Riprendiamo l’esame dei reati contro il patrimonio, e precisamente di quelli commessi mediante frode. L’appropriazione indebita ê il delitto che commette chiunque, per procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, si appropria di denaro o di altra cosa mobile di cui ha il possesso a qualsiasi titolo.
Come abbiamo anticipato, è un delitto contro il patrimonio mediante frode.
Per la sussistenza o meno di questo delitto, la prima cosa da accertare è che l’autore del reato abbia a suo tempo acquisito legittimamente il possesso del denaro o della cosa mobile di cui si appropria. Infatti, nella ipotesi in cui taluno si impossessa della cosa mobile altrui “sottraendola a chi la detiene” commette furto e non appropriazione. La differenza fra le due ipotesi delittuose (a prescindere dal fatto che il furto è un reato contro il patrimonio mediante violenza) è data dal “modo” in cui si viene in possesso della cosa mobile altrui: nel furto mediante sottrazione a chi a qualsiasi titolo la detiene, nella appropriazione indebita mediante appropriazione da parte di chi è già in possesso della cosa stessa.
Si può parlare di appropriazione quando si compiono con la cosa altrui, azioni che potrebbero essere compiute solo dal legittimo proprietario (come ad esempio destinare la cosa a scopi diversi da quelli cui il proprietario l’ha destinata, o con la vendita o consumazione della stessa a proprio vantaggio). Si consuma altresì, come ha stabilito la suprema Corte di Cassazione, mediante il rifiuto categorico di restituire la cosa altrui.
Soggetto attivo: generico (chiunque);
soggetto passivo: generico (il proprieta rio del denaro o della cosa mobile);
presupposto di reato: possesso a titolo legittimo, sia pure con diversa destinazione o motivazione, del denaro o della cosa mobile di cui ci si appropria;
dolo: specifico (al fine di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto;
oggetto giuridico: tutela del patrimonio, in particolare del diritto di proprietà;
oggetto materiale: denaro o altra cosa mobile;
Arresto: facoltativo nella flagranza;
Fermo: non consentito;
Procedibilità: a querela della persona offesa;
Competenza: tribunale ordinario.
L’appropriazione indebita è procedibile d’ufficio se ricorre l’aggravante speciale di aver commesso il fatto su cose possedute a titolo di deposito necessario o di aver commesso il fatto con abuso di autorità o di relazioni domestiche, di relazioni d’ufficio, di prestazione d’opera, di coabitazione o di ospitalità. Quest’ultima aggravante è comune per i delitti in genere (art. 61 n. 11 c.p.), diventa specifica per l’appropriazione indebita.
Si ha deposito necessario quando la cosa mobile è stata depositata presso colui che se ne impossessa, a causa di un terremoto, un incendio, una inondazione ecc…
Pur essendo una norma a tutela del patrimonio, questa ipotesi è posta a specifica tutela del diritto di proprietà. Infatti il diritto di possesso è tutelato da altre norme (quelle sul furto, sulla rapina, l’estorsione, l’usurpazione ecc…).
Non è punibile se commesso in danno del coniuge non separato, di un ascendente o di un discendente, o affine in linea retta, o dell’adottato o dell’adottante, del fratello o della sorella conviventi col reo, purché non sia stato commesso con violenza (art. 649 c. p.).
Il tentativo è difficilmente configurabile, in quanto è sufficiente già il primo atto compiuto dal reo allorché manifesta la propria volontà di appropriarsi della cosa mobile altrui.
Si ha il delitto di “tentata appropriazione indebita” (art. 56 c.p.) allorché taluno compie atti idonei rivolti in maniera non equivoca a commettere un delitto e l’azione non si compie o l’evento non si verifica. Quindi il tentativo è ipotizzabile solo in presenza di più atti e non di un solo atto.
Va detto infine che non ricorre il delitto di appropriazione indebita quando taluno fa un uso momentaneo del denaro o della cosa mobile altrui. Questa ipotesi, nel caso del delitto di peculato (art. 314 c.p.), concretizzava il delitto di peculato per distrazione, ipotesi che non viene più considerata autonomamente dalla riscrizione dell’art. 314. Infatti il pubblico ufficiale che si appropria momentaneamente della cosa mobile di cui ha il possesso per ragioni del proprio ufficio, commette una ipotesi attenuata del delitto in questione.
Aggiungiamo che lo stesso art. 314 ha assorbito l’ipotesi di cui al successivo art. 315 (abolito) che prevedeva la malversazione in danno del privato. Il legislatore del 1990 ha abolito la differenziazione fra l’appropriazione da parte del pubblico ufficiale di cose appartenenti alla pubblica Amministrazione, dalla appropriazione di cose appartenente al privato.
Ad ogni buon fine, la differenza sostanziale fra il delitto di appropriazione indebita da quella di peculato, sta nel soggetto qualificato di quest’ultimo delitto.
E, per concludere, sulle diverse ipotesi di reato in cui si tratta di appropriazione ricordiamo il delitto di malversazione a danno dello Stato (art. 316 bis), commesso da chiunque estraneo alla pubblica Amministrazione, che avendo ottenuto dallo Stato o da altro ente pubblico o dalla Comunità europea, contributi, sovvenzioni o finanziamenti destinati a favorire iniziative dirette alla realizzazione di opere o allo svolgimento di attività di pubblico interesse, non li destina alle predette finalità.
I delitti di cui agli artt. 314 e 316 bis c.p. sono previsti nel Titolo dei delitti contro la pubblica Amministrazione.
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