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ottobre/2001 - Interviste
1981-2001
I giochi di potere
di Gianclaudio Vianzone

La ricorrenza di un fatto importante quale fu l’avvento della legge 121/81, chiederebbe un riscontro gioioso, cosa che non è proprio possibile in un Paese che in questi venti anni ha visto intersecarsi diversi fattori - alcuni colposi, altri sicuramente dolosi - tutti mirati alla destrutturazione di quella legge e di ciò che nei contenuti ideali rappresentava. Una Riforma che portava altresì una sindacalizzazione di una categoria tanto delicata per lo Stato, quale è quella dei poliziotti, non poteva che essere osteggiata in un’Italia fondamentalmente conservatrice e legata a revanscismi militaristici più puntati al formalismo dei lustrini e delle sciabole che non al maturamento di un valido apparato investigativo.
Le ultime visibili pressioni per smantellare le Specialità della Polizia di Stato, per dequalificare i ruoli tecnici, per incentivare la diaspora dei funzionari verso altre Amministrazioni ed ancora l’incremento contrattuale eccessivamente spostato sulle indennità connesse a servizi di prevenzione del territorio e di ordine pubblico, tutto si mostra propedeutico ad una ridefinizione della Polizia di Stato che, anziché valorizzarne le dimostrate capacità, cerca di farle scomparire.
Una scomparsa che trova ampio conforto in coloro che da sempre ritengono più affidabile l’Arma dei Carabinieri, soprattutto perché a status militare e non sindacalizzata. Ma ben noto è il fatto che i giochi di potere si programmino nelle stanze dei Comandi e non fra coloro che quotidianamente garantiscono sicurezza ai cittadini lavorando gomito a gomito sulle questioni del vivere comune.
Pertanto, su quesiti del tipo: “ma quando l’Italia attuerà i criteri di Schengen in merito alla smilitarizzazione di tutti i Corpi di Polizia?” Oppure: “ perché non si adotta il programma del partito della Rifondazione Comunista che propone di unificare i Corpi e le risorse?” Si poggia la domanda più significativa: “Chi e perché, ha interesse che la situazione anomala dell’Italia perduri in questi termini relativamente a tale settore?”
Possibile che si debba necessariamente pensare di adattare sulla devolution il concetto della sicurezza, appiattito ai modelli americani? E perché, anche se quello fosse un passaggio obbligato, comunque lo si vuole rendere antagonistico fra le due maggiori forze di Polizia e non si prevede invece appunto di unificarne i settori identici?
Con tanti dubbi del genere, si può comprendere come la ricorrenza di una legge che veramente faceva in origine pensare ad una progressiva maturazione democratica dei Corpi di Polizia, di fatto si sia trasformata in un dramma.
Udire senatori della Repubblica, come il leghista Speroni, affermare che la regionalizzazione della Polizia di Stato è una cosa che si decide in Parlamento ed anche se non piace ai più di centomila lavoratori della Ps deve essere comunque accettato, fa capire come il valore della parola democrazia, sia probabilmente molto diversamente interpretabile a seconda che il potere lo si gestisca o lo si subisca.
Non è credibile il modello che si vuole imporre, ma se veramente chi governa il Paese vuole dare un servizio alla collettività, sfuggendo ai perversi giochi del potere autarchico, faccia propri i programmi - condivisibili per i contenuti da chiunque abbia una coscienza democratica - del partito della Rifondazione Comunista.
Forse così, con una Riforma unificante e che magari del modello americano prenda i criteri gerarchici, probabilmente si potrebbe veramente festeggiarne poi la ricorrenza.

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