Secondo uno studio Cesc-Viasat, nel 2000 se ne sono verificati oltre 222 mila, anche se le vetture recuperate sono il 55%. Le province più colpite: Roma, Napoli, Milano; i modelli più predati: Uno, Y10, Punto
Chi ama le statistiche comparate, chi ama i numeri “ad effetto” può essere accontentato. Parliamo dei furti d’auto in Italia. Se ne sono registrati 222.872 nell’anno Duemila (15% in meno, tuttavia, del precedente anno).
Ogni giorno spariscono (si fa per dire...) 610 veicoli, 25 ogni ora, uno ogni due minuti. Ne vengono recuperate poco più della metà. E questa è una buona notizia. Questi e tanti altri dati, vi vengono forniti da un approfondito studio elaborato dal Cesc (Centro Europeo Studi Criminologici) e da Viasat, naturalmente su dati ufficiali.
Dicevamo che la metà dei veicoli rubati vengono recuperati, molti di più che nei precedenti anni. Segno evidente, questo, della intensificata azione delle Forze di polizia e di nuovi e più efficaci sistemi di protezione, in particolare quelli satellitari di localizzazione.
La diminuzione dei furti, è stata registrata in tutta Italia, con la sola eccezione della Sardegna e dell’Umbria. Tuttavia i dati continuano ad essere pesanti, soprattutto per le vittime che, secondo gli esperti interpellati, “subiscono un forte impatto per il furto” e “restando spesso traumatizzate... rischiano la depressione” specialmente quando sono gli anziani a subire il ladrocinio, se non addirittura “equivalente ad un delitto”. In sostanza il furto non è solo un danno patrimoniale, ma comporta rilevanti conseguenze umane, pesanti anche in termini sociali.
“Secondo la relazione generale annuale del Cesc, le regioni d’Italia in vetta alla classifica per questo tipo di criminalità predatoria” - ha affermato l’ing. Pierluigi Leone di Viasat - sono la Lombardia (43.019 furti), la Campania (42.894), il Lazio (41.226), la Puglia (17.775), il Piemonte (16.214).
Nel Veneto si riscontra la più alta percentuale di recuperi: 4.401 su 5.365 furti.
Tra le province più a rischio, c’è Roma (38.304 furti), seguita da Napoli (31.009), Milano (30.565), Bari (22.942), Torino (18.860). Ma si debbono anche registrare le “isole felici”: le realtà regionali a minor rischio sono la Valle d’Aosta (73 furti, 49 recuperi!), il Molise (227), la Basilicata (498), il Trentino-Alto Adige (458).
L’esame statistico criminologico (secondo Giusio direttore del Cesc) dei dati definitivi del Duemila, valutato secondo l’andamento quantitativo dei furti d’auto in Italia negli ultimi trent’anni, rileva che le cifre relative all’anno scorso, sono le più basse in assoluto dal 1988, anno in cui però, il parco nazionale di auto era poco più di 25 milioni (sette milioni in meno rispetto ad oggi).
Secondo il direttore del Cesc, come già accennato, la tendenza negativa del numero di furti d’auto, va ricercata in tre motivi principali.
Primo: successo nei programmi di miglioramento delle modalità operative e delle tecniche di investigazione e prevenzione, oltre ad un più penetrante ed efficace controllo del territorio da parte della Polizia che, oltretutto, riescono anche a sventarne un numero consistente prima della consumazione.
Secondo: una maggiore evoluzione tecnologica e scientifica dei sistemi antifurto, in particolare di quelli di localizzazione satellitare. Terzo: la generale crescita delle strategie di contrasto e di prevenzione, con una maggiore collaborazione e tempestività di segnalazione, anche da parte dei cittadini (si pensi, ad esempio, all’intensificazione dell’uso dei telefoni cellulari).
Ma non bisogna neanche dimenticare - secondo il responsabile del Cesc - che è cambiato il profilo strutturale del mercato ricettatorio, sia delle auto che dei pezzi di ricambio.
L’aspetto più singolare dello studio statistico in esame, è quello che rivela un fattore assai importante, contro il quale nessuna tecnologia può essere di aiuto: la sbadataggine e la negligenza. Sono ancora troppe, infatti, le auto... “consegnate” ai ladri, cioè lasciate incautamente in sosta davanti all’edicola dei giornali, al bar, al tabaccaio ed anche parcheggiate in garage o sotto casa con le chiavi inserite nel quadro.
A parte le tecnologie di prevenzione, è sempre necessario che gli automobilisti siano più attenti, più responsabili e siano meno distratti; in caso contrario, a volte, si diventa complici di chi fa la posta alle loro auto.
In ordine alle macchine più appetibili, si èconsolidata una sorta di “classifica” che vede ai primi posti (in termini assoluti) le “Uno”, le “Y10”, le “Punto”, le “Golf”, le “500”, le Panda” e le “Tipo”. Tanto per fare un esempio: su cinque auto rubate, una è una “Tipo”.
In termini di percentuale sul parco circolante, ai primi posti la “Mercedes 600”, la “Bmw serie 8” e “serie 7”, le “Bravo” e “Brava”, cui seguono “Jaguar” e “Ferrari”.
Dicevamo delle conseguenze, non solo economiche, dei furti d’auto, specialmente dal punto di vista emozionale. Su questo punto sembrano d’accordo alcuni esperti (sociologi, psicologi, neuropsichiatri) interpellati sul tema specifico.
Per alcuni cittadini - infatti - l’automobile è un vero e proprio culto e “l’essere derubati (sostiene il professor Paolo Crepet) equivale ad un lutto o come se venizze carpita la loro identità”. In sostanza la sottrazione della vettura finisce per modificare l’atteggiamento delle vittime: cambieranno l’antifurto, diventeranno più sospettosi, verrà meno la fiducia negli altri. Dopo la rabbia iniziale, possono manifestarsi a poco a poco, tratti di depressione.
L’automobile - secondo il professor Paolo De Nardis - serve a razionalizzare le nostre quotidianità e le ripercussioni del furto si riversano sull’intero nucleo familiare, rischiano di abbrutire i danneggiati (ricordate il film “Ladri di biciclette”?).
Il rilevante peso del furto d’auto è stato sottolineato anche dal professor Anselmo Zanalda, neuropsichiatra di Torino: dopo aver citato la “sindrome da appiedamento”, che colpisce chi ha patito il furto del proprio veicolo, Zanalda ha sottolineato come questi gesti di quotidiana microcriminalità, possono diventare un tormento, arrecare depressione e stati di profonda malinconia difficilmente sanabili. Nelle persone anziane, possono addirittura rompere un equilibrio e determinare un più rapido invecchiamento, qualche volta si vorrebbe attuare anche una sorta di “giustizia sommaria”: nel Far West, per il furto di un cavallo, era prevista la pena di morte.
A rimarcare un sinora sconosciuto aspetto della vittima del furto d’auto, è anche il professor Marco Strano dell’Università Cattolica, criminologo: “La persona che ha subìto il furto della propria auto è come se fosse nuda in una piazza affollata. L’auto non è solo un mezzo di trasporto, ma rappresenta anche un luogo dell’intimità. E’ l’interfaccia con il mondo esterno; è un contenitore che separa l’automobilista dalla realtà esterna, che è ostile, e determina un attaccamento quasi placentale. Il furto, quindi, determina uno sconvolgimento dell’equilibrio quotidiano, aumentato da elementi come il confort e la tecnologia insiti nel veicolo (aria condizionata, vetri atermici, musica, ecc.), tanto che quando si è in auto non si percepisce l’ambiente esterno (olfatto, temperatura, ecc.); insomma l’auto rappresenta un momento di protezione e di interfaccia con l’esterno. Il soggetto che sta all’interno di un’auto ha reazioni diverse da quando è fuori. Così l’auto ha il potere di determinare un orientamento psicologico, Per questo il furto può rappresentare un trauma. E chi non modifica questo comportamento all’esterno è un soggetto che esce dalla normalità ed entra in una sfera criminologica”.
Da parte sua la professoressa Chiara Saraceno, sociologa, non nasconde che chi subisce il furto dell’auto, ha momenti di crisi soggettiva, perché vive, anche se in maniera minore rispetto al furto in casa, una intrusione nella propria vita. E, a parte la rabbia come sentimento predominante, da quel momento in poi vivrà con maggiore ansia le operazioni di parcheggio, si preoccuperà, cioè, del posto dove lascia la sua auto, della sicurezza del luogo.
Anche la Chiesa guarda soprattutto al profilo umano del fenomeno dei furti d’auto. “E’ un evento che può avere; nei suoi riflessi, migliaia di interpretazioni, che dipendono soprattutto da condizioni economiche e psicologiche, ha detto il cardinale Ersilio Tonini. “Penso - ha aggiunto - alla gravità che un fatto del genere può assumere nella vita di un italiano medio, di un operaio che guadagna poco più di un milione al mese, o di un extracomunitario: il furto dell’auto lo può far sentire proprio come l’ultimo del mondo e farlo cadere in un pessimismo universale”.
Infine, da un altro duplice osservatorio, quello della Napoli dell’arte di arrangiarsi, ma anche quello tipico di chi non ha l’automobile, il fenomeno dei furti d’auto viene esorcizzato con un consiglio: “prendete il taxi”. Luciano De Crescenzo, ingegnere ma soprattutto scrittore di successo, guarda infatti in modo distaccato al problema: “Io penso che se l’uomo derubato dell’auto è una persona intelligente, il fatto non può avere alcuna conseguenza particolare”. De Crescenzo condanna chi pratica il culto della “quattroruote”: “Peggio per loro. In questo caso l’auto è una malattia. Il furto dell’auto è una cosa possibile, chi lo subisce potrà prendere l’autobus, oppure spostarsi in taxi! Costa meno che mantenere un’automobile. Se facciamo i conti, prendere il taxi per un intero anno conviene rispetto all’uso e al mantenimento dell’automobile. E poi il taxi è comodo, lo prendi e ti porta esattamente nel punto dove vuoi andare”, ha concluso lo scrittore.
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Radiografia del ladro d’auto
Maschio nel 90-95 per cento dei casi. Giovane, anche sotto i vent’anni, raramente sopra i quarantacinque. Spesso tossicodipendente e, quasi sempre, recidivo per lo stesso tipo di reati. Il “topo d’auto” non appartiene più né allo stereotipo del “ladro gentiluomo” né a quello del “ladro maldestro”. La figura tipica del ladro di auto si è, negli ultimi dieci-vent’anni, radicalmente modificata. Salvo rare eccezioni, con veri e propri esperti in tecnologie antifurto e metodi di neutralizzazione e disattivazione, il predatore delle quattro ruote sembra assumere sempre più le sembianze dello sbandato, del disperato, che con cacciavite, martello o “spadino” tenta, quasi mai arrendendosi dopo la prima condanna, di “arrangiare” economicamente un’esistenza marginale o, frequentemente, anche solo di rifornirsi di droga.
Alle spalle del ladro d’auto una volta c’erano i carrozzieri compiacenti e non - come ora - agguerrite organizzazioni criminali e mafiose che con i proventi del mercato clandestino delle auto rubate finanziano altre attività illecite e molto più “invasive”, come il commercio di stupefacenti, la prostituzione, il traffico di clandestini.
Sono poi moltissimi gli extracomunitari (meno i marocchini e i tunisini; in misura più marcata albanesi ed immigrati dell’Est, per l’esportazione dei veicoli rubati), che trovano in questa forma di delitto, specie nelle grandi realtà urbane, un modo rapido e non troppo rischioso, di tentare di raggranellare qualche milione da corrieri e ricettatori.
Quasi mai si va in carcere, anche dopo diverse condanne: è oramai tutt’altro che isolata, la notizia di ladri d’auto che dopo sette, otto sentenze, spesso patteggiate, di pochi mesi di pena virtuale e mai scontata, continuano ad ottenere la condizionale. E non è certo solo colpa dell’indulgenza di alcuni magistrati, ma delle maglie troppo larghe di una legislazione che consente, ai professionisti dello “spadino” di proseguire per anni nel loro percorso di furti senza mai vedere l’ombra di una cella.
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