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giugno/2001 - Laboratorio
Laboratorio
A proposito di sicurezza pubblica
di Francesco Mesiti

Egregio signor Ministro rispettosamente e con spirito di servizio si evidenzia che il termine Istituzione in uno Stato democratico sancisce l’obbligo di verità ed imparzialità fondamento di uno stato di diritto.
Ove sussistano distorsioni viene meno l’autorevolezza, cosa che mina il cuore dello Stato. L’autorevolezza è direttamente proporzionale all’affidabilità per il rispetto rigoroso della legge, senza travisamento dei fatti. L’auctoritas, che proviene dal popolo, è l’unica che consenta di “res publica dominatione factionis oppressam in libertatem vindicare”.
Ove non si riesca a garantire ciò, vige la “societas sceleris” e gli apparati ove agiscono nell’illegalità, diventano corpi separati capaci di garantire solo se stessi contro le istituzioni, contro i cittadini, contro il cittadino.
Gli operatori di Polizia secondo i sondaggi mantengono il più alto consenso popolare, ma nel contempo gli stessi sondaggi esprimono l’insicurezza della collettività.
Si pone il dovere civico di capire se esista il fenomeno di contrabbandare i propri interessi personali o di carriera o di gruppo, facendoli passare come esercizio di funzioni pubbliche in spregio della coscienza civile e degli onesti operatori di Polizia.
In altri termini bisogna capire se qualcuno, ammantandosi della funzione pubblica, di fatto persegue interessi che nulla hanno a che vedere con quelli assunti col giuramento (leale osservanza e servizio della legge nella sua “vim ac potestatem”).
Al generico serve il riscontro dei singoli atti, in quanto la funzione è somma di singoli atti che vanno valutati uno per uno, al fine di verificarne la puntuale e concreta legalità.
Secondo gli elementari principi di educazione civica, radicati nella coscienza del popolo italiano, la funzione non è prerogativa personale ma dovere di servizio concretamente attuato.
E valga il vero; e a questi fatti si risponda in adempimento dei doveri di lealtà verso i cittadini.
La Cassazione seconda sezione penale, con ordinanza n. 01075/2001 datata 28/2/2001 ha definitivamente confiscato a pericolosissimo sodalizio criminoso, appartenente alla cosiddetta “Banda della Magliana”, oltre 100 miliardi!
Tale sodalizio di stampo mafioso ha proliferato nella capitale intessendo intrecci oscuri che gli hanno consentito di attentare alla sicurezza dei cittadini e condizionare la libertà di interi settori dell’economia, gestendo, tra l’altro, uno dei più subdoli delitti, quale è l’usura, mantenendo per lungo tempo stranamente l’impunità.
Ci si chiede se il contenuto della motivazione delle sentenze di primo e di secondo grado, e per ultimo della Cassazione possa essere passato inosservato.
Ci si chiede anche quante volte si sia privilegiato più l’attività “ad effetto”, mirando alla gestione di se stessi e frodando in effetti la buona fede dei cittadini.
Ci si chiede quante volte si sia “preso uno per garantire l’impunità di cento o di se stessi”, o si sia usato l’arbitrio per intimidire chi esercita i poteri in funzione della legge o si siano assegnati posti ed incarichi con criteri diversi da quelli stabiliti dalla legge, distruggendo l’efficienza degli uffici.
Ci si chiede quale attività amministrativa sia stata posta in essere per individuare le responsabilità in merito a tali fatti, o invece si sia abdicato alle funzioni pubbliche, lasciando solo a pochi onesti ed autorevoli giudici penali la repressione dell’illecito.
Quando fatti così gravi in pregiudizio della sicurezza dei cittadini sono grandi come montagne, bisognerà spiegare se sono passati inosservati per inettitudine, di chi nasconde con l’arroganza la propria incapacità, o per contiguità diretta o indiretta in gestioni non chiare.
Forse così si comincerà a capire perché intere regioni sono in mano alla criminalità ed i cittadini si sentano ostaggio di essa con mortificazione dei leali operatori di Polizia.
Fondamento di uno Stato democratico è la verità materiale; l’artefazione di essa è propaganda.
Francesco Mesiti - Roma

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