Il primo aprile, per quelli della mia generazione, ricorda l’arruolamento periodico che avveniva nel disciolto Corpo delle Guardie di Pubblica Sicurezza e quindi, oltre a rammentare la gioventù, tale data rappresenta anche un giorno epocale allorquando il 1 aprile del 1981 si raggiunse il traguardo della completa democratizzazione della Polizia restituendo alla collettività un’istituzione più vicina alle istanze dei cittadini.
Da quel mio 1° aprile sono trascorsi quasi trent’anni mentre dal secondo si è appena girata la boa dei vent’anni, e quindi credo sia d’obbligo fornire un tracciato di quanto è stato fatto dall’allora “Movimento unitario dei poliziotti democratici” agli attuali 24 sindacati esistenti.
La nascita di tutti questi sindacati sta a significare che non tutto ha funzionato per il giusto verso.
Queste divisioni e diaspore a chi sono servite? Chi le ha orchestrate? Che interesse avevano coloro che le hanno condotte in porto? È stato fatto solo per opinioni divergenti all’interno delle varie sigle nate di volta in volta, oppure c’è stato sempre qualcuno o qualcosa dietro ad ogni defezione?
Come vediamo, 20 anni sembrano trascorsi inutilmente in quanto ci troviamo sempre a combattere contro i muri di gomma e i “grandi vecchi”!
La natura del sospetto è insita in me, avendo già vissuto la stagione dell’ostracismo da parte dei poteri forti sull’allora nascente legge di Riforma della Polizia.
La legge 121/81 tra tutte le leggi varate dal Parlamento, fu definita “epocale” sia per i contenuti sia per le innovazioni che avrebbe dovuto apportare per una maggiore sicurezza della collettività e di coordinamento tra le Forze dell’ordine.
Ancora prima di essere approvata, dietro le quinte c’era già chi remava contro, preferendo una Polizia militarizzata alla pari dei Carabinieri perché, ieri come oggi, c’è più di qualcuno che è convinto che l’essere militare sia sinonimo di fedeltà e di cieca ubbidienza!
In questi vent’anni i tentativi di smantellare l’impianto della legge 121/81 si sono susseguiti all’ordine del giorno, e guarda caso dove la destra ha sempre fallito c’è riuscito un governo di centro sinistra approvando la legge 78/2000, affossando di fatto l’impianto originale della legge 121/81 che prevedeva un coordinamento reale nella nazione dalle tante Polizie!
La legge di Riforma della Polizia si incuneò verso il traguardo finale in un esatto periodo storico, che vide il calar della cosiddetta fase del “tintinnar di sciabole” e la nascita contestuale del piano di rinascita nazionale che aveva già posto gli uomini giusti nei gangli vitali della cosiddetta prima Repubblica.
Mentre nel Corpo delle Guardie di Pubblica Sicurezza si lottava per organizzare il “Movimento democratico dei poliziotti” tendente a democratizzare e smilitarizzare la Polizia parallelamente, nel 1966, due uomini come Freda e Ventura inviavano lettere anonime a 2000 militari, senza che i vertici militari né quelli politici obiettassero, annunciando la creazione di una struttura clandestina denominata “nuclei difesa dello Stato” costituita “in seno alle Forze armate” e da “militari di grande prestigio e autentica fedeltà” con il compito “di stroncare l’infezione prima che essa divenga mortale” partecipando a “una lotta vittoriosa contro la sovversione”.
Ecco forse una risposta all’ostracismo per il varo della legge di Riforma della Pubblica Sicurezza e la continua diffidenza verso una futura Polizia civile e anche la spiegazione per cui molti poliziotti della prima ora vennero definiti “inaffidabili” e “sovversivi” dall’allora gerarchia militare e oserei dire sino ad oggi benché le stellette siano scomparse dai nostri baveri.
Forse è vero, o forse no, che rispetto a vent’anni fa ci sia più libertà di espressione e di parola, ma per quanto mi consta vedo notevoli passi indietro con una paurosa involuzione e una tremenda gerarchizzazione degli apparati tendente alla rimilitarizzazione latente della Polizia.
Si potrebbe continuare a lungo su questa analisi ma alla fine non vorrei che da ciò si traesse una chiave di lettura tutta negativa di ciò che è stata la legge 121/81 e trarne consequenzialmente un necrologio.
Quindi vorrei concludere con alcuni spunti dell’intervento fatto da Riccardo Ambrosini in occasione del II° Congresso Nazionale del Siulp del 1987 , che furono valutati con molta sufficienza da chi era intento solo a salire i gradini della scalata alla somma vetta non curandosi, ieri come oggi, della categoria che avrebbero dovuto rappresentare.
Dal momento che li ritengo ancora validi li ripropongo come spunto di riflessione per le giovani leve invitandole a meditare e a rivedere la nostra storia al fine di non concedere mai deleghe in bianco a chicchessia: “Dobbiamo camminare sulla via maestra della costruzione dal basso di un sindacato capace di esprimere le sue scelte; il sindacato si trova in una situazione pericolosa di stallo politico e ideale, foriera di sconfitte politiche e tracolli organizzativi; quattro punti sui quali si dovrebbe operare urgentemente e contemporaneamente per bloccare ed invertire questa tendenza negativa; individuazione di riferimenti ideali e dei passaggi pratici per realizzarli; la piena applicazione della democrazia nel sindacato; la ridefinizione dei rapporti con i sindacati confederali; il cambiamento del gruppo dirigente del Siulp. Più libertà vuol dire più stato! Errore gravissimo, compagni ed amici di Cgil-Cisl-Uil, è stato quello che ha consentito che il movimento operaio fosse scacciato dalla sua centralità e costretto all’angolo della pura difesa economico-sociale, errore fatale non certo solo vostro ma anche vostro, che ha fatto subire alla classe operaia italiana la più grave sconfitta dopo quella degli anni 20.
Oggi la riforma è saldamente nelle mani dell’Amministrazione, e il Siulp oscilla tra l’accomodamento e la puntata di piedi talvolta velleitaria; fino ad oggi la filosofia della riforma imposta dall’Amministrazione non ha incontrato seri ostacoli, perché anche il Siulp, di fatto, l’ha condivisa. Il sindacato ha contestato singole iniziative, agendo sempre di rimessa, sempre in modo subalterno.
L’attuale gruppo dirigente del nostro sindacato, al di là delle singole persone che lo compongono, si è rivelato complessivamente incapace di tenere una gestione ‘alta’, strategica, dinamica del sindacato, ha assimilato la parte peggiore della cultura politica del sindacalismo confederale, ha mantenuto un atteggiamento al tempo stesso subalterno e velleitario nei confronti dell’Amministrazione, ha insomma in larga parte sprecato e dissipato le energie del Movimento.
Se si vuole potere perché dividerlo con gli altri? Perché non averlo tutto portando dalla propria parte coloro che si oppongono? Perché per convincere gli altri che non fanno parte della ‘parrocchia’ bisogna mettersi in gioco, avere idee, e le idee non nascono dal cervello di Giove, ma dal confronto pieno e concreto con le cose!
Questa crisi sta conducendo alla frantumazione dei soggetti sociali, alla atomizzazione delle spinte e, perciò, allo stallo politico, ed è la premessa del caos e della svolta autoritaria.
È più comodo certo agire secondo copioni prestabiliti, senza imprevisti e sorprese, ma se continuiamo su questa strada, quello che non paghiamo in termini di fatica e di rischio, giorno dopo giorno, lo pagheremo tutto insieme, con gli interessi, prima o poi”
Ben sappiamo che ogni stagione produce i suoi frutti, e per certi aspetti la legge 121/81 non è null’altro che un frutto di una determinata stagione che allo stato attuale sta attraversando il suo periodo autunnale con la perdita di foglie qua e là e si sta, forse, avvicinando anche al momento invernale, ma non sarà oggi, e forse neanche domani, ma prima o poi arriverà la primavera.
La natura con tutte le sue manifestazioni è ciclica e chi ha gioito durante i periodi autunnali ed invernali sappia che prima o poi una nuova primavera esploderà con tutta la sua magnificenza di colori, di germogli, di profumi ed il risveglio di tutto il creato. È solo una questione di tempo ma la nuova primavera arriverà!
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