Si sa da tempo, e si dice da sempre: la volontà politica è tutto, se c’è (o se ci fosse) la volontà politica… Ed è senz’altro vero. Anche per quanto riguarda la lotta alla criminalità economica, la quale per motivi oggettivi e soggettivi molto spesso si fonde con quella che viene chiamata criminalità organizzata. Una lotta che chiaramente può essere condotta con qualche speranza di successo solo a livello internazionale. Come del resto avviene, quando avviene. E va detto che su questo fronte l’Europa cerca di essere in prima linea, sia pure con strumenti operativi a volte inadeguati. Ma proprio qui entra in campo la volontà politica, che ovviamente è determinata da interessi generali e interessi particolari, questi ultimi a volte determinanti.
L’ultima iniziativa messa in campo dalla Commissione dell’Ue è un “Forum Europeo per la prevenzione della criminalità organizzata”, presentato nel maggio scorso, al quale potranno aderire esperti del settore (magistrati, polizie, amministrazioni nazionali e locali) e rappresentanti delle categorie in qualche modo interessate (banche, società finanziarie, imprenditori, import-export, avvocati, media), con il fine di creare dei gruppi di studio e di confronto fra diverse esperienze, e giungere alla definizione di strategie efficaci. Nelle intenzioni dei promotori, il Forum dovrebbe costituire un punto di riferimento per le azioni di contrasto alla diffusione delle ramificazioni mafiose, che non di rado agiscono di concerto con le attività paralegali, o chiaramente illegali, di operatori finanziari e imprenditori. Il tutto all’insegna del massimo profitto ottenuto rapidamente, in barba alle leggi nazionali ed internazionali. Comunque, si può prevedere che difficilmente – a meno di un mutamento di rotta nel coordinamento da parte di tutti i Paesi dell’Ue – il Forum riuscirà ad essere qualcosa di più di un “consulente”, ascoltato o ignorato a seconda, appunto, della volontà politica di questo o quel governo, e degli interessi che si trova a rappresentare e a difendere.
Resta il fatto che la situazione tende ad aggravarsi, mentre l’illegalità ad alto livello trova di continuo nuovi sistemi per sfuggire alla prevenzione e alla repressione attuate da magistrature e polizie. In proposito un segnale d’allarme che avrebbe meritato di suscitare maggiore interesse nell’opinione pubblica (ammettendo che l’opinione pubblica ne abbia saputo qualcosa) è venuto dal Consiglio d’Europa, organismo che riunisce 43 Stati, e ha sede a Strasburgo. Nel rapporto presentato il 24 aprile scorso dalla senatrice italiana Vera Squarcialupi, responsabile della Commissione per l’economia e lo sviluppo, si sottolineava l’espandersi negli ultimi tre anni della criminalità economica, che ormai ha assunto dimensioni e capacità tali da poter “infiltrare le istituzioni democratiche. Quando questo dato di fatto si tradurrà in influenza politica, la capacità politica dell’Europa e la sua volontà di lottare contro questa forma di criminalità rischiano seriamente di esaurirsi, e il nostro continente potrebbe perdere questa battaglia”. Ecco il punto focale, che troppo sovente viene dimenticato. La grande criminalità organizzata, e ormai ramificata in una serie di holding professionalmente specializzate, ha assoluto bisogno di inserirsi nelle istituzioni per continuare a prosperare (secondo un codice di comportamento elaborato nell’immediato dopoguerra da Cosa Nostra), e su questa direttrice si sviluppa una concordanza con la cosiddetta criminalità economica e finanziaria: traffici (di droga, di esseri umani, di tabacco, di armi) ed evasione fiscale, appalti pubblici “pilotati” e fondi neri, paradisi bancari e riciclaggio: E corruzione, l’arma più potente per disarticolare la macchina della legalità. “Quando lo Stato non è in condizione di far applicare la legge, la criminalità organizzata può scalzare la sua autorità, e sostituirsi ad essa”, dice il rapporto del Consiglio d’Europa.
Applicare la legge? Per riuscire veramente a farlo sarebbe essenziale un effettivo coordinamento giudiziario e poliziesco internazionale, che consenta di superare gli innumerevoli ostacoli frapposti alle indagini, alle rogatorie, alle domande di estradizione. E almeno, per quanto riguarda l’Ue, si dovrebbe arrivare alla creazione di quella Procura europea, sostenuta fino a ieri dai governi tedesco, francese e italiano. Senza ripensamenti, si spera.
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