Sono lieto di essere ricordato nella sua rivista, per tutto quello che ho fatto per la conquista della legge 121 (Riforma della Polizia). I miei intenti erano quelli di conquistare una legge che consentisse ai dipendenti di Polizia, uno strumento di rappresentanza e che garantisse i diritti e doveri di tutti i dipendenti.
Purtoppo sono deluso da come operano le rappresentanze sindacali e mi auguro che le stesse rappresentanze sviluppino politiche adeguate alla sicurezza dei cittadini e salvaguardino il lavoro così delicato di migliorare i dipendenti delle Forze di Polizia.
A tale proposito ritengo importante riportare di seguito alcuni passaggi storici tratti dal mio libro “Come nacque la Polizia di Stato”.
«... I miei primi passi nel Movimento risalgono al 1971. Dopo 15 anni di servizio fui trasferito alla Polstrada di Roma al ministero degli Interni, presso la segreteria di Nello Mariani, abruzzese come me, sottosegretario di Stato con delega alla Ps. Il nuovo incarico mi diede la possibilità di parlare con lo stesso Mariani delle gravi difficoltà in cui la Polizia si dibatteva. Dal colloquio ricavai l’impressione che l’uomo politico conoscesse i nostri problemi ma ritenesse che i piccoli interventi non sarebbero serviti se non si fosse proceduto a una riforma globale. Nel frattempo mi capitò tra le mani la rivista “Ordine Pubblico”, che presto sarebbe diventata l’organo ufficioso del Movimento, ma che allora ancora non conoscevo. Vi lessi un articolo di Franco Fedeli (poi direttore della rivista nel ’73), lo trovai molto interessante e decisi di andare a conoscere il suo autore nella redazione della rivista, in via Napoli a Roma. Era il mese di maggio del 1971. Ricordo che, prima di esporre il malumore che serpeggiava fra noi poliziotti, chiesi a Fedeli, alla presenza dell’editore Camilleri, se potevo parlare liberamente. Il giornalista mi ascoltò e al termine dell’incontro mi disse che ciò che sostenevo era giusto, ma che era difficile ottenere subito la soluzione globale del problema Polizia. Mi propose però di prendere contatti con altri colleghi, al fine di dare avvio a un’iniziativa politica che avrebbe avuto lo scopo di giungere alla Riforma della Polizia di Stato. Così feci: parlai con alcuni colleghi fra cui Marcello Bianchi, Albino Bernasconi, Giuseppe Di Lorenzo, Pietro Frezza, Ivo Lacchè e concordammo di vederci con lo stesso Fedeli. Questi incontri, sia con il giornalista che con altri personaggi, diventarono poi settimanali...».
«... Tra i nostri molti incontri carbonari (cosiddetti in quanto dovevamo mettere in atto tutte le precauzioni possibili perché restassero segreti, visto che eravamo sottoposti al Codice Militare di pace) merita di essere ricordato quello che si tenne nel febbraio del ’73 in casa dello stesso Fedeli, a Roma, alla presenza dei massimi responsabili delle Forze sindacali: Luciano Lama, allora segretario generale della Cgil e Manlio Spandonaro, segretario confederale della Cisl. Parteciparono anche Balsamo e Flamini e il giornalista del “Corriere della Sera” Giovanni Russo. A rappresentare le Forze di Polizia, c’erano Antonio Sannino, Enzo Enea, Vincenzo Annunziata, Aldo Luzzi, Giuseppe Corradetti ed io stesso.
Ricordo ancora la tensione che c’era fra noi poliziotti: era la prima volta che incontravamo rappresentanti del mondo sindacale, politico e giornalistico. Eravamo consapevoli di non possedere un linguaggio adeguato al loro e, per di più, era forte il timore di essere scoperti e puniti. Prendemmo tutte le precauzioni necessarie. Andai a Corso Trieste con due ore di anticipo (l’appuntamento era alle 20.30) per verificare che nella zona non vi fossero movimenti sospetti: poteva sempre accadere che qualcuno facesse una soffiata o che tra noi vi fosse un infiltrato. Quando vidi che la situazione era tranquilla, secondo gli accordi presi in precedenza, avvertii Aldo Luzzi, che allora era vice questore aggiunto, e lui avvisò gli altri colleghi.
Iniziò la riunione. Il primo a prendere la parola fu Franco Fedeli, che ci presentò brevemente, quindi intervenne Luzzi e poi noi tutti. Osservavo con molta attenzione Luciano Lama, mi sentivo a disagio di fronte a lui, tuttavia mi permisi di rimproverarlo: “il suo predecessore Di Vittorio - gli dissi - negli anni ’50-’60, anni di tensione fra il mondo del lavoro e la Polizia, nei comizi che teneva di fronte agli operai, ricordava che anche i rappresentanti delle Forze dell’ordine sono a loro volta figli di operai e contadini. Di Vittorio sosteneva che non bisogna confondere il poliziotto con il sistema mentre lei, da quando è segretario generale della Cgil non ha mai seguito questa linea”. “È vero - rispose Lama - ma la mia presenza qui, questa sera, ha un senso. È ora di rompere lo steccato, di colmare il solco d’odio, di incomprensione e di diffidenza che per lunghi anni ci hanno visto contrapposti e separati. La presenza di rappresentanti politici dell’arco costituzionale e di un giornalista serio come Giovanni Russo vuole essere l’inizio di un lavoro da fare insieme”.
Balzamo, Flamigni e Spandonaro espressero posizioni analoghe. Al termine di quella riunione, che finì a mezzanotte, ebbi per la prima volta la sensazione che potevamo farcela...».
Questa è la vera Storia della nascita della Riforma della Polizia.
Enzo Giordani
Vice Sindaco di Capistrello
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