza”.
La falsità di quanto asserito dal ministero dell’Interno con la nota del 6/3/2000 trovava riscontro in data 27/9/2000 epoca in cui lo stesso Dicastero bandiva un concorso per titoli ed esami a 390 posti nella qualifica apicale di Ispettore Superiore Sups.
La Commissione Ispettori si riuniva l’8 giugno 2001 (ultimo giorno utile) e, avvalendosi del suo potere discrezionale, esprimeva parere contrario alla mia riammissione in servizio.
Senza mezzi termini posso ben dire che il ministero dell’Interno poneva in essere reiterati comportamenti dilatori nel prendere la decisione, pare per non creare un precedente.
Dalla mia vicenda, l’unico a beneficiarne è stato l’Erario che, attraverso il Servizio centrale di Protezione, non eroga più da diverso tempo il contributo mensile al nucleo familiare della signora Gentile e non paga più il canone dell’appartamento concessole in uso gratuito e transitorio, il tutto per un risparmio di circa quattro milioni e mezzo al mese.
Alla luce di quanto sopra, posso dire con assoluta serenità e consapevolezza di essere stato, in ordine di tempo, l’ultima vittima dei pentiti, sottoposto ad indagini per reati altamente infamanti, di gran lunga peggiori di quelli contestati al senatore Andreotti, a Claudio Vitalone, all’on. Giacomo Mancini, all’on. Francesco Musotto, al magistrato Carnevale, ad Enzo Tortora, a Bruno Contrada e ad altri, vittime delle “buffonate” dei cosiddetti “collaboratori di giustizia” e da coloro che, magari in buona fede, vi hanno creduto.
In conclusione, dopo oltre 34 anni di servizio senza aver subìto alcuna sanzione disciplinare ed avendo riportato per decenni il massimo della qualifica nei rapporti informativi annuali, dopo essere stato l’elemento determinante in complesse indagini di Polizia giudiziaria per gravissimi fatti di sangue, il ministero dell’Interno, invece di premiarmi con la riammissione in servizio, ha optato per il diniego.
Questi sono i fatti e lascio ai lettori ogni valutazione.
Mario Risi
già Ispettore Sup.- Polizia di Stato
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