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ottobre/2001 - Interviste
1981-2001
Ciò che il Movimento sognava
di Orlando Botti

Venti anni sono passati dal varo della Riforma della Polizia. Molti anni di un percorso pregno di aspettative, di democrazia, di rispetto, di ideali e di diritti da conseguire. Non è facile ripercorrerli cercando di evitare facile retorica. Si deve sottolineare che l’anima del “Movimento” dei carbonari non è risultata vincente. Non vi è nulla di nuovo in ciò perché la storia è sempre presente a ricordare che chi rischia di più non ha quasi mai riconosciuti i propri atti e le cosiddette “seconde file” sono pronte a sfruttare la situazione per poi prendere possesso della rivoluzione. Peccato. Io sono convinto, che se al posto di qualche teorico della “linea morbida” ci fossero stati in Segreteria nazionale del Siulp, un Riccardo Ambrosini o un Armando Fontana, il verso della nostra storia sarebbe cambiato in maniera sostanziale.
Anche la sinistra non aveva compreso che non è sempre oro quello che luccica negli alti gradi, ma spesso c’è nella bassa manovalanza operaia che anche nel postriforma è stata quasi sempre dimenticata. Dai famosi “punti di Empoli”, dai sogni dei carbonari, era nata una nuova Polizia da concretarsi con idee pregne di diritto e di democrazia. Purtroppo alcuni… incidenti di percorso hanno minato questo terreno fertile di democrazia che aveva come base le parole “giustizia” e “diritto”.
Le svolte “arrangiate” dopo i gravissimi fatti delle torture perpetrate in danno dei terroristi accusati del sequestro Dozier e la morte in un ufficio della Polizia di Palermo del fermato Marino, hanno creato fratture nel rapporto tra poliziotti e diritto. Le scelte di facciata, hanno consentito una chiusura di quella struttura che invece doveva autoeliminare i germi antidemocratici. Chi doveva concretare siffatti metodi di elementare giustizia preferì gettare a mare il capitano Riccardo Ambrosini e l’agente Trifirò nel ricordato “caso Dozier”. Ci ha traditi anche il fascino del superiore e certamente il sindacato poteva avere ben altri assetti; se si fosse scelta la politica di appartenenza sino al grado di maresciallo, forse il sindacato avrebbe contato di più. Alcune strategie non fatte osservare e poi subìte, hanno complicato notevolmente l’organicità interna poi sfociata in diatribe interminabili.
Ecco alcuni punti irrisolti.
- Carriere: le professionalità da acquisire specialmente nell’attività di Polizia giudiziaria con il passaggio da agente di Pg a ufficiale di Pg sono state calpestate frenando un processo di incredibile portata culturale. Penso alle lotte per la qualifica di Ispettore che passano in secondo piano se le confrontiamo con la linea “leggera” della Segreteria nazionale che ha tollerato vergognosamente che mentre i vincitori di concorso in alcune specialità si prendevano giustamente le proprie responsabilità nel campo dettato dalla legge e cioè soltanto nel campo della Polizia giudiziaria, altre, tranquillamente gozzovigliavano negli spacci di Polizia distribuendo caffè e cornetti.
- Trasferimenti: per anni, evitando un album nazionale con punteggi acquisiti si è data la possibilità alla raccomandazione di regnare sovrana, alla faccia di chi aveva, dopo molti anni, diritto alla sede auspicata.
- Straordinario: il dio denaro l’ha fatta sempre da padrone e anche in questo caso ritardi incredibili hanno fatto esplodere lotte fratricide tra i poliziotti. Eppure la parola stessa era facile da rispettare ma se i dirigenti, non pagando di tasca loro, favorivano equilibri interni agli uffici da loro diretti, qualcuno ne avrà pure la responsabilità. Un esempio: mentre frequentavo il corso da Ispettore a Nettuno, ogni giorno scambiavamo idee sulle nostre attività di Pg. Un collega di una città del Nord, a proposito del monte ore massimo, tranquillamente diceva: “ma voi vi preoccupate delle ore… Io ogni mese ho l’autorizzazione del mio dirigente a fruire di 60 ore di straordinario fisso” Si capisce bene che questa discrezionalità, mai contrattata con il sindacato, ha creato situazioni di scontro. Queste cose, sempre segnalate a livello di riunioni sindacali nazionali, non hanno mai avuto un seguito.
- Sale Operative comuni: benché il dettato della legge 121/81 obbligasse le forze politiche e le autorità di Polizia delle tre Forze a coniugare le proprie potenzialità operative, a distanza di 20 anni c’è soltanto la “virtualità” come risultato e nessuna sala operativa comune è operante neppure nelle città più importanti.
- Questione morale: anche in questo campo vi sono delle isole discrezionali troppo comode. Chi non si è comportato come la legge indicava è ancora al suo posto e, cosa ancora più grave, non è stato neanche spostato d’ufficio. Sarebbe bastata la voglia di fare una pulizia etica. Chi non si comportava come da prassi doveva essere cacciato e sostituito da altra persona più degna. O addirittura espulso dal Corpo.
- Questori: nodo cruciale della Riforma. Noi volevamo al posto dei soliti abbonati alla burocrazia stanziale, nuovi funzionari che potessero dare prova di nuove professionalità volte a creare sinergie operative e organizzative. Non è stato così se non in pochissimi casi. Ne cito due: Francesco Forleo. Se un questore come Forleo, ex segretario del Siulp, ex deputato della Repubblica, è incappato in un incidente di percorso sulle soglie dei gradini della promozione a Capo della Polizia, (che sarà chiarito dalla magistratura, unica a dare risposta) dicevo, se una persona come Forleo, non ha saputo coniugare le nostre nuove speranze, cosa ci possiamo aspettare da un questore che sta due anni in una sede poi viene spostato?
Francesco Minerva, è il secondo caso. Ad Imperia si è fatto notare soltanto come fotocopia dei suoi predecessori cioè incolore e non innovativo. Tutto questo sta a significare che aveva ragione il Gattopardo con il suo “occorre che qualche cosa cambi perché tutto resti come prima”. Certo ne è passato del tempo dal sogno del poliziotto di quartiere all’inglese che doveva essere l’asse centrale del rapporto cittadino-poliziotto. Il coordinamento delle Forze di polizia è ancora fermo agli interessi di casta. Le scuole di Polizia non hanno fatto quel salto di qualità così tanto agognato. La tecnologia avanzata e i mezzi più consoni ad una Polizia più sviluppata sono ancora lungi dal venire. Se poi pensiamo alle tante sigle sindacali che hanno proliferato con pochi iscritti, questo fatto ha ancora più complicato la vita alle già dure trattative ministeriali per la semplice ragione che forse quei piccoli sindacati vivono e rendono soltanto per fini di carriere preferenziali.
Noi del Movimento sognavamo una unione di intenti pur nella libertà del proprio pensiero ed eravamo per la pluralità sindacale ma arrivare ad una ventina di sindacati… Questo però era il sogno dell’Amministrazione che dividendo impera. Sulla diatriba Siulp-Silp che, di fatto, ha interrotto la strada iniziata molti anni fa, non intendo intervenire: si era cementata l’unitarietà ma con questa scelta si è rotto un ideale costruito con somma fatica.
Alla fine di questa mia riflessione voglio ricordare alcuni compagni di cordata che non sono più tra noi perché il destino li ha colpiti. Mi riferisco a Riccardo Ambrosini con il quale ho vissuto attimi di riflessioni democratiche inarrivabili e che per la sua coerenza estrema è stato colpito ed emarginato da chi non valeva neppure una sua pagina scritta.
Angelo Giacobelli, pioniere della democrazia nella scuola di Nettuno.
Gianni Trifirò, che ha pagato il suo credere nella democrazia: durante un inseguimento di un reo ne aveva provocato la morte incidentalmente. In un breve volgere aveva visto crollare la sua casa ideale. Non poteva sopportare quell’errore fatale e si sparò immediatamente dopo il fatto. A questo collega va il mio pensiero affettuoso.
Logicamente dentro il mio cuore sono nascoste tante soddisfazioni per gli eventi storici che non scorderò mai, dalle riunioni carbonare sul molo di Imperia, agli incontri con i maestri del Movimento. Le bandiere e le parole nelle tante manifestazioni, sono sempre lì a ricordarmi il percorso comunque raggiunto. Non posso fare a meno di ricordare l’opera di Franco Fedeli che è stato l’artefice, il regista del sindacato di Polizia. Abbiamo fatto assieme decine e decine di assemblee e manifestazioni e durante una di queste, precisamente ad Aosta, ambedue molto amareggiati e pessimisti sulla situazione sindacale in atto (era il 1986) prendevamo atto che molto era stato fatto ma purtroppo moltissimo restava ancora da fare.

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