Nei paesi in via di sviluppo un bimbo su quattro lavora per più di nove ore al giorno. Da questo dato (secondo un recente studio della Cgil) emerge anche un elemento sconfortante: l’aumento costante dei minori sfruttati
Oscar Wilde afferma: “Posso credere a tutto, purché sia sufficentemente incredibile…”; se pensiamo di adattare questa frase al fenomeno del lavoro minorile, piaga che colpisce indiscriminitamente tutto il mondo, sarà comunque difficile credere allo scenario che ci si prospetta dinanzi agli occhi.
L’uomo che conquista lo spazio, che giunge a traguardi incredibili nel progresso della scienza e della tecnica, lo stesso uomo con la stessa sicurezza e la stessa alterigia non si preoccupa minimamente di sfruttare i minori per raggiungere i suoi squallidi fini di lucro o per altre nefandezze.
Ecco perché il rapporto pubblicato a cura della Cgil ”Lavoro e lavori minorili” curato da Gianni Paone ed Anna Teselli (Ed. Libri Ediesse) colpisce ed impressiona la coscienza dei quieti cittadini italiani, spesso propensi un po’ per paura ed un po’ per abitudine a minimizzare i problemi quando riguardano gli altri e ad ingigantirli quando toccano gli interessi personali.
L’Onu ci ricorda, se mai ce ne fosse la necessità vista la potenza e la diffusione dei mezzi d’informazione (ma sarà vero che siamo tutti informati e su che cosa?), che 250 milioni di bambini tra i 5 ed i 14 anni nel mondo sono impiegati in attività lavorative: tra questi 120 milioni risultano impiegati a tempo pieno.
Sempre secondo la stessa fonte nei Paesi in via di sviluppo un bimbo su quattro lavora per più di nove ore al giorno.
Il circostanziato resoconto degli studi effettuati in Italia nel corso degli ulimi due anni dai ricercatori della Cgil evidenzia una realtà sconfortante: aumenta in modo costante il numero dei minori sfruttati per il lavoro.
Questo dato merita di essere approfondito per le sue numerose implicazioni; in primo luogo è necessario riferirsi al problema dell’abbandono scolastico, seguendo per altro lo schema proposto dal rapporto. La popolazione degli studenti riesce ad ultimare il corso di studi, soprattutto al livello di istruzione secondaria, in percentuali sempre più basse.
Tale problematica ha ovviamente una serie di sfaccettature che mutano da città a città, da regione a regione ma soprattutto da un contesto socio-culturale ad un altro.
Se è vero che l’abbandono scolastico viene indotto in molti casi dalla necessità di un lavoro per le precarie condizioni economiche familiari è altrettanto vero che aumentano i casi in cui i giovani abbandonano spontaneamente il corso di studi poiché sono fortemente allettati dalla prospettiva di guadagnare del denaro e dal rendersi autonomi piuttosto che affrontare le incognite di un corso di studi lungo e, secondo un modo di pensare diffuso e condiviso, assolutamente non gratificante sotto il profilo remunerativo.
Nel quadro nazionale di riferimento dove complessivamente risultano impiegati in attività lavorative oltre 365.000 minori compresi tra i 10 ed i 14 anni la Toscana si trova al 10° posto con i suoi 14.076 minori lavoratori preceduta dal Piemonte con 14.271 e seguita dall’Emilia Romagna con 12.914.
A fronte di un fenomeno noto esiste il “sommerso”: i Carabinieri dell’Ispettorato del Lavoro, solo per citare un esempio, nell’agosto del 1999 hanno effettuato una serie di controlli che hanno riguardato tra l’altro le città di Piusa e Siena: gli accertamenti hanno riguardato insediamenti industriali, aziende artigianali e commerciali, strutture ricettive ed aree ricreative. Nell’occasione sono stati contestati vari reati tra cui lo sfruttamento minorile, l’occupazione abusiva di cittadini extra comunitari ed il cosìddetto “caporalato”.
Queste considerazioni ci portano a riflettere su altri problemi ed in particolare ad affrontare la complessa questione dell’immigrazione.
Proprio la Toscana, dove risiedono importanti comunità di cittadini extra comunitari in particolare provenienti dalla Cina, sembra offrire spazio ad ulteriori forme di sfruttamento del lavoro minorile: vi sono stati molti casi di questo tipo negli ultimi anni, concentrati soprattutto nella zona compresa tra Firenze, Prato e Campi Bisenzio dove le comunità sono molto numerose e ben radicate sul territorio.
Per non parlare dello sfruttamento odioso ai fini dell’accattonaggio o della commissione di piccoli reati; una tipologia che convive con il problema dell’immigrazione costituendone però elemento marginale e non costitutivo, come molti invece continuano a sostenere.
In termini più espliciti le affermazioni generalizzanti quali “Gli zingari sono tutti ladri” oppure “Gli albanesi sono un popolo di delinquenti” che spesso ascoltiamo in contesti anche diversi rappresentano un pre-giudizio, un modo deforme di affrontare la realtà che non tiene conto delle complessità delle relazioni sociali.
L’infanzia negata che percorre le strade del nostro Paese incappa anche in altre conseguenze derivanti dallo scellerato impiego della mano d’opera minorile: ci si riferisce agli infortuni sul lavoro: anche se mentre scrivo queste note (28 aprile 2001) viene diffusa la notizia che gli incidenti sul lavoro hanno subito una significativa diminuzione nel corso dei primi mesi dell’anno ma resta il fatto che ad essere colpiti in modo rilevante sono i minori (nella fattispecie 4.000 le minorenni, 17.000 i minori infortunati in fabbrica e 421 nel settore agricolo – dati riferiti al 1999).
Il rapporto della Cgil costituisce quindi un essenziale strumento di lavoro anche in riferimento alla normativa italiana ed internazionale in materia.
Infatti la Commissione parlamentare per l’infanzia, istituita con l’articolo 1, comma 1, della legge n. 451 del 23.12.1997) è articolata in 6 gruppi di lavoro tra i quali notiamo quello preposto a: “Lavoro dei minori e sfruttamento dei minori”.
La stessa legge ha istituito la giornata italiana per il diritti dell’infanzia e dell’adolescenza da celebrare il 20 novembre di ogni anno, ricorrenza della Conferenza sui diritti del fanciullo di New York (20.11.1989); per altro la legge italiana si è conformata alla normativa internazionale, ponendo al centro dell’attenzione i diritti dei bambini e degli adolescenti.
Tra gli interventi diretti della Commissione merita di essere ricordata l’approvazione della legge 8.1.2001 con cui il Parlamento italiano ha abrogato l’articolo 3 della Legge 31.05.1975 n. 191 sull’arruolamento dei minorenni; azione questa che va ad inserirsi nel più generale obiettivo di sottrarre i minori allo sfruttamento anche per operazioni belliche.
Sia il rapporto della Cgil che la Commissione individuano tra le cause che portano i minori ad essere oggetto di sfruttamento le povertà materiali e culturali, il lavoro sommerso e gli eventi migratori.
L’Oil ha stipulato nel giugno del 1999 la Convenzione n. 182 per le forme più gravi di sfruttamento del lavoro minorile: l’Italia ha ratificato l’Atto con la legge n. 148 del 25.05.2000 che impegna nella lotta contro lo sfruttamento sessuale dei minori.
L’Italia ha provveduto alla ratifica di quest’ultima convenzione con la legge n. 148 del 25 maggio 2000 che impegna nella lotta contro lo sfruttamento sessuale dei minori; a tale norma si correla la legge n. 269/98 in materia di sfruttamento della prostituzione, pornografia e turismo sessuale in danno dei minori, equiparati a nuove forme di schiavitù.
Un fronte così ampio di iniziative non riesce al momento, purtroppo, ad impedire la prosecuzione di attività predatorie di cui sono vittime i bambini; è forse necessario cercare di tornare indietro negli anni e tentare di porsi domande formulando risposte con gli occhi disincantati dell’infanzia.
|