Ciò che avvenuto prima, durante e dopo i fatti di Genova, deve essere considerato come l’epilogo di una strategia innescatasi da tempo nei confronti del dissenso sulla globalizzazione
La ricostruzione analitica degli avvenimenti di Genova richiederà ancora tanto tempo e molte informazioni per ora non disponibili. Tuttavia, si può già da ora lavorarci curando con particolare attenzione l'analisi della sequenza di ciò che è avvenuto prima, durante e dopo poiché Genova può essere considerato l'epilogo di un processo innescatosi già da tempo con diversi veri e propri prologhi non solo da Seattle a Goteborg, ma anche nelle pratiche violente della tolleranza zero, nel continuum tra guerre sicuritarie e guerre umanitarie, oltre che nelle violenze contro le manifestazioni di Roma e soprattutto di Napoli. Ma vediamo più da vicino i fatti di Genova.
• Già col governo di Massimo D'Alema il piano della sicurezza per il G8 è stato elaborato con la partecipazione di tutti i vertici dei servizi segreti e delle Polizie e con la collaborazione dei loro colleghi delle sette potenze mondiali. Tutti i servizi segreti italiani e stranieri hanno aumentato la loro rete di informatori e infiltrati in ogni area degli anti-G8, compresi i black bloc.
• La creazione della "zona rossa" è stata preparata per più di tre mesi con centinaia di perquisizioni, schedature, allontanamento di abitanti "indesiderabili", intimazioni a lasciare la città e alla chiusura di attività economiche e messaggio esplicito agli abitanti di tutta Genova affinché si barricassero o andassero altrove.
• Tre mesi prima del summit la città ha cominciato ad essere abitata da decine di agenti in borghese e dei servizi segreti italiani e stranieri. Per settimane prima del summit decine di agenti delle Polizie che già presidiavano la città parlavano sfacciatamente dell'intenzione di "menare duro".
• Le violenze e i comportamenti di diversi agenti delle Polizie contro i manifestanti assolutamente pacifici del No Global Forum a Napoli nel marzo 2001 sono stati il prologo più importante di quanto avverrà il 20 e 21 luglio a Genova. In realtà da tempo diventano frequenti i casi di violenze e di comportamenti non certo ortodossi da parte di alcuni esponenti delle Forze di polizia anche nelle carceri.
• Il Genoa Social Forum raccoglie oltre 800 adesioni di Ong, sindacati, ecc., annuncia manifestazioni di almeno centomila persone, chiede ripetutamente accordi con le autorità nazionali e locali, ma il governo Amato e i vertici di Polizia non accettaono a quel tempo nessun incontro.
• L'insediamento del governo Berlusconi-Fini-Bossi è lungi dal ristabilire una effettiva guida politica della sicurezza, ma costituisce un incitamento alle componenti autoritarie dei servizi e delle Polizie.
• Le misure adottate dai governi di centro-sinistra in materia di ordinamento delle Polizie e di orientamento della sicurezza hanno accresciuto il potere dei Carabinieri e l'orientamento militaresco anche all'interno della Polizia di Stato. La componente autoritaria aspirante ai vertici dei servizi segreti e delle Polizie sgomita per approfittare prima del largo consenso alla "tolleranza zero" e poi dell'arrivo al governo della destra liberista autoritaria.
• Prima della manifestazione di Genova viene decretata la chiusura del Tribunale di Genova e l'apertura di uffici d'emergenza dentro il carcere Marassi che viene svuotato trasferendo i detenuti altrove. Sono chiuse tutte le facoltà universitarie e in ognuna sta rinchiusa almeno una guardia armata. L'autonomia dell'autorità giudiziaria e dell'autorità accademica è violata. Il dispositivo di sicurezza prevede anche un controllo poliziesco degli ospedali e persino duecento bare (del tipo di quelle utilizzate in Vietnam.
• Il centro città, privato di gas, è assolutamente blindato e presidiato da almeno 15 mila uomini delle Polizie, migliaia di agenti in borghese e dei servizi segreti italiani e stranieri, pur trattandosi di un'area piuttosto piccola.
• Alcuni giorni prima del summit, il ministro Scajola dichiara in Parlamento che il governo si impegna a garantire la sicurezza del summit, dei cittadini genovesi e dei manifestanti.
• Berlusconi e il suo ministro Ruggiero dichiarano che le ragioni del Genoa Social Forum sono le stesse di quelle del governo. Berlusconi incontra l'arcivescovo Tettamanzi e afferma di condividerne gli auspici e di capire la sua solidarietà al Genoa Social Forum.
• Il governo promette al Genoa Social Forum tre miliardi per l'accoglienza dei manifestanti e le diverse iniziative, assicura che consentirà l'arrivo dei manifestanti dall'estero e di abolire la "zona gialla" e la chiusura della stazione di Brignole. Il ministro Scajola e il Capo della Polizia incontrano Agnoletto e altri rappresentanti del Genoa Social Forum e sembrano intenzionati ad adottare un'orientamento moderato.
• Il 18 viene sospeso il trattato di Schengen; centinaia di cittadini di paesi dell'Ue e un intero traghetto proveniente dalla Grecia sono respinti. La stazione di Brignole viene chiusa e i treni speciali sono rallentati (da Milano impiegano più di 7 ore, anziché 2, e arrivano dopo che le manifestazioni sono partite).
• La presenza e l'ubicazione dei black bloc viene segnalata dalle stesse autorità degli enti locali, anche per iscritto. Ma le Polizie non intervengono mentre perquisiscono e controllano ripetutamente i luoghi e le abitazioni dove sono installati i militanti dei centri sociali e le cosiddette "tute bianche".
• La manifestazione per i diritti dei migranti, giovedì 19, si svolge in maniera assolutamente pacifica.
• Alle 11 del 20 luglio i provocatori cominciano i loro atti di vandalismo ben lontani dalla “zona rossa”, ma sono lasciati indisturbati dal gigantesco dispositivo di Polizia che peraltro conta almeno quindici elicotteri.
• Le Polizie lasciano fare e poi attaccano i manifestanti pacifici in diverse zone della città. Alcuni leaders dei centri sociali credono ingenuamente ad intese con alcuni dirigenti delle Digos delle loro città: sarebbe stata permessa la penetrazione simbolica della “zona rossa” a una trentina di manifestanti che avrebbero dovuto accettare pacificamente di farsi arrestare per poi essere subito rilasciati. Invece, il corteo delle "tute bianche" viene attaccato quando ancora è molto lontano dalla “zona rossa” e sfila pacificamente senza alcuna arma propria o impropria. I servizi e le Digos sanno bene che al di là dell'obiettivo demagogico di violare la “zona rossa”, le "tute bianche" e anche tanti cattolici vogliono solo mettere in scena una forte disobbedienza civile legittima rispetto all'assoluta illegittimità del summit.
• Mentre la stragrande maggioranza del corteo delle "tute bianche" proveniente dall'ipercontrollato stadio Carlini cerca si sottrarsi all'attacco delle Polizie tornando sui suoi passi o disperdendosi, solo qualche centinaio di giovani reagisce rilanciando ai mittenti i candelotti lacrimogeni, pietre e oggetti trovati sul posto. La reazione più appariscente di questi giovani consiste nell'attacco di un furgone dei Carabinieri che rimane isolato e viene poi bruciato. In nessun caso i manifestanti tentano di impadronirsi delle armi delle Polizie o di altre armi proprie. Nessuno dei black bloc attacca direttamente le Polizie con armi proprie (alcuni erano solo casseurs, altri non volevano certo far male ai loro colleghi o protettori).
• Un carabiniere da una jeep spara e uccide Carlo Giuliani e la jeep passa sul suo corpo. Il vice-premier Gianfranco Fini afferma che si è trattato di legittima difesa. Anche i moderati chiedono come mai un giovane carabiniere ausiliario fosse armato di pistola e su una jeep con vetri non blindati mandata addosso ai manifestanti. La presenza di Fini e di altri dirigenti di An nelle sedi delle Polizie è di dominio pubblico ma non desta stupore mentre ai parlamentari che partecipano al movimento viene negato ogni loro elementare prerogativa.
• La sospensione dei diritti costituzionali è sfacciata: agli avvocati viene impedito di comunicare con i fermati e arrestati e viene negato l'accesso ad ogni sorta di atto giudiziario. Spariscono i referti medici dei ricoverati che spesso vengono dimessi e presi in consegna dalla Polizia scartando le richieste degli avvocati.
• Il 21 luglio circa trecentomila manifestanti pacifici scendono in piazza a Genova e non reagiscono mai alle violenze poliziesche. Candelotti lacrimogeni sono sparati sui manifestanti che fuggono anche dai gommoni della Polizia in mare e dagli elicotteri, (chi ha messo i candelotti su questi mezzi?).
• I provocatori diventano ancora più numerosi: decine di testimoni vedono che si mischiano con i ranghi delle Polizie. Ben dieci giorni prima del summit, un documento segreto segnalava alla stessa questura di Genova che almeno 50 fascisti di Forza Nuova avrebbero cercato di innescare scontri tra Polizie e manifestanti.
• Il 21 arriva la carica deliberata e violentissima con cui le Polizie attaccano l'intero corteo spaccandolo in due e respingendo metà verso Levante.
• I pestaggi di ragazzini, avvocati, giornalisti, medici e manifestanti pacifici sono centinaia per strada, nelle caserme, in luoghi occasionali e nelle carceri. Nella caserma di Bolzaneto sono massacrati, oggetto di insulti, sputi e urinate soprattutto da parte di agenti del Gom, notoriamente addetto ai pestaggi nelle carceri.
• Il blitz militare in stile dittature latino-americane contro la sede del Genoa Social Forum e la scuola dirimpettaia è l'epilogo di tutta la strategia della provocazione fascista a cui hanno assistito, assolutamente impossibilitati a fare qualcosa, parlamentari, avvocati, giornalisti italiani e stranieri, medici e singoli astanti.
• I vertici giustificano il blitz come una "perquisizione" dovuta a informazioni sulla presenza di black bloc e loro armi e quindi sulla connivenza tra Genoa Social Forum e provocatori, (tutti gli arrestati saranno rimessi in libertà senza alcuna imputazione!). I vertici della Polizia erano al corrente: erano presenti taluni collaboratori del Capo della Polizia. De Gennaro arriva a dichiarare che "il vertice si è potuto svolgere e nessun cittadino ha subito danno alla persona". Carlo Giuliani e le centinaia di manifestanti feriti e torturati nelle giornate del 20 e del 21 non sono evidentemente considerati cittadini dal Capo della Polizia italiana.
• Il più importante risultato politico della gestione del G8 sembra essere raggiunto dopo il summit con l'incontro a Roma, il 23, tra Bush e Berlusconi: mentre ancora una settimana prima il governo italiano sembrava restare allineato alle posizioni degli altri paesi Ue, ora sottoscrive totalmente le proposte di Bush (scudo spaziale, ecc.). La nuova strategia spaziale americana prevede anche la repressione dei nuovi movimenti di massa.
• La conversione militaresca violenta e autoritaria della gestione dell'ordine pubblico corrisponde all'orientamento liberista autoritario del governo che rompe con i periodi della gestione negoziata e pacifica delle regole del disordine e cioè con la concessione di spazi alle rivendicazioni sociali. Alla violenza delle Polizie contro manifestanti assolutamente pacifici corrispondono la "guerra sicuritaria" per la tolleranza zero, la "guerra umanitaria" e ancora le operazioni di Polizia internazionale.
• L'orientamento liberista rompe con la tradizione liberal-democratica. L'arrivo al potere politico in Italia di personaggi apertamente reazionari (Berlusconi, Fini, Bossi) ne fa il Paese forse più esposto a questo pericolo di rottura con la "democrazia" nei paesi dominanti negli anni 70-80. La destra dei servizi segreti, delle Polizie e delle Forze Armate pensa di poter avere infine un'occasione d'oro per rifarsi dopo anni di marginalizzazione (dopo la sconfitta della strategia delle stragi). Il centro-sinistra ha dato loro condizioni favorevoli per farsi avanti e ora la vittoria della destra neo-autoritaria sembra l'occasione buona per potersi riprendere il potere. L'assetto liberista implica un nuovo paradigma del controllo sociale: quello della guerra contro ogni comportamento non consono agli imperativi del nuovo dominio.
• Il G8 è stato voluto a Genova contro ogni evidente opportunità razionale. L'hanno fatto perché i potenti si sentivano abbastanza possenti da poter imporre con protervia il loro strapotere vista anche la passività dell'opposizione tradizionale. Le forze liberiste-autoritarie sembrano forti ma la reazione popolare conosce un crescendo straordinario. Qualsiasi liberal-democratico non può che diventare antiliberista perché il liberismo non può che essere autoritario.
• Il dato politico nuovo che rompe con la tradizione consiste nel carattere assolutamente pacifico del movimento dei movimenti. Se si fosse riproposto il tradizionale paradigma post '68 o del '77, ci sarebbero stati morti e feriti anche tra le Polizie. Il pacifismo del movimento era evidente per qualsiasi agente dei servizi e delle Digos.
• Purtroppo le scelte dei precedenti governi di centro-sinistra avevano contribuito a isolare i democratici presenti fra la magistratura e le stesse Polizie. Fra i fascisti in divisa o in borghese in servizio a Genova si inneggiava al militarismo sperimentato nel Kosovo (vedi ragazze minacciate di stupro come in Kosovo!). È anche questo l'effetto della "guerra umanitaria" e i discorsi a sostegno della missione "arcobaleno"!
• Pesa oggi più che mai la divisione dei sindacati di Polizia. La ricostruzione dell'unità fra tutti i democratici dispersi nei 23 sindacati della Polizia di Stato e delle altre Polizie è assolutamente indispensabile per contrastare l'escalation della componente autoritaria sostenuta dal governo. Le Polizie non sono più autoritarie o più democratiche di quanto sia la società. Le società dei paesi dominanti sono oggi egemonizzate da orientamenti reazionari, ma la violenza del liberismo globalizzato finirà per diffondere il consenso a favore di uno sviluppo sostenibile e pacifico.
• Le indagini in corso dei magistrati potrebbe identificare con precisione tutti i responsabili delle violenze in ogni strada, piazza, luogo e momento anche sulla base degli ordini e delle relazioni di servizio. Ma l'unica effettiva resistenza vincente contro l'involuzione autoritaria potrà essere realizzata con una nuova grande mobilitazione unitaria dei democratici all'interno stesso delle Polizie e della magistratura, così come avvenne con la nascita del Movimento per la democratizzazione della Polizia proprio nel periodo più nero della strategia delle stragi di stato e dei servizi americani.
• Il rischio di una vera e propria involuzione autoritaria è confermato dal tentativo di abolire le norme democratiche inerenti anche il diritto di manifestare, ossia ogni dissenso contro il nuovo regime liberista. L'attacco al movimento dei movimenti è un attacco contro tutta la società così come prima la violenza contro zingari e immigrati è stata il preludio a quella contro ogni dissidenza.
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