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ottobre/2001 - Interviste
Genova DOCET
Mi chiamo Black sarò il tuo Bloc
di Emilio Belfiore

Le "tute nere" impongono ormai la loro violenta presenza in tutte le manifestazioni di massa contro la globalizzazione. Sono pochi, ma agguerriti, ed esperti strateghi del caos. Di varie nazionalità, si coprono sotto l'etichetta dell'"anarchico", ma non manca chi dichiara la sua fede nazista

Difficile dire a che cosa somiglino, e quali analogie possano richiamare dal passato, lontano e meno lontano. Niente a che vedere con i "duri" delle manifestazioni che vanno dal dopoguerra alla prima metà del 1960: si menava e si veniva menati senza tanti complimenti, a volte Polizia e Carabinieri sparavano (non sempre in aria), ma chi manifestava lo faceva a viso scoperto, con un motivo ben preciso, si muoveva nel suo territorio. Neppure i riferimenti al mitico '68 sembrano validi sul piano dei comportamenti individuali e collettivi: semmai, qualche affinità si può trovare, nel Maggio parigino, con i "katanga" della Sorbona, una ventina di energumeni infilatisi nel movimento studentesco (tre o quattro di loro erano stati mercenari in Africa, di qui il nome) che praticavano la violenza contro tutto e contro tutti, ma si tenevano scrupolosamente alla larga da flic e Crs. Gli anni '70, gli Autonomi, il famigerato "servizio d'ordine" di Lotta Continua (quelli che attaccavano i cortei delle femministe a colpi di chiave inglese, gridando in perfetto stile macho "È ora, è ora, la fica a chi lavora")? Anche qui non ci siamo. Quella era, indubbiamente, violenza, ma era una violenza che rientrava in una sua logica, sia pure aberrante. Quanto al pianetino delle Br&C, ipotizzare discendenze e richiami servirebbe solo a confondere delle idee che già non sono molto chiare.
Ecco, di primo acchito verrebbe da dire che questi "black bloc" sembrano usciti da un wargame giapponese, ma naturalmente non è vero. Questo "gioco" è tutt'altro che un gioco, e rischia di innescare (e magari di essere accortamente utilizzato a questo scopo) processi pericolosi e di larga portata. Non stiamo esagerando?, obietterà qualcuno. In fondo, quante sono queste "tute nere"? A Genova non se ne sono mai viste piú di un centinaio tutte insieme, e hanno sempre operato a gruppi di trenta-quaranta. Anche alla sfilata, vista e rivista, fotografata e filmata, con in testa tamburi (stranissimi "anarchici" tamburini) e bandiere nere. Ragazzi e ragazze, con qualche presenza meno giovanile, che nei giorni del G8 si sono meticolosamente dedicati a sfondare vetrine, saccheggiare supermercati, banche, agenzie turistiche, a incendiare auto, a seminare nella città caos e distruzioni; di varie provenienze, più stranieri che italiani, tedeschi, francesi (soprattutto "casseurs" marsigliesi), spagnoli, inglesi, scandinavi, turchi, e altri. Complessivamente quanti? In un'intervista pubblicata nel numero di Panorama del 2 agosto, il ministro Claudio Scajola afferma che "le tute nere non erano un gruppetto di 300 o addirittura 150 manifestanti, come ho sentito dire in una irresponsabile trasmissione televisiva, erano migliaia". Però, subito dopo si capisce che il responsabile dell'Interno comprende in questa cifra anche quei manifestanti che hanno reagito alle cariche, che si sono scontrati a volte duramente con poliziotti e carabinieri, ma non hanno in alcun modo partecipato alle sistematiche distruzioni dei black bloc. Del resto, sullo stesso numero del settimanale, Giacomo Amadori, che ha seguito la giornata di venerdì 20 luglio, quella dell'uccisione di Carlo Giuliani, insieme alle "tute nere", riuscendo a connotarle con notevole precisione, calcola che fossero trecento. Comunque pochi, pochissimi in confronto ai trecentomila antiglobal che hanno manifestato pacificamente.
Seconda domanda: che cosa vogliono? O meglio, che cosa dicono di volere? I giornalisti che li hanno avvicinati sono riusciti a raccogliere solo dichiarazioni smozzicate, frammiste a insulti. "Per voi siamo teppisti, ma la violenza vera la esercitano gli altri, voi compresi", "La divisa ? Non esiste. Passamontagna e fazzoletti servono solo per non farsi riconoscere", "Io legittimo l'attacco a banche, negozi, stazioni di servizio. Non brucio le automobili. Ma il primo terrorista è lo Stato", "Giornalista ? Ma perché non vai a fare in...". E così via. Nessuna voglia di discutere, e nemmeno di convincere gli altri. Ogni volta che sono stati affrontati da manifestanti del Genoa Social Forum, con scambio di epiteti quali "Bastardi! Pezzi di merda!", hanno minacciato di sprangarli (e lo hanno fatto con fotografi e cineoperatori, trattati con quasi eguale ruvidezza dalla Polizia), e si sono dileguati. "Senza trovare ostacoli - scrive Amadori - Appena abbiamo passato il tunnel di corso Sardegna, la Polizia non ci ha piúincrociati, è rimasta ferma ai confini della zona rossa. Anche perché le 'ombre nere' hanno evitato quasi sempre lo scontro con le Forze dell'ordine. "Move!", gridava quello che sembrava il loro capo, con una felpa nera e il viso slavato. Era vicino a me e con l'occhio controllava l'elicottero che girava sopra le nostre teste".
Quando è capitato di incontrare, eccezione alla regola, un black bloc meno riservato, ascoltandolo non si sa che cosa pensare. È il caso di un certo Liam Stevens, 26 anni, di Birmingham, intervistato da Luca Arnaù, Mara Queirolo e Mauro Bocci, tre giornalisti dell'Italpress News che 'coprivano' il vertice per un quotidiano britannico. L'uniforme dell'inglese - anfibi, pantaloni mimetici, felpa nera - è caratterizzata dal muso di un bulldog stampato sul petto. Sul braccio destro sono tatuate delle rune celtiche, che per i neonazisti hanno sostituito spesso la svastica hitleriana. Stevens, che probabilmente parla sollecitato dall'alcol, chiarisce subito il punto:" Nazi, nazi", dice battendosi il petto. E aggiunge: "Non me ne frega niente del G8. Sono qui per spaccare tutto e mi sto divertendo un sacco". Nel seguito dell'intervista (riportata parzialmente dal Manifesto) rivela di trovarsi a Genova da una settimana, chiamato, lui e il gruppo a cui appartiene, dai suoi "italian brothers", con l'assicurazione che ci sarebbe stato da divertirsi, senza correre troppi rischi. Il dialogo sarà interrotto da una ragazza in tuta nera, che grida a Stevens, in inglese, di non parlare con i giornalisti, e chiama altri Black che spingono via i tre.
La prevedibile presenza di neonazisti era stata segnalata in un documento riservato giunto all'ufficio di Gabinetto della Questura di Genova: "Si è appreso che i movimenti della destra extraparlamentare Forza Nuova, Fronte Nazionale e Comunità politica di Avanguardia, effettuerebbero a Genova manifestazioni anti-G8. In particolare, alcuni torinesi di Forza Nuova costituirebbero un nucleo di 25-30 militanti fidati da infiltrare tra i gruppi delle cosiddette Tute Bianche, allo scopo di confondersi tra i manifestanti anti-G8... Forza Nuova, in possesso di armi da taglio, avrebbe come obiettivo di colpire, in caso di incidenti, le Forze dell'ordine screditando così l'area antagonista di sinistra". Non sappiamo quale peso sia stato veramente dato a queste informazioni (altre, alquanto fantasiose, come attacchi con alianti, lancio di palloncini riempiti di sangue infetto, kamikaze mediorientali, sono state prese in piú seria considerazione), ed è probabile che fra le "tute nere" i neonazisti, italiani e stranieri, fossero una minoranza. Ma la loro presenza accentua il carattere ambiguo di questi spaccatutto, e ci riporta - questa volta sì - ai cupi anni delle stragi, quando c'era chi si diceva "anarchico", e poi si scopriva che era un fascista 'in abito simulato'.
Detto questo, lasciamo stare i fantasmi del passato, senza per questo dimenticarli. Tirando qualche somma, si potrebbe ritenere che i black bloc siano un magma nel quale c'è un po' di tutto. Un magma di violenza, beninteso. Cani sciolti? Non esattamente, dato che esistono fra loro forme di collegamento, del tipo degli "italian brothers" del succitato Liam Stevens, e forse anche con livelli organizzativi meglio articolati, prevalentemente attraverso Internet. Per incriminare alcuni dei pochi arrestati a Genova (tutti dopo gli avvenimenti) i magistrati hanno tracciato il quadro di una "disorganizzazione organizzata" (un'autentica novità giuridica) che avrebbe come conseguenza il reato di associazione per delinquere con legami internazionali, finalizzata alla devastazione e al saccheggio. Ipotesi respinta, logicamente, dagli avvocati difensori, che equiparano i black bloc agli ultras degli stadi. E non è escluso che in alcuni casi vi siano coincidenze fra queste e quelle compagini di "guerrieri". Ma il contesto appare del tutto diverso. Anzitutto perché le "tute nere" potrebbero rientrare in un pericoloso disegno politico, pur non avendone loro uno ben preciso. È accaduto con il terrorismo, potrebbe accadere di nuovo.
D'altra parte, un'analisi socio-politica dei black risulta un'operazione che tende a girare a vuoto. In un'intervista a La Repubblica, Luca Casarini, il portavoce delle "tute bianche", afferma che "la strada imboccata dai black bloc è cieca e perdente", e li definisce "una realtà storica, il sintomo di un forte disagio sociale". Casarini ci sembra una persona ragionevole, con fermi principi sulla libertà e la solidarietà, e a Genova ha avuto il merito di fare, insieme a Vittorio Agnoletto, quello che poteva per evitare scontri con le Forze dell'ordine: ha persino difeso un manipolo di carabinieri che caricavano sostenute da autoblindo, bloccando i manifestanti che reagivano con un lancio di pietre. Però, quando parla di "forte disagio sociale" si ha l'impressione che nemmeno lui ha capito bene che cosa siano le "tute nere". Il disagio sociale, per fare un esempio ben noto, si esprime nelle rivolte dei ghetti americani, dove violenza, incendi, saccheggi esplodono sulla spinta delle discriminazioni razziali, della disoccupazione, della miseria che si specchia con rabbia nell'opulenza degli "altri". Ma che c'entra il disagio sociale con lo Schwarzer tedesco che prende il treno per andare a distruggere un negozio a Genova o una banca a Goteborg? Come Erna, 49 anni, farmacista a Francoforte, che, con un giornalista dell'Espresso, si definiva "anarchica proletaria", mentre scriveva su un cartello "Todos somos black bloc". Una menzogna, e insieme uno slogan provocatorio.
Se ne riparlerà, purtroppo. I fatti di Genova - con le violenze delle "tute nere", e quelle delle Forze dell'ordine indirizzate contro manifestanti pacifici (unite insieme in una sferzante vignetta di Le Monde) - hanno avuto anche il risultato, non irrilevante, di far fare all'Italia una pessima figura, di fronte all'Europa e al mondo. Da dichiarazioni e pareri espressi da esponenti del governo, si evince che nel nostro Paese è ormai possibile tenere dei vertici internazionali solo in piccole località montane, in stazioni termali, o in basi militari. Quanto alle manifestazioni, sarebbe preferibile dirottarle in aperta campagna, o addirittura vietarle. Tutto questo per i timori suscitati, e alimentati, dalla sempre possibile presenza di questi quattro gatti neri, che appaiono, colpiscono, e scompaiono come marionette. Ma fermiamoci qui, altrimenti, chissà, potrebbe sorgere la tentazione di cercare eventuali burattinai.
P.S. 1. Secondo la testimonianza resa al sostituto procuratore Sergio Merlo da Vincenzo Crea, capo di gabinetto della Questura di Genova, domenica 22 luglio, la Polizia stava per fare irruzione in un locale scolastico di Quarto che era stato occupato, già da qualche giorno, da circa 150 "tute nere": ma, ha riferito il funzionario, l'intervento sarebbe stato impedito (in che modo?) da "manifestanti pacifisti", e lo stesso Crea aveva ordinato ai reparti di rientrare subito in Questura. Poche ore dopo, vi era stato il blitz alla scuola Diaz, sede del Genoa Social Forum e del suo centro stampa, poi motivato con il sospetto che vi si fossero infiltrati dei black bloc.
2. Una volta terminato il G8, qualche decina di cittadini stranieri sono stati arrestati con l'accusa di essere delle "tute nere": tra questi, 25 "attori di strada" (16 austriaci e altri di verse nazionalità), che avevano organizzato degli spettacoli lungo i cortei, fermati lunedì 23 luglio, mentre erano in viaggio a trenta chilometri da Genova. La loro vicenda ha provocato violente proteste da parte del governo austriaco.
3. Sarebbe interessante sapere, sempre che sia possibile, quali strategie siano state elaborate e messe in atto dalle autorità preposte all'ordine pubblico per fronteggiare i black bloc (quelli veri, naturalmente), unici autori delle devastazioni che hanno duramente colpito la città di Genova. Anche per trarre degli insegnamenti da questa dolorosa esperienza.

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