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giugno/2001 - Laboratorio
Laboratorio
Fine di una tradizione
di

É indiscutibile il fatto che in questo momento l’argomento, al quale i cittadini del Paese sono più sensibili, è la sicurezza. Per alcuni aspetti è un paradosso della nostra società la quale, rispetto a fenomeni criminosi di entità superiore e d’interesse mondiale, appare apatica e formale, come pervasa dall’etica del semplice utente; partecipe solo quando è coinvolto, quindi senza anteporre nessun sub-strato culturale.
La richiesta e l’attenzione dei cittadini sono rivolte alla sicurezza nelle strade, nell’intimità, nel quotidiano. Ciò avviene, soprattutto nelle grandi città, dove a volte rispetto alle inevitabili e dinamiche trasformazioni ed eventi sociali connessi alla globalizzazione, si trovano impreparate o quantomeno in ritardo.
Molti insomma parlano di sicurezza, spesso in modo confuso e strumentale e, a volte, senza la necessaria competenza, determinando in tutti i ceti sociali, anche nelle città dove i fenomeni di criminalità sono controllati o quantomeno arginati, un’omologazione dell’analisi e causando ulteriore confusione e inutili allarmismi, spesso devianti dalla realtà. Questa confusione, in buona o in mala fede, caratterizza così una serie di luoghi comuni e slogan come immigrazione = criminalità o come quello sostenuto dal famoso ex procuratore e attuale sindaco newyorkese: tolleranza Zero, del quale, in modo strumentale, ne viene celebrato solo il principio repressivo, mentre viene omesso il carattere, tra virgolette, riformista per una società come quella americana.
Di fatto, sembra aver agito su una pluralità d’interventi interagibili e posti parallelamente sullo stesso piano. In particolare, sul piano preventivo - repressivo, ha operato un aumento della presenza delle Forze dell’ordine nelle strade, associata ad una moralizzazione ed ad una politica di riduzione dei fattori di disagio sociali attraverso forti investimenti di risorse nei quartieri ghetto, con interventi manutentivi, d’illuminazione, d’arredo, di servizi, d’integrazione.
Tornando al nostro Paese e abbandonando il noioso ma concreto tormentone sociologico, esaminiamo la nostra particolare posizione geopolitica, la quale, sia a Nord che a Sud, è in gran parte confinante con il sud del Mondo luogo dal quale, come da previsioni avanzate già da circa 10 anni, da chi studia i flussi dei popoli con società sottosviluppate (economisti, politici, ecc.), fuggono grandi masse di persone; popoli poveri che tentano di sottrarsi alla fame, cercando di raggiungere i paesi dell’Occidente. Quest’ultimi, ricchi e opulenti, con economie che concentrano il 90% della ricchezza mondiale, sono ovviamente oggetto di sogno di chi deve pur poter sopravvivere, svolgendo poi quel lavoro umile che nessuno di noi occidentali fa o non vuole fare più.
In questo contesto certamente complesso la nostra regione, soglia dell’Est, porzione d’Europa in cui lo sviluppo e l’economia avanza ancora con fatica, rientra tra i territori più soggetti all’influenza del fenomeno dei traffici non sempre leciti. Essa è parte integrante, per alcuni aspetti, del laborioso e ricco Nord-Est; ha un laboratorio economico dinamico, in continua evoluzione, grazie anche alla posizione geopolitica e strutturale; è quindi anch’essa soggetta ad essere attraversata o raggiunta dal popolo dei disperati.
Depositaria di tradizioni culturali da mitteleuropa è da sempre in Italia un esempio di civiltà; territorio dove convivono pacificamente comunità di diversa razza e religione. Ma la potenza dei mezzi di informazione, anche se per fortuna non tutta, agendo in questo momento in un ruolo non proprio, di comunicazione invece che d’informazione, ricorrendo a metodi capaci di attirare l’attenzione del lettore, cristallizzando gli eventi in stereotipi deformanti la realtà, ha per alcuni aspetti influenzato la gente di questa regione, che, rispetto a qualsiasi fenomeno o evento sociale, ha sempre anteposto un substrato culturale, costituito di analisi concreta, riflessione responsabile, fiducia nelle istituzioni che, da quelle locali a quelle nazionali, hanno dimostrato di meritare.
Il sentimento prevalente è quello d’insicurezza, d’insofferenza, d’insoddisfazione ipocrita e logorroica anche giustificata, rispetto a fenomeni così ancestrali come la prostituzione, così fisiologici come l’immigrazione.
La speranza è che la nostra gente, in possesso degli strumenti culturali, continui a porre attenzione all’evolvere della società con lo spirito critico e analitico necessario, considerando anche la propria sicurezza, ma studiando attentamente i fenomeni di disagio sociale che producono delinquenza, disperazione, promiscuità, i quali possono essere evitati, preparando strutturalmente e culturalmente all’integrazione dei più deboli le nostre città.
L’appello è di continuare ad avere fiducia nelle Forze dell’ordine, nella magistratura, nelle Istituzioni che fino a questo momento, seppur tra mille difficoltà hanno svolto bene il loro dovere dimostrando di saper garantire la tranquillità delle nostre città.
Il pericolo è che tutti i problemi creati dalla nostra società diventino un problema di ordine pubblico e di Polizia e questa sarebbe la fine della nostra tradizione culturale, della nostra identità e della nostra civiltà.
P.D.G.

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