Davide Macera, 25 anni, che durante il servizio militare di leva aveva denunciato le violenze subite dai commilitoni, si è tolta la vita a seguito dei trami sopportati in caserma
Davide Macera aveva 25 anni e 3 anni fa, nel marzo del 98, aveva denunciato con coraggio il nonnismo trovato nella caserma Santa Barbara di Anzio dove era arrivato nel marzo 98. Lo aveva fatto dall’ospedale dove era finito con l’addome trafitto da una scheggia di vetro. Un “nonno” gli aveva sbattuto in faccia una vetrata durante un inseguimento nato dopo l’ennesimo sopruso, una zuccheriera gettata addosso. Fino allora la sua breve permanenza in caserma era stata segnata da schiaffi, insulti, gavettoni di acqua gelida, sbrandamenti, umiliazioni. Aveva anche riferito di essersi rivolto al comandante. Così Paolo Brogi su “Il Corriere della Sera” del 14/6/2001 ci ricorda questo drammatico episodio tra i più recenti della “serie del nonnismo”.
Dopo in fatto di tale gravità il personale di governo responsabile della gestione della caserma in quel frangente, doveva essere immediatamente punito anche perché questo era solo l’ultimo di una serie di gravissimi episodi. E i provvedimenti punitivi avrebbero dovuto essere resi noti (in questo caso come in tanti altri per dare un segnale all’interno dell’organismo militare e nella società esterna), circa l’importanza che riveste la responsabilità oggettiva in una organizzazione gerarchica come quella militare.
Ma, almeno negli ulti 20 anni di vita dell’Ana-Vafaf, non ci è mai stato dato modo di conoscere un provvedimento punitivo preso a carico del personale di governo, che servisse di ammonimento, per invitare a comportamenti che non consentissero fatti di nonnismo. Sembra vi sia stata una assoluta “immunità militare”. In tanti anni si è saputo solo, in qualche caso eclatante, che il comandante della caserma era stato trasferito. Ma il trasferimento non è affatto una punizione, non è nemmeno una nota di demerito che viene scritta sui documenti personali dell’interessato e quindi non incide neppure sulla sua carriera. A volte il trasferimento può addirittura risultare un premio. Ed è per questi motivi che il nonnismo è continuato indisturbato nonostante le infinite dichiarazioni di guerra allo stesso fatte periodicamente da ministri della Difesa e Capi di Stato Maggiore. Siamo in presenza di una grave mancanza di cura nei riguardi del personale che viene chiamato a prestare servizio militare,, una grande mancanza di assistenza alle famiglie, la pressoché totale mancanza di indennizzi. Una situazione da quarto mondo e forse peggio. Ma per le parate con sfoggio di trombe e di pennacchi vi sono soldi in abbondanza. E se ci fanno un cenno gli Usa, siamo pronti a stanziare 4 miliardi per ogni famiglia delle vittime, come è stato il caso del Cermis. Queste famiglie hanno avuto un risarcimento 4 miliardi di volte superiore a quello di tante famiglie di militari deceduti che non hanno avuto neppure una lira. E mentre c’è chi aspetta da 30 anni, sono bastati pochi mesi per liquidare le vittime del Cermis e chiudere un caso con tutte le responsabilità connesse.
C’è da chiedersi: queste sarebbero Forze Armate democratiche?
Vorremmo proprio sapere cosa ne pensa il Capo dello Stato che è anche capo delle Forze Armate e al quale l’Associazione che presiedo si è rivolta senza peraltro avere risposta. Nemmeno se un soldato si impicca c’è un segno da parte delle istituzioni. Davide Macera è stato uno degli ultimi casi drammatici che si sono verificati. In merito scrive ancora Paolo Brogi: “Dopo Anzio - racconta il padre - era diventato irriconoscibile. Aveva sofferto prima nell’ospedale di Anzio e poi, per un mese, all’ospedale del Celio. Era tornato a casa con una tremenda depressione. Trauma da stress, avevano scritto i medici”. Prosegue Brogi: “La denuncia di Davide ha provocato un processo concluso con la condanna a 3 anni di uno dei due soldati che lo avevano angariato. Mio figlio aveva affrontato quel processo come una prova dolorosa. I suoi persecutori avevano continuato a ridergli in faccia. Aveva paura”.
C’è da chiedersi: il comandante della caserma e il personale di governo hanno sentito il dovere civico di essere presenti al processo e di rendersi conto di cosa era accaduto? A rendersi conto di cosa aveva provocato la tolleranza al nonnismo che si era verificata? Temo proprio di no.
Ci si preoccupa molto della facciata, ma ben poco di cosa c’è dietro la facciata. E anche i Cocer, i Coir, i Cobar, che dovrebbero preoccuparsi (si fa per dire, perché sembra ironico) del “benessere” dei soldati cosa fanno in merito? Ed esiste un controllo da parte della sfera politica visto che in un Paese democratico spetta alla politica il controllo sull’apparato militare? Credo che ci sia ampia materia su cui riflettere. Il padre di Davide Macera esclama sconsolato: “Basterebbe niente per eliminare il nonnismo, ma fa comodo a tanti comandanti”.
Riproponiamo l’interrogativo al ministero della Difesa. Ma non ci illudiamo. In un recente documento dello stesso Ministero con un indiretto riferimento al caso Scieri, il paracadutista morto a Pisa il cui cadavere venne ritrovato solo dopo 3 giorni, un caso che aveva fatto molto rumore (certamente troppo rumore per il ministero della Difesa) viene citato un proverbio cinese secondo cui “un albero che cade fa più rumore di mille che crescono”. Già, un albero che cade! Dunque si può pensare al soldato né più né meno come a un albero. Non eravamo mai giunti tanto in basso neppure quando si pensava ai soldati come a un numero di matricola o come a carne da cannone. Per uno scempio vegetale ci si può rivolgere alla “Lega ambiente” o a “Italia Nostra”; per uno scempio animale alla società di protezione degli animali, ma per uno scempio da caserma a chi si può rivolgere?
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Sul “nonnismo” tutto tace
Il Ministro della Difesa della passata legislatura aveva presentato il 18 aprile 2000 il disegno di legge n. 6947 relativo a: “Modifiche al Codice penale militare di pace in materia di reati contro la persona e contro il patrimonio”.
Il 2 febbraio 2000, presso la Camera dei Deputati fu presentata una proposta di legge di analogo contenuto da parte dei deputati Spini ed altri (A.C. 6727).
Il 9 febbraio 2000, inoltre, presso lo stesso ramo del Parlamento, è stata presentata una proposta di legge, di iniziativa dei deputati Lavagnini ed altri (A.C. 6747), concernente l’introduzione dell’articolo 229-bis nel Codice penale militare di pace in maniera di circostanze aggravanti nei reati contro la persona. Di quelle proposte di legge, non se n’è fatto nulla.
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