In quest’anno sono ricorsi sia l’anniversario della morte di Carlo Beccari, che quello di Massimiliano Valenti, barbaramente uccisi.
È questa, solo questa, la memoria di chi la “Uno Bianca” non l’ha vista in un film. Un film che ha forzatamente violentato la realtà, trasformandola in qualcosa di completamente diverso ed ha fatto riaffiorare alla mia mente, momenti di un’indagine che ho cercato di dimenticare.
Alla notizia della fiction, ho pensato che potesse trattarsi di un film-verità. Il buon senso e il rispetto per le vittime, alla fine doveva prevalere sulla possibilità di tramutare una tragedia in una “farsa poliziesca”.
E invece no. Tutto è stato stravolto.
Il film non ha reso giustizia a nessuno, anche se questo, probabilmente, non era tra gli obiettivi degli autori.
La realtà è diventata un’invisibile comparsa, lasciando il suo posto alla fantasia.
La storia di sette anni di terrore e morte, le difficoltà investigative di un’indagine così complessa, gli sforzi di tanti poliziotti, carabinieri e magistrati per porre fine a quella scia di sangue, non può essere sostituita da quella farsa-fiction.
Agli spettatori che l’hanno seguita, non è stata data alcuna possibilità di distinguere la realtà dalla fantasia e quest’ultima é diventata “verità” per milioni di persone.
Gli autori hanno preferito far risaltare l’aspetto investigativo di questa vicenda, che, sinceramente, non meritava alcuna santificazione.
Una scelta che non ha reso alcuna giustizia agli unici, veri eroi di questa dolorosa e assurda vicenda: le vittime.
Eroi che avrebbero meritato una maggiore considerazione, in un film che si è ispirato alla loro storia, a momenti di puro coraggio che dovrebbero rimanere nella memoria di tutti.
Eroi veri che si sono opposti alla violenza e all’ingiustizia, con fiero coraggio, coscienti di quello che stavano rischiando.
Da Valenti a Stefanini, Mitilini, Moneta, Stasi, Erriu, Zecchi, Pasqui, Pedini, Bonfiglioli, Ansaloni, Capolungo, Ndiay, Cheka, Alessandri, Mosca, Armorati, Bellinati, Della Santina, Picello, Poli, Beccari, Mirri, Merendi per finire a Paci e continuare con tanti altri che forse, sono vivi solo per miracolo.
Altri eroi, a pensarci proprio bene, non ne ho visti.
Il film é un’altra storia, forse era il caso di intitolarla “La Barca Azzurra”.
Altro aspetto, sicuramente secondario, è l’indagine che, dopo dieci mesi, ha portato all’arresto di tutti i componenti della banda.
Nella fiction, senza alcuno scrupolo, sono stati ridicolizzati magistrati, poliziotti e carabinieri. Da Bologna a Pesaro, solo idioti, incapaci e codardi.
Ricordo, invece, momenti diversi, tanti altri colleghi che hanno lavorato senza riserve, senza orari, arrivando a rischiare consapevolmente anche la vita.
Una ricostruzione che ha deluso tutti, poliziotti e carabinieri, magistrati e cittadini che in qualche modo sono stati sfiorati da questa vicenda.
Dietro questa farsa televisiva sembra quasi che ci sia un grande burattinaio, quello che scioccamente con questo film pensa di recuperare un’immagine che era stata compromessa.
Eppure, ricordo perfettamente la determinazione del Prefetto Masone e dell’attuale Capo della Polizia De Gennaro, nel ricercare la verità e porre fine ad una vicenda drammatica. In quell’estate del 1994, fu inviato in Romagna, per coordinare l’attività investigativa, uno dei pochi e veri eroi nella lotta alla criminalità, Rino Germanà.
In questa dolorosa vicenda, è doveroso sottolineare che il Capo della Polizia riconobbe alcuni meriti (encomio solenne) al gruppo (sei persone Capocasa, Ghetti, Baglioni, Peruzzini, Costanza, Di Giorgio) che, da febbraio a novembre sono arrivati a chiudere la partita insieme a tanti altri colleghi che non hanno ricevuto encomi e nemmeno una stretta di mano, ma che hanno comunque meriti non inferiori ad altri.
In una vicenda così assurda, che lascia ancora oggi, il campo aperto a dubbi e interpretazioni, corre l’obbligo, per chi come me oltre che Poliziotto è anche un rappresentante sindacale, di fare chiarezza nel rispetto delle vittime e di quei colleghi che in questa vicenda hanno pensato a lavorare con professionalità ed umiltà, senza farsi abbagliare dalla luce dei flash.
Mario Peruzzini
Segr. Gen. Prov. Siulp Forlì-Cesena
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