L’art. 9 del Codice Penale Militare di Guerra prevede che tutti i militari che si recano all’estero siano soggetti al predetto Codice.
Il Codice Penale Militare di Guerra, coi diritti e i doveri che comporta, è praticamente sconosciuto ai militari chiamati a partecipare alle operazioni di guerra in Afghanistan. Occorre quindi che venga distribuito (e possibilmente illustrato al personale in partenza). Il presupposto per l’applicazione della legge penale militare di guerra è l’esistenza dello stato di guerra in base a quanto stabilito dall’art. 78 della Costituzione. Ma questo problema è stato driblato dal Parlamento e così hanno fatto anche tutti i cosiddetti strateghi interpellati dai mezzi d’informazione. Il fatto è che “di fatto” la guerra con morti e feriti è in atto in Afghanistan e nel caso che i reparti italiani vi giungano (il che è possibile anche se non certo) essi verrebbero a trovarsi di fatto in una zona di guerra e, in una zona di guerra, non è pensabile che venga applicato il Codice Militare di Pace. Il Codice Militare di Pace infatti non tratta questioni essenziali allo stato di guerra, come ad esempio tutto ciò che riguarda le convenzioni internazionali di Ginevra sul diritto internazionale in guerra a partire da quelle del 1906. Questioni riguardanti lo spionaggio, il trattamento dei prigionieri, l’uso di armi proibite, sono inclusi nella normativa penale militare. Non dimentichiamo che l’Italia in passato ha avuto a che fare con questi problemi. Ad esempio con l’uso dell’iprìte nelle guerre coloniali in Libia e Abissinia e con i prigionieri di guerra. A parte il caso Bellini - Cocciolone nella Restore Hone in Somalia sono stati fatti prigionieri (li abbiamo visti incappucciati con le mani legate dietro la schiena) e sono state anche perpetrate violenze, in contrasto con quanto prescritto dagli articoli 209, 210, 211 del Codice Penale Militare di Guerra.
Comunque lo status di guerra non incide solo sulla adozione del Codice Penale Militare di Guerra ma anche su rilevanti questioni amministrative. Ad esempio il trattamento di morti e feriti (ospedalizzazione gratuita, risarcimenti, pensioni di guerra, ecc.) e con problemi di carriera (computo differenziato dei periodi trascorsi in guerra, vantaggi di carriera, atti di valore, promozioni, ecc.).
Ciò che non ha fatto il Parlamento lo può e lo deve fare il Consiglio Supremo di Difesa che non può eludere la questione dello status giuridico delle forze impiegate nella guerra in Afghanistan.
Quanto si è letto, da qualche parte (“La Stampa”, 7 novembre) sul previsto impiego del Codice Penale di Pace nelle operazioni di guerra, ha del grottesco. Si immagina una guerra all’italiana che nemmeno la fantasia di Alberto Sordi e di Vittorio Gassman potevano immaginare.
F. A.
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