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febbraio/2002 - Interviste
Giustizia
Uguale per tutti? Non sia mai!
di Belphagor

Le polemiche e gli attacchi alla magistratura nascondono forse intenzioni e progetti non completamente espressi. Contraddicendo il principio dell’uguaglianza dei cittadini davanti alla legge

Il 17 febbraio 2002 è una data simbolo: dieci anni dall’inizio di Mani Pulite, con l’arresto di Mario Chiesa (il “mariuolo” di craxiana memoria), e tutto quello che è seguito. Ricordiamo, e non pensiamo di avere l’esclusiva della memoria, che allora l’azione giudiziaria fu accolta con un consenso che addirittura tracimò oltre gli argini della razionalità, e a furor di popolo veniva calata la mannaia della pubblica riprovazione sui “politici ladri”, ed esaltato l’operato delle Procure, prima fra tutte quella milanese. Antonio Di Pietro era visto come una sorta di angelo vendicatore esperto di informatica, e le trasmissioni televisive delle udienze nelle quali sosteneva l’accusa avevano un’audience altissima. Non basta: nell’aula di Montecitorio i deputati della Lega Nord esibivano un cappio da capestro, e due anni dopo la stessa Forza Italia nasceva proclamando l’adesione a un repulisti in nome della legge, trascurando gli stretti rapporti e i reciproci favori che legavano Silvio Berlusconi a Bettino Craxi. Tanto che, al momento di formare nel 1994 il suo primo governo, Berlusconi invitava Di Pietro ad incontrarlo nello studio romano di Cesare Previti per offrirgli un ministero: gli Interni o la Giustizia. Offerta, com’è noto, non accettata dall’allora sostituto procuratore. Nessuno parlava di “toghe rosse” e di complotti “giacobini”. Del resto, tra gli indagati passati al pettine fino, e anche colpiti da carcerazione preventiva, era ben presente il Pds ex Pci. Insomma, sembrava essersi materializzata quella massima scritta in ogni tribunale, e alla quale pochi credono veramente: La legge è uguale per tutti.
Troppo bello per durare, si dirà, e infatti non è durato a lungo. Il clima è cambiato quando sul filo delle tangenti ai politici, per il partito o in alcuni casi per se stessi, i magistrati sono penetrati nel mondo sacro dell’imprenditoria, dei falsi in bilancio, della corruzione a fini fiscali, delle iniziative economiche sorrette da giudici compiacenti, e così via, fino a qualche sospetta collusione mafiosa. Altro che arcangeli, diavoli erano quei magistrati, e le loro toghe rosse come il fuoco dell’Inferno! A ben guardare, anche una larga parte di quell’opinione pubblica che aveva accolto con clamoroso favore, e magari con una punta di qualunquismo, l’avvio di Mani Pulite, cominciava a provare indifferenza e stanchezza per un’opera moralizzatrice che si riprometteva di andare fino in fondo. Con la medesima facilità con la quale si schiaccia un tasto del telecomando per cambiare canale, milioni di onesti italiani avevano assistito, e assistono tuttora, alla messa in scena del Grande Complotto dei Giudici (comunisti, per fare buon peso), una satanica cospirazione estesa, per maligno contagio, in altri Paesi europei.

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Da un’intervista a L’Espresso del dicembre scorso a Domenico Fisichella, vicepresidente del Senato, uno dei fondatori (non proveniente dal Msi) di Alleanza Nazionale. Domanda: “Il Polo prepara una riforma radicale della magistratura. Il ministro Castelli accusa di politicizzazione i pm di Mani Pulite. Condivide queste posizioni ?”. Risposta: “Non ignoro che in anni passati e anche presenti ci possano essere state in alcuni ambienti dell’ordine giudiziario forme virulente di esercizio dell’azione penale nei confronti di uomini politici. Ma questo non giustifica una risposta politica aggressiva che finisce per delegittimare in modo indiscriminato l’intera magistratura. E giudico fuori misura un’iniziativa legislativa che porti alla sostanziale esclusione del pubblico ministero dall’ordine giudiziario”. Domanda: “Un suo collega di Forza Italia ha detto che i pm devono diventare ‘avvocati dell’accusa”. Risposta: “È un linguaggio che posso accettare solo in un film. Il pm deve essere un magistrato perché nella sua azione rivendica l’interesse pubblico. L’avvocato ha titolo per difendere il suo cliente anche se colpevole, il pm deve recedere se si convince che l’accusato è innocente o non trova prove per giudicarlo responsabile del reato di cui è accusato. E questo perché il pm non agisce per conto di una parte. Anche per questo le distorsioni nell’esercizio delle funzioni accusatorie vanno valutate dagli organi della stessa magistratura e dal Csm”. Domanda: “Sulla stampa europea il sospetto è uno solo, pesante: che il premier voglia coprire se stesso. Esiste in Europa un’anomalia Berlusconi?”. Risposta: “Berlusconi ha avuto una serie di processi da cui è uscito per assoluzione o prescrizione, altri sono in corso. Ciò premesso, l’enfasi sui problemi giudiziari ha trasformato Berlusconi in un perseguitato agli occhi di una fetta maggioritaria dell’opinione pubblica. Una parte del successo del Polo si deve a questa immagine, provocata anche dai comportamenti inquietanti di alcuni magistrati. Però, non credo che tutta l’opinione pubblica europea stia soggiacendo alla sinistra italiana. Non credo che il governo spagnolo voglia colpire il premier in nome del giustizialismo di sinistra. Temo invece che ci siano state troppe iniziative condotte in modo non appropriato”.

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Il progetto per la riforma della giustizia preparato dal governo comprende dodici punti, che vanno dalla divisione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri alla riduzione dell’obbligatorietà dell’azione penale, delegando al Parlamento l’indicazione dei reati da perseguire. A ridosso del Capodanno, commentando al Tg3 il processo Sme, nel quale sono imputati Cesare Previti e Silvio Berlusconi (contumace per sua scelta), e la richiesta del difensore del parlamentare di FI, Niccolò Ghedini (anch’egli deputato forzista), di spostare il processo da Milano, Renato Schifani, capogruppo dei senatori di FI ha ricordato l’avviso di garanzia consegnato a Silvio Berlusconi, presidente del consiglio, nel novembre 1994, mentre partecipava a un vertice internazionale a Napoli: “Se per quell’avviso di garanzia qualche magistrato milanese avesse pagato civilmente – ha detto Schifani – oggi non assisteremmo a un processo come questo, in cui alcuni magistrati non tengono conto delle sentenze della Corte Costituzionale, della Cassazione, e sembrano decisi ad andare avanti su una soluzione già scritta”. Continua la “sporca guerra” contro Mani Pulite, ha replicato Antonio Di Pietro. Più articolato il parere di Francesco D’Onofrio, presidente del Ccd, raccolto da La Repubblica: “È vero che anche una condanna in primo grado non avrebbe effetti giuridici. Ma se il processo a Previti si concludesse come evidentemente vogliono i magistrati, contro Berlusconi si scatenerebbe un linciaggio morale difficile da sostenere. E di certo capace di lasciare un segno sulla sua credibilità internazionale”. Quindi, secondo D’Onofrio, sarebbe opportuno far rinviare la celebrazione dei processi a Previti che “in un Paese normale sarebbero naturalmente destinati alla prescrizione”. E il forzista Enrico La Loggia: “La voglia dei magistrati milanesi di arrivare a una condanna purchessia del presidente del consiglio è troppo smaccata per non far pensare che cerchino un bis del ’94. È stupefacente che la sinistra ci lasci soli nel denunciare un’azione chiaramente eversiva, fondata sulla sistematica violenza alla legge. Ma stavolta lo stiamo spiegando bene, in Italia e fuori. E se qualcuno si è fatto illusioni sull’esito di questo gioco al massacro, è in errore. Il golpe non avrà alcun effetto politico: non ci sarà nessuna crisi. Stavolta, qualunque cosa accada, per noi sarà business as usual”. Esattamente opposta l’opinione sul processo Sme espressa da Pierluigi Castagnetti, capogruppo della Margherita: “Lo spettacolo dato dagli onorevoli imputati e dagli onorevoli avvocati è stato davvero penoso”.

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Da qualsiasi punto di vista si osservi questo scontro-confronto fra una parte della classe, o casta, politica (in gran parte gente “nuova”, venuta da occupazioni imprenditoriali o professionali) e la quasi totalità della magistratura (che si tratti solo di alcuni esagitati pm è una favola facilmente smentita dalle polemiche dimissioni della giunta dell’Associazione nazionale magistrati, e dai ripetuti attacchi ai giudici giudicanti), la situazione non può non apparire anomala, inquietante. La giustizia è un bene comune, e, al di là delle pastoie burocratiche, che esistono e che tutti sono d’accordo sulla necessità di rimuoverle, al di là di uno scetticismo non sempre immotivato, è la prima istanza di fronte alla quale tutti i cittadini hanno il diritto di sentirsi eguali. Dunque, perché questo conflitto? È verosimile che sia in atto, da dieci anni, una cospirazione del potere giudiziario, diretta contro chi? Contro la destra politica? O solo contro Silvio Berlusconi e il suo entourage? E ancora una volta, perché? Per ottenere che cosa? Non risulta che in Italia, e se è per questo nemmeno in Europa, la maggioranza dei giudici simpatizzino, e addirittura in modo militante, per la sinistra. Era di sinistra Di Pietro quando svolgeva il suo lavoro di sostituto procuratore a Milano? Ma se rifiutava persino di aderire agli scioperi… Era di sinistra Davigo? Assolutamente no, eppure anche lui si ritrova catalogato fra le “toghe rosse”. E i leghisti, gli stessi che anni addietro agitavano il cappio vendicatore, oggi, per bocca di Umberto Bossi, ministro della Repubblica, gridano che l’Italia e l’Unione Europea si stanno trasformando in Forcolandia per colpa dei giudici “comunisti”.
Ecco, in questa “guerra” vi è qualcosa che sfugge alla logica, e di qui il sospetto che dietro tutto ciò si nasconda altro, altri interessi e altri progetti. Ed è questo a suscitare dubbi e sconcerto. Anche tra i magistrati, come appare in un’inchiesta di Enrico Arosio, Peter Gomez e Leo Sisti pubblicata da L’Espresso. Paolo Storaci, sostituto procuratore a Torino nel pool dei reati finanziari, vicino a Magistratura Indipendente (corrente tradizionalmente “moderata”): “Dopo la laurea ho fatto l’insegnante e l’avvocato. Poi, nel ’92, è partita Mani Pulite. Ho pensato di fare il magistrato, al servizio dei cittadini onesti, della collettività. Mai avrei immaginato che sarebbe finita così. Che i rappresentanti dello Stato, anziché aiutare i suoi servitori a perseguire i reati a tutti i livelli, avrebbero iniziato a trattarli come pericoli pubblici. Ad aggredirli, insultarli, ostacolarli. Chi opera nei pool dedicati ai reati finanziari è disarmato: pare quasi che i nemici siamo noi”. Marcello Viola, gip a Palermo, a proposito del taglio delle scorte ai magistrati: “Qui da noi certi segnali contano. E questo è un segnale. Alle minacce siamo abituati. Quando, pretore a Siracusa, mi occupavo di reati ambientali, mi fecero saltare la macchina. Poi mi misero la dinamite nella casa di campagna. Ma avevo l’entusiasmo. Oggi è cambiato l’atteggiamento della gente. Per strada c’è chi ti fa gestacci, quando viaggi con l’autista ti tagliano apposta la strada”. Guido Papalia, procuratore capo di Verona, sulla separazione delle carriere tra pm e giudici: “Io sono nettamente contrario. Comporterebbe la sottomissione del pm al controllo esterno. Una possibilità di indirizzare l’attività del pm – che ha, come sappiamo, l’esclusiva dell’azione penale – secondo finalità che non sono quelle di un organismo autonomo com’è oggi.Tutto ciò indebolisce anche l’indipendenza della magistratura giudicante”.

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Tornando al processo sul caso Sme, emblematico del conflitto governo-magistrati, il senatore Ds, e avvocato penalista, Guido Calvi, in un’intervista a l’Unità del 28 dicembre: “Si sta ingenerando la convinzione che il Tribunale sia una sorta di organo persecutorio perché non rinvia il processo per gli impegni parlamentari di Previti o non anticipa le decisioni circa la concessione di attenuanti generiche. Le dichiarazioni fortemente aggressive nei confronti dei magistrati in realtà sono sempre prive di fondamenti giuridici validi”.
La giustizia è un “settore vitale”, ripete il presidente Ciampi - che nel suo messaggio di fine anno ha ricordato “la separazione dei poteri” e “la soggezione dei giudici esclusivamente alla legge” -, e le polemiche “devono cessare”. Già, ma in che modo? E con quali conclusioni?

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